Il Pd raggiunge il M5S nei sondaggi. Zingaretti leader dell’opposizione a Salvini. Crollo verticale della leadership di Di Maio
di Vincenzo Pino
Per il professore Noto, il sondaggio settimanale di Carta bianca, registra la sostanziale parità al 21%, tra Pd e movimento Cinque Stelle.
Non si ferma la rovinosa caduta dei penta stellati che le rilevazioni registrano costantemente dall’ottobre dello scorso anno.
Da quando cioè questo schieramento ha dovuto ridimensionare la portata dei provvedimenti annunciati a seguito dei paletti fissati dalla Ue, dopo le trionfali intemerate di settembre ai balconi di Piazza Chigi dove veniva annunciata “l’abolizione della povertà”.
La realtà ha prevalso sulla illusione e ne fanno costantemente fede i dati relativi agli andamenti economici, alla produzione, al lavoro che hanno fatto transitare in ambito negativo gli indicatori del paese.
Per il movimento cinque stelle ha pesato anche l’abbandono di tutte le parole d’ordine che ne avevano arricchito il carnet elettorale dal NoVax, al NoTap, al No Ilva. La collocazione governativa ha ribaltato tutto l’impianto protestatario su cui avevano costruito il loro successo in questi anni.
Resta l’ultima ridotta del No Tav, ma anche su questo terreno i penta stellati sono in grandissima difficoltà visto che bloccare l’opera secondo i loro desiderata comporterebbe un pronunciamento del Parlamento in cui nel merito del provvedimento sarebbero in minoranza.
Non resta che chiedere una tregua camuffata al sodale di governo fino alle Elezioni Europee, ammantando per blocco quello che invece è una normale procedura di bando, che in ambito Europeo si chiama “manifestazione di interesse”. Ma a questo risultato nei sondaggi porta anche la non competitività dei penta stellati sul terreno delle elezioni locali.
La delusione relative all’azione di governo insieme alla pretesa di concorrere da soli sul terreno delle elezioni regionali ha portato dal 38,5% delle elezioni regionali nel Molise per il candidato Presidente di Regione (allora si era appena dopo le elezioni del 4 marzo e sull’onda di quella vittoria travolgente), al 20% dell’Abruzzo e poi al 10% della Sardegna.
Tutte regioni meridionali che avrebbero dovuto premiare il movimento secondo loro, viste le aspettative nella popolazione sul reddito di cittadinanza.
Si è verificato, invece, il fenomeno opposto un crollo senza precedenti rispetto al voto di un anno prima. In Abruzzo hanno perso il 60% degli elettori ed in Sardegna il 75% per avere l’idea del disastro.
Insomma l’ascesa al governo, più che rappresentare un valore aggiunto, è stato un handicap poderoso.
La farsa poi di presentarsi nella fase di difficoltà con la caratterizzazione di lotta e di governo prima delle elezioni abruzzesi con la ricomparsa momentanea di Di Battista, un vero e proprio flop, che ha messo alla berlina un vice presidente del Consiglio andato a Parigi come l’ultimo degli agit-prop semiclandestini e costretto a rimangiarsi tutto nel giro di una settimana pena la rottura dei rapporti con la Francia.
Ma i sondaggi ci regalano un altro elemento odi valutazione, questi esposti dall’Ipsos di Pagnoncelli a Di Martedì, secondo i quali il leader in una eventuale competizione politica contro Salvini sarebbe per il 38% degli italiani, Zingaretti.
È qui misurabile anche il crollo verticale della leadership di Di Maio ridotta al 18% del consenso. In corrispondenza alle elezioni del 4 marzo, lo stesso, superava in media il 50% e teneva a diecine di punti di distanza i competitors. Posizione che invece occupa Salvini. Tutti i presupposti su cui si è basata l’azione politica in questo anno sono venuti meno.
Abbiamo parlato dei provvedimenti, vogliamo continuare sul terreno della moralità dove è stato concesso a Salvini quello che mai avevano promesso di fare, per non parlare del ginepraio vergognoso in cui è precipitata la Presidente dalla Commissione giustizia tal Giulia Sarti.
In definitiva in questo anno, proteste abbandonate a sé stesse (anche l’altra perla sui riders fa parte di questa odissea), incapacità di rappresentarsi come classe dirigente nel territorio, pretesa supremazia morale andata in frantumi, ridiscussione sulle alleanze, tonfo verticale della leadership Di Maio e della pretesa del governo dei cittadini in una fantomatica Terza Repubblica.
Da tutti questi elementi traggo l’ipotesi che il declino del movimento penta stellato sia solo all’inizio e che si consumerà nel giro di qualche mese.
L’intuizione di Matteo Renzi relativa alla impossibilità di governare insieme ad una formazione con queste caratteristiche si è rivelata del tutto esatta come i sondaggi confermano. In barba a tutti quelli che dicevano il contrario e che bisognava allearsi con loro.
Ed in una eventuale elezione politica neanche Salvini se la passerebbe molto bene visto che solo poco più un terzo degli Italiani gli riconoscono questa capacità. (vedi Sondaggio Pagnoncelli per Di Martedì)
Insomma i giochi sono tutti riaperti. Per il Pd ed un centro sinistra largo ed inclusivo, per il centro destra il cui eventuale leader non sembra raccogliere tutta la consistenza elettorale dello schieramento stesso, ma solo quello della Lega. Mentre invece i pentastellati sembrano assolutamente fuori dal gioco. Una meteora.