L’analisi del voto per il Parlamento Europeo del 26 maggio 2019. Le prospettive politiche con focus per l’Italia e le regioni
di Vincenzo Pino
Non vi era mai stata una così forte affluenza alle urne per il voto Europeo dal 1994 e questo denota la forte attrattività del disegno europeo nella coscienza in qualche modo ora risvegliatasi dei suoi popoli.
Per entrare nello specifico dell’esito il primo dato che emerge è quello della vittoria della formazione sovranista della Lega in Italia.
Un dato in controtendenza con tutti i paesi Europei, dove la Le Pen, ha sì ottenuto il 24% ma era al 25% nel 2014, il successo di Farage è una burla in quanto volto a fare uscire il regno unito dalla Ue, e la vittoria in Polonia non è stata così travolgente, visto che ha superato solo di quattro punti e mezzo lo schieramento europeista.
Per il resto è buio pesto per il sovranismo d’ Europa.
Al contrario sono emerse prepotentemente forze europeiste come liberali e verdi che hanno ampiamente compensato la perdita dei partiti di maggioranza tradizionali ascrivibili alle famiglie popolari e socialiste. Si pensi alla Francia ed alla Germania.
Ed anche, tra i socialisti qui con tanti distinguo all’interno, visto che hanno vinto in Olanda e Spagna dove con la presenza di Timmermans e la vocazione europeista del paese iberico, con la possibile alleanza con Ciudadanos, hanno avuto la meglio. Mentre al contrario in Inghilterra la connotazione pro Brexit di Corbyn lo ha fatto precipitare nei consensi ed è stato superato nel voto dalla formazione liberale di quel paese.
Ampia materia di riflessione, dunque, per le famiglie politiche europee.
Ma venendo in Italia, il dato più evidente del voto è il crollo del movimento cinque stelle, inaspettato nelle sue proporzioni, essendo passato dal 32,7% delle politiche dello scorso anno al 17% di ieri (qui lo speciale sul voto di ieri su Repubblica).
Insomma il movimento cinque stelle si è sfarinato e comincia ad essere percepito come marginale nel centro Nord mentre nel Mezzogiorno difende le sue ridotte in Sicilia, Campania, Puglia, Abruzzi e Calabria mentre ha ceduto la Sardegna, dove l’anno scorso oscillava attorno al 50% di consensi, alla Lega.
Nel giro di un anno sembra essersi così consumata l’ipotesi politica su cui il sodalizio Salvini-Di Maio aveva costruito la sua convivenza: quella di emarginare il Pd, coprendosi l’uno con l’altro puntando al crollo del Pd stesso ed assicurarsi tutto lo spazio possibile nello scacchiere politico, a destra ed a sinistra.
E questo ha dato origine ad un regime di complicità che si è espresso tutto nel caso della Diciotti, quando non soltanto si è negato per più giorni lo sbarco a quei migranti ma si è proseguito salvando Salvini dal procedimento intentato dalla Magistratura per gravi reati.
In quella occasione Di Maio ed i cinque stelle hanno perso la loro verginità creando una sensazione di intoccabilità per la “casta governativa” ed in particolare per Salvini. È un vero e proprio suicidio politico per un movimento che aveva guadagnato consensi sull’antipolitica e sul giustizialismo.
E che vi fosse una copertura reciproca lo dimostra il fatto che Di Maio non solo avesse imbarcato nel proprio governo un pregiudicato per bancarotta fraudolenta ma lo avesse anche proposto come ministro dell’economia al posto di Savona quando cercarono di demolire “in nome dei cittadini” la funzione di garanzia costituzionale del capo dello Stato.
Che in queste settimane Di Maio rivendichi la questione morale per recuperare i consensi perduti a favore della Lega è stata una grande cialtroneria adottata fuori tempo massimo. Per il quale ha pagato un prezzo notevole analogo a quello delle promesse non realizzate sui 780 Euro per tutti gli aspiranti al reddito di cittadinanza e per ogni pensionato sotto quella soglia.
Insomma la credibilità del personaggio ormai rasenta lo zero assoluto e le convulsioni per rappresentarsi di volta in volta moderato, quando rivendica il non sforamento del deficit di bilancio dopo averlo festeggiato dal balcone di Palazzo Chigi o di sinistra quando valorizza il lavoro di Gentiloni a proposito dei rimpatri contrapponendolo all’inefficacia nell’azione del suo alleato di governo.
Il risultato per i cinque stelle con le politiche praticate in quest’ultimo anno, è stato quello di aver ceduto ampie quote di consenso anche nel Sud alla Lega come dimostra il passaggio di voti in Regioni come la Sardegna citata prima ovvero la Sicilia o la Puglia dove la Lega va cifra doppia ceduta dal M5S stesso.
Infine una considerazione sul Pd. La sua tenuta non era acclarata ed invece vi è stata un’affermazione significativa che lo porta a quasi 6 punti in più rispetto al M5S. Un recupero di 20 punti sullo stesso se si pensa che l’anno scorso il Pd ne era stato sopravanzato di ben 14.
Certo il recupero nel voto è avvenuto per questo precipizio, ma occorre riflettere sul fatto che il Pd cresce poderosamente nelle città, a Milano arriva al 36%, ed è primo partito anche a Bologna, Genova, Roma, Torino mentre invece nelle stesse regioni di cui ai capoluoghi citati il suo consenso decresce. Si pensi che in Lombardia arriva al 22% e che in Emilia è diventato il secondo partito dopo la Lega.
Unica eccezione al momento sembra essere la Toscana dove il Pd è il primo partito, ancora, mentre è ormai secondo in Umbria, nella Marche a favore della Lega, segnalando la fine del mito delle c.d. regioni rosse.
Questi dati ci dicono, al contrario, che vi è da ripensare tutta la strategia del Pd non solo in termini di lotta sociale ma anche di lotta al gap di servizi di infrastrutture e di fruizione culturale affinché i soggetti che non vivono nelle grandi città non si sentano esclusi dal percorso di sviluppo.
Si sta verificando quello era evidente negli Stati Uniti con la contrapposizione di valori tra città e campagna, quello che si è verificato nel regno unito negli anni passati dove la Brexit è stata largamente respinta nel distretto di Londra.
Ecco, se il Pd riflettesse su questi dati invece di ripetere stancamente che il problema sono solo le periferie delle grandi città potrebbe tentare un recupero più ampio del proprio consenso. E ripensare in qualche modo che oltre alla questione sociale c’è anche quella del divario di opportunità allo sviluppo che i centri periferici, tutti delle città e dei territori, sentono in maniera molto marcata.
E non lasciare che queste comunità e questi territori diventino pascolo esclusivo della Lega al Nord e dei penta stellati al Sud.
In copertina, Europa nel mito sopra la bandiera UE. Europa rapita da Zeus sotto forma di toro che esce dalle acque. Metopa di un tempio di Selinunte conservata al Museo Archeologico Salinas di Palermo.