A poco più di un mese dall’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea sono almeno 200mila i posti di lavoro già persi. L’economia britannica entra in una fase drammatica e l’impatto sull’economia italiana sarà preoccupante
di Gabriele Bonafede
“Job Losses map”, mappa dei posti di lavoro persi a causa della Brexit. È stata divulgata così su twitter ed è una mappa preoccupante. La mappa è stata costruita da volontari che inseriscono luogo, nome dell’impresa e una stima dei posti di lavoro (cliccare qui) volati via dal Regno Unito a causa della Brexit.
Il panorama è semplicemente spaventoso. In costante aggiornamento e al momento corredata da una lista di 250 imprese, anche le più piccole, si tratta, in media, di quasi 1000 posti di lavoro che si volatilizzano per ogni impresa tracciata. Attraverso le notizie, gli annunci alla stampa, la conoscenza diretta.
La mappa evidenzia la localizzazione e la consistenza di ogni caso. Per un totale di circa 210-250mila posti di lavoro a poco più di un mese dalla fatidica data del 29 marzo 2019, quando, se non si porrà rimedio in extremis, ci sarà la Brexit “no deal”.
Qui parliamo di posti di lavoro comunque già persi prima ancora che si attui la Brexit. Non facilmente recuperabili. In tutti i settori e sia nel pubblico che nel privato. Si tratta di una situazione assolutamente insostenibile per il Regno Unito e per intere comunità locali.
Un’intera città di 130mila abitanti, Swindon, messa in ginocchio per almeno 3500 posti di lavoro persi a causa dello spostamento della fabbrica della Honda. Ma saranno molti di più a causa dell’impatto negativo nell’indotto. La Honda sostiene che la decisione di spostare altrove la fabbrica di Swindon non è “esclusivamente” dovuta alla Brexit ma anche per altri fattori. Ma tant’è. La città è in subbuglio, migliaia di persone si ritrovano disoccupate da un giorno all’altro, in un mercato del lavoro semplicemente impossibile.
Colpita soprattutto l’industria automobilistica, già in difficoltà, ma adesso costretta a sbaraccare del Regno Unito perché fortemente legata alla libera circolazione di parti e componenti all’interno di un sistema senza dogane come è l’Unione Europea.
La Jaguar Land Rover ha praticamente smobilitato, con decine di migliaia di posti di lavoro che sono già andati via, direttamente o indirettamente: circa 25mila in un solo impianto.
Ma ci sono anche colossi come la Hitachi, grandi imprese nel settore dei servizi, del mondo finanziario (come la Deutsche Bank e tante altre), della distribuzione, dei supermercati, della logistica, che alzano i tacchi e vanno via dal Regno Unito.
È una catastrofe annunciata che adesso, con la Job Losses Map, è facilmente tracciabile ancorché parziale per via della difficoltà a stimare la vera consistenza del disastro Brexit nel mondo del lavoro. È una mappa che descrive le dimensioni numeriche e geografiche del mostruoso prezzo di lacrime e sangue già in essere adesso: la follia assoluta della Brexit.
L’impatto economico si annuncia persino peggiore del previsto e si parla di una contrazione dell’economia britannica di svariati punti percentuali (da 4% a 10%).
Molti i italiani non sanno che l’Italia commercia con il Regno Unito ogni anno per un valore di oltre 50 miliardi di euro. L’impatto della Brexit sull’economia dell’Italia si annuncia dunque disastroso.
Il governo italiano e il sistema economico è totalmente impreparato all’impatto della Brexit dovuto alle difficoltà nel commercio e alla prevedibile riduzione della domanda per le esportazioni.
Saranno decine di migliaia i posti di lavoro persi anche nel nostro Paese nei prossimi mesi se non si troverà una soluzione in extremis al grande festino autolesionista della Brexit.
Di tutto ciò il governo italiano nemmeno ne parla. Anzi, strizza l’occhiolino agli sciagurati fautori della Brexit che, dopo aver seminato la rovina, stanno scappando a frotte con i loro soldi. Magari indicando la stessa, catastrofica direzione, per l’Italia.