M5S e Lega non superano il 23% nelle regionali sarde. Grillini al 10%. Il PD senza alleati di centro è in forte discesa anche se rimane primo partito
di Vincenzo Pino
Ancora una volta i sondaggi e gli exit-poll ci hanno azzeccato poco. Alla chiusura dei seggi con lo spoglio reale dei voti, non è avvenuto il “previsto” testa a testa tra le coalizioni di centrodestra e di centrosinistra. Confermato il crollo del M5S, ma in realtà risulta molto più drammatico di quanto pronosticato dagli ormai discutibili exit-poll.
Già nei giornali di oggi c’era Repubblica che esultava per il risultato prospettato ed aveva lanciato l’Opa su questo preteso testa a testa tra le due coalizioni come vittoria del “Modello Lazio”, in linea con la campagna che questo giornale sta facendo a favore di Zingaretti.
Per questa via si sarebbe voluto contrassegnare una linea politica netta, particolarmente rivolta alla sinistra dello schieramento politico.
Il centrosinistra perde così il 9% circa rispetto alle passate regionali. C’è, infatti, un crollo del Pd che passa dal 22% al 13,4%, sebbene rimanga il primo partito in Sardegna.
Ma questo dato occorre prenderlo con sufficiente equilibrio. Rispetto alle passate elezioni, infatti, il peso delle liste personali di Zedda è stato superiore.
Così i richiami delle liste presentate erano rivolti tutti a LeU, al campo progressista di Pisapia, al bene comune di Bersani, ai comunisti, con la “semi-eccezione” dei popolari e socialisti. E ha sortito solo in parte l’effetto sperato. Zedda ha fatto risalire la china, sì. Ma non è riuscito a vincere a questa tornata.
Il fatto è che non c’è stato nessun richiamo al centro democratico, ai cattolici. Il centrosinistra nelle elezioni sarde ha portato a una sorta di sbarramento nell’opzione di conquista di quest’area moderata, in gran parte regalata, per definizione, all’avversario.
E così anche il numero delle liste a sostegno si è assottigliato dalle undici delle passate elezioni del 2014, in cui almeno tre si richiamavano all’area del centro moderato, alle otto liste di centrosinistra di questo appuntamento elettorale.
“Modello Lazio” appunto. Analogo a quello delle regionali del 2018 dove Zingaretti perse, rispetto alla precedente competizione, quasi il 9% e vinse per il rotto della cuffia, grazie alla spaccatura di Pirozzi nel centrodestra.
Al contrario, in Sardegna, il centrodestra ha messo insieme 11 liste a sostegno di Solinas, comprese le liste del centro moderato, liste civiche, e il Partito Sardo d’Azione storicamente disponibile a diverse alleanze.
Per quanto riguarda il centrodestra, si assiste infatti a un fortissimo ridimensionamento della Lega che aveva puntato su questa regione per affermare una solida egemonia sul centrodestra e la conquista dell’Itaia meridionale e insulare. La Lega in Sardegna rimane invece piantata all’11-12%, rappresentando un quarto della propria coalizione mentre in Abruzzo è arrivata a rappresentare il 60% del centrodestra, col 27,5% sul totale del 48%. Solo un mese fa.
Sembra esserci un riassestamento delle forze all’interno del centrodestra in cui Forza Italia riesce a conservare uno spazio significativo come pure Fratelli d’Italia e le liste del centro moderato. C’è stato un forte exploit del Partito Sardo d’azione che col suo 10% è stato quasi determinante per la vittoria ed ha probabilmente contrastato la crescita della Lega salviniana.
E allora il M5S? Qui non abbiamo riferimenti per le passate regionali per cui ovviamente il raffronto non può che essere con le politiche del 4 marzo 2018. Il paragone è impietoso registrando un clamoroso meno 33%. Il M5S passa dal 42,5% al 9,5% con lo spoglio ormai al 90% delle sezioni.
E qui il M5S non potrà dire che si tratta di un voto locale che non ha riferimento alla politica nazionale. Al contrario era stato l’andamento in crescita del M5S a trainare, ad esempio, il candidato Cancelleri in Regione Sicilia nel 2017. E anche nel Molise ad Aprile 2018, col 38,5% al candidato ed il 31% alla lista.
Ma dopo sei mesi di governo i risultati sono stati il 20,2% al candidato in Abruzzo ed il 19% alla lista. Ed oggi in Sardegna, il M5S raccoglie solo l’11% per il candidato e addirittura meno del 10% per la lista.
I dati dimostrano inequivocabilmente il tonfo del Movimento Cinque Stelle non solo rispetto alle elezioni politiche ma anche rispetto alle stesse amministrative da un anno e mezzo a questa parte. In Sardegna, il partito guidato da Di Maio esce letteralmente sbriciolato dal voto.
Inoltre, ci siamo limitati ad analizzare solo le regioni meridionali che dovevano rappresentare la base territoriale per un blocco sociale creato sul reddito di cittadinanza e sulle misure di assistenzialismo. Ed invece questo non è avvenuto.
Un’ultima considerazione anche se è assai ardito fare delle proiezioni sull’orientamento politico generale per la indubbia incidenza che le liste locali determinano in termini quantitativi.
La consistenza delle forze di governo Lega e M5S sarebbero rappresentate in Sardegna dal 21-22% del’elettorato. Qui per la prima volta il rovinoso tonfo dei Cinque Stelle non trova alcun ristoro nella crescita della Lega, rimasta al palo delle elezioni del 4 marzo 2018.
Vero, c’è una affermazione del Partito Sardo d’Azione, al momento organicamente alleato alla Lega. Ma anche aggiungendo il Partito Sardo d’Azione la compagine di governo nazionale in Sardegna risulta minoritaria. rimanendo intorno al 31-32%.
Nella coalizione di centrodestra, Forza Italia e Centristi, ufficialmente all’opposizione a Roma, si collocano intorno almeno al 15% superando nettamente la Lega (11,5%). Inoltre, il Partito Sardo d’Azione ha una lunga storia di ribaltoni se si pensa che di recente ha sostenuto lo stesso Zedda a Cagliari ed era alleato organico del centrosinistra fino a pochi anni fa.
La bastonata è dunque centrata sulle due forze di governo: Lega e M5S. Questo è il dato politico delle elezioni sarde, nonostante la vittoria del candidato di centrodestra. Che è chiaramente maturata grazie a larghissime alleanze locali e non certo per i risultati di Lega e M5S.