Liberali, democratici, pro-UE e in ascesa. Un vero e proprio terremoto politico sull’onda della vittoria alle europee: i partiti chiaramente anti-Brexit stravincerebbero le elezioni politiche
di Gabriele Bonafede
Ovviamente, ancora una volta, in Italia non lo dice nessuno. Oppure lo si dice in sordina, in pochi media e nelle pagine secondarie. Certamente non dalle parti della TV pubblica lottizzata e pro-governativa. La realtà è che nel Regno Unito c’è un vero e proprio terremoto politico sull’onda di molti fattori legati alla Brexit e sulle ali dell’impressionante successo dei Liberal-Democratici alle europee (qui il nostro articolo).
Secondo il sondaggio di YouGov del 30 maggio (qui il link), i Liberal-Democratici sono infatti preferiti dal 24% dei britannici, che superano di due punti il Brexit Party di Farage, sceso al 22%.
Il Brexit Party aveva ottenuto il 30,5% alle elezioni del 26 maggio per le europee, fallendo di molto l’obiettivo del 40%. In pochi giorni perderebbe dunque l’8-9%: un salasso spaventoso per i fautori della “Hard-Brexit” se si votasse oggi.
Al contrario, i Liberal-Democratici vincerebbero le elezioni. Dopo, con il 19% ognuno, ci sarebbero Laburisti e Conservatori, i due partiti che hanno monopolizzato la scena politica de Regno Unito dal dopoguerra ad oggi. I verdi otterrebbero l’8% mentre UKIP e Change UK l’1% ognuno. Gli altri partiti il 6%, tra i quali gli l’SNP, il partito nazionalista scozzese, fortemente anti-Brexit e ovviamente concentrato in Scozia.
Proiezione dei seggi con questi sondaggi
Ma le sorprese arrivano più marcate nella previsione dei seggi. Nel Regno Unito si vota infatti con il maggioritario secco. Ogni seggio è assegnato al partito che ottiene il primo posto nella propria circoscrizione. Ciò favorisce i partiti che hanno un maggiore radicamento in determinate aree.
In base alle circoscrizioni e al sondaggio di YouGov le proiezioni di Flavible (qui) sui seggi darebbero un’immensa vittoria per i Liberal-democratici (fortemente anti-Brexit), una sconfitta limitata per i Laburisti (ancora divisi sulla Brexit) e un disastro per i conservatori, che vorrebbero la Brexit ma non il no-deal del Brexit Party. L’SNP guadagnerebbe comunque molti seggi.
A conti fatti, i Laburisti perderebbero ben 78 seggi, e si ridurrebbero a 184 (-78). I Liberal-Democratici ne otterrebbero ben 175, con un successo impressionante (+163 seggi). I Conservatori sarebbero drasticamente ridotti, con una sconfitta senza precedenti, ottenendo solo 83 parlamentari e perdendone ben 235. L’SNP, dal canto suo, essendo ovviamente ben radicato nelle circoscrizioni scozzesi e contro la Brexit, prenderebbe ben 49 seggi (+14). Il PC (gallese e contro la Brexit) rimarrebbe a 4, i Verdi passerebbero da 1 a 2 seggi, e un indipendente entrerebbe in parlamento.
I restanti seggi, esattamente 134, andrebbero al Brexit Party. Ma senza alcuna possibilità di formare una maggioranza pro-Hard Brexit.
Il trend premia i No-Brexit e i Liberal-Democratici
E non è tutto, il trend è chiaramente a forbice. Con i partiti contrari alla Brexit, primi fra tutti i Liberal-Democratici, in netta ascesa e quelli pro-Brexit (conservatori e Brexit Party) in calo.
I Laburisti, ancora in un momento di grande indecisione, potrebbero essere ulteriormente puniti nel momento in cui non scegliessero decisamente di andare con il campo “remain” (anti-Brexit).
Con una Camera con queste assegnazioni di seggi, i partiti fortemente anti-Brexit, avrebbero 230 seggi circa su 632. Mancherebbero 86 seggi per formare una maggioranza.
Tuttavia, sia nei Laburisti, sia nei Conservatori, ci sarebbero molti membri del Parlamento che sono contro la Brexit.
Solo nella zona di Londra, che è un’area fortemente No-Brext, i Laburisti eleggerebbero almeno 20 parlamentari. O comunque, non perdonerebbero una presa di posizione dei Laburisti ancora per molto.
Il fattore tempo
Ma quello che gioca contro la Brexit è soprattutto il fattore tempo. Innanzitutto nel lungo periodo. I giovani sono nella stragrade maggioranza contro la Brexit. Il 73% degli elettori tra 18 e 24 anni aveva già votato nel 2016 per il remain, cioè contro la Brexit. Inevitabilmente, si accresce il sostegno al No-Brexit di anno in anno.
Ciò è anche evidente nel breve periodo. Non passa giorno, nel Regno Unito, in cui non si scoprano scandali legati alle sfacciate bugie sparse a piene mani durante la campagna elettorale del referendum del 2016.
Il probabile leader dei Conservatori in sostituzione della disastrosa Theresa May, cioè Boris Johnson, è stato portato davanti ai giudici per aver mentito da pubblico ufficiale durante la campagna elettorale del referendum, quando era sindaco di Londra.
Certo, da noi, il Paese delle fake a go-go, la cosa fa senso. Se ci fosse lo stesso sistema giudiziario in Italia un buon numero dei parlamentari che sostengono il governo Lega-stella sarebbe da portare a giudizio. Ma nel Regno Unito l’onestà intellettuale di un politico con cariche pubbliche ha ancora un valore e dunque un impatto nell’elettorato.
Ma ancora più grave, per il campo Brexit, è la realtà vera che si fa sempre più evidente. E cioè che la Brexit non porta alcun vantaggio economico e al contrario è un pozzo senza fondo in termini di costi economici, sociali, occupazionali, politici, istituzionali.
Un vero disastro che adesso appare nella sua gigantesca drammaticità. Per giunta, è quasi impossibile trovare un nuovo accordo nei negoziati con l’Unione Europea, diverso da quello proposto dalla May e miseramente fallito nonostante tre anni di tentativi.
Difficile evitare elezioni
Si andrebbe dunque alla “Hard Brexit”, quella del No-Deal. Qui, i fautori del No-Deal sarebbero rappresentati solo dal 22% degli elettori, con ben il 78% contro la Brext No-Deal. Ovvero, in termini di seggi, ci sarebbe una maggioranza contro la Brexit No-Deal di qualcosa come 498 parlamentari su 632 (qusi il 79%). Una maggioranza schiacciante contro il Brexit Party che sarebbe isolato su questo piano.
Cosa succederà nei prossimi mesi? Le elezioni sono molto probabili, perché l’odierno Parlamento è completamente incapace di formare una maggioranza. Soprattutto sul tema fondamentale, quello appunto delle modalità della Brexit, e persino della sua attuazione a prescindere.
Meno che mai è ipotizzabile un duraturo governo guidato da Boris Johnson, un politico ormai sotto processo e impopolare persino nel suo stesso partito. Per lo meno tra i quadri intermedi e sicuramente tra gli elettori che ormai sono andati in massa verso i Liberal-Democratici.
Inoltre, l’odierno Parlamento del Regno Unito è completamente scollato dalla realtà del Paese, come dimostrano ampiamente i sondaggi. Un Paese che si schiera giorno per giorno contro la Brexit e abbandona i partiti che hanno avuto un comportamento pro-Brexit irrealizzabile (i Conservatori) o ambiguo (i Laburisti).
Un Paese che adesso premia i Liberal-Democratici nettamente in ascesa e in procinto di eleggere un nuovo leader, giovane e di grandi capacità come Jo Swinson.
E si badi bene, nel Regno Unito i sondaggi sono molto più credibili che in Italia. Contrariamente agli elettori italiani che spesso e volentieri non rivelano le proprie reali preferenze, i britannici sono più veritieri nel rispondere ai sondaggisti.
Tutto questo si sa in Italia? Ovviamente no, tranne tra gli italiani attenti all’informazione estera e che possono e vogliono leggere notizie in una lingua diversa dall’italiano. Cioè, pochissimi.
Contrariamente a quanto accade in un’Italia sempre più provinciale, bigotta e isolata, il Regno Unito appare capace di superare la crisi e contribuire a un’Europa migliore. I britannici, soprattutto i giovani con leader di nuove generazioni competenti ed europeisti, dimostrano di saper correggere le follie della Brexit e proiettarsi verso un futuro democratico, libero ed europeo.
Ritratto di Jo Swinson nel testo tratto da Wikipedia. By Chris McAndrew – https://api20170418155059.azure-api.net/photo/SLstZIID.jpeg?crop=MCU_3:4&quality=80&download=trueGallery: https://beta.parliament.uk/media/SLstZIID, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=61331474