di Vincenzo Pino
Avevo cominciato a capirlo arrivando al seggio alle 8 e 10 di Piazza Politeama a Palermo ieri mattina, con una cinquantina di persone in coda. C’era chi aveva già cominciato a lamentarsi. “Eh sì perché sono stati tagliati di metà i gazebi a Palermo… perché si vuole impedire una larga partecipazione”.
Alle 8,30 circa, ho dovuto cambiare la natura della mia partecipazione alle primarie, da rappresentante di lista della mozione Giachetti, mi sono seduto al tavolo degli accreditamenti per dare una mano ed evitare che la folla si ingrossasse.
Gli scrutatori, scelti tra i giovani (mi scusino un po’), tardavano ad arrivare. Ed io appunto ho scelto questa collocazione. Non sopporto come tutti si lancino in lamentele di fronte a situazioni critiche senza agire. E devo dire che in questo ho trovato un ottimo interlocutore col mio presidente di seggio.
Ma alle 10, nonostante fossero arrivati i tre scrutatori previsti, la folla continuava ad ingrossarsi. Ed allora a cercare un nuovo tavolo per portare almeno a quattro questo organico, sempre con me di complemento.
Il seggio era disadorno, quasi clandestino, mi fece notare un compagno. Ed allora subito a mettere le bandiere che restituiscono colore ed identità al bianco glaciale del gazebo, col tricolore ed una bandiera della Gioventù Democratica che qualcuno aveva messo nello zaino ma non aveva pensato di collocare.
Il tempo di attesa medio per le file era di un’ora attorno alle undici e penso che i partecipanti e noi tutti vivessimo questo aspetto con una certa ambivalenza. Dispiaciuti o preoccupati per questa ressa ma contemporaneamente contenti, quasi felici, per questa marea dislocata ora su due file che si erano allungate fin quasi ai cento metri.
Ad ora di pranzo, di concerto col Presidente di seggio, abbiamo chiesto rinforzi e piazzato altre due posizioni all’accettazione. Dai due della mattina eravamo diventati sei, con tempi medi di attesa attorno a un’ora. Qualche battuta arrivava dal Sindaco diligentemente in fila, ci mancava che non avesse detto la sua, “un gazebo per 150mila elettori”. Ma tutto era contrassegnato da una certa leggerezza divertita.
Girando tra i partecipanti, visto che ora erano arrivati altri volontari per cui potevo consentirmi qualche sosta, ho trovato tanti amici e l’atmosfera era festaiola. Erano stupiti e contenti di questa marea umana imprevista. E votavano per la gran parte Zingaretti coniugando la loro scelta con due parole “novità ed unità”.
Messaggi semplici che sono passati tra il popolo Pd, inutile negarlo. C’era nella maggioranza dei partecipanti questa aspirazione a vivere una stagione nuova dopo le divisioni degli anni passati. C’erano quelli che “Io sono stato renziano, ma ora”. Come pure c’era una parte di ceto politico in attesa di ricollocazione dopo aver transitato per tutte le galassie dell’estrema sinistra schiantata dagli insuccessi, Ingroia, Leu… C’erano quelli del No al referendum istituzionale, e però il sentimento prevalente era quello di passare ad una nuova fase.
Dai dati di affluenza alle primarie si parla di un milione e ottocentomila partecipanti e la vittoria di Zingaretti è ormai larga e consolidata.
Il boicottaggio che si paventava da parte dei “renziani” per questo appuntamento, come tutte le illazioni gratuite sulla scissione e sul suo nuovo partito, si sono rivelate fuffa. Il Pd è in piedi rappresenta il baluardo di questa democrazia alla faccia di quelli che ne avevano anticipato il funerale e previsto l’assenza di opposizione in questo Paese. È un patrimonio di cui dovremmo aver cura tutti.
Comincio col farlo io che ho sostenuto con passione e impegno la mozione Giachetti-Ascani. Zingaretti è il legittimo segretario del Pd. Non si può dire che io sia stato tenero in questa campagna. Però le primarie sono finite. A lui l’onore e l’onere di declinare quelle parole che l’hanno fatto vincere: unità e novità.
Non mi sento sconfitto, anzi. Mi sento di rappresentare quella parte di popolo Pd che si voleva rimuovere in maniera affrettata, quasi stupida direi. E so di essere in forte minoranza, per cui le regole della democrazia mi impongono di stare in questo perimetro preciso. Non in permanente assetto di guerra per preparare la rivincita, quella la voglio contro leghisti e penta stellati.
Da domani si comincia a parlare di Europa. E già Termometro politico segna oggi un balzo di quasi due punti del Pd nei sondaggi e lo colloca a ridosso dei Cinque Stelle.
Questo dato insieme alla partecipazione straordinaria alle primarie mi fa dire di non essere dalla parte né degli sconfitti né dei vincitori ma di quello dei combattenti per la democrazia, la libertà e la vittoria del centrosinistra.
Il popolo democratico è questo: generoso ed articolato. E oggi politicamente e fisicamente unito, come testimoniano quelle fitte e pazienti code in piazza. Auguri a Nicola Zingaretti. Fanne buon uso.
P.S. Chissà… se avessimo fatto il doppio dei gazebi il Pd non si sarebbe reso del tutto conto di quanto è forte, come hanno dimostrato quelle lunghe code vissute nella mia giornata di scrutatore, insieme a Carlo Calenda e tanti altri, di tutte le mozioni, maggioritaria e minoritarie.