di Maria Teresa de Sanctis
Quello che tanto ci aiuta nel conoscere, o per meglio dire nella nostra pretesa di conoscere, è la capacità di distinguere le cose, definirle, dando loro una categoria di appartenenza. Ma non sempre è facile. Talvolta, ad esempio, ci troviamo davanti a ragazzini che, pur avendo pochi anni, vivono vite da ad
ulti. Vite dure nelle quali l’innocenza è la prima merce di scambio con la quale la loro anima, ancora ingenua, si trova a patteggiare, con scarso successo. Ma per avere in cambio cosa? Questo è il vero problema: mancando del tutto, in certe realtà dell’oggi, i modelli positivi, il senso dell’onestà e dell’etica, si arriva spesso, per quei soggetti privi di garanzie sociali, a diventare delinquenti e assassini.
Il film “La paranza dei bambini” del regista Claudio Giovannesi, tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano, ci racconta appunto dell’ascesa al mondo della malavita di un gruppo di ragazzini della Napoli di questi anni.
Il termine paranza in gergo napoletano indica un gruppo di delinquenti armati. Ma il suo primo significato viene dal mondo della pesca: per paranza si intende quella modalità di pesca per la quale dei pesci, non ancora adulti e di piccole dimensioni, son attratti dalla forte luce delle lampare salgono dal fondo del mare verso la superficie. Rimanendo così intrappolati nelle reti dei pescatori.
È evidente quindi l’analogia con il gruppo dei giovani protagonisti del film che, attratti dai facili guadagni e dalla possibilità di avere oggetti che altrimenti rimarrebbero desideri inesauditi, vengono presi nella rete della violenza e del crimine.
A capo del gruppo troviamo Nicola, un quindicenne che non sopporta che i malavitosi facciano pagare il “pizzo” a tutti nel quartiere, pure le bancarelle e la lavanderia dove lavora la madre. Ma nonostante ciò, ben presto anche lui resta invischiato in questa corsa al denaro e al potere, entrando a far parte di una “famiglia”, possedendo una pistola e via dicendo.
Dicevamo prima della mancanza di modelli, il vero problema alla base di tutto. E il giovane Nicola, ben interpretato dall’esordiente Francesco Di Napoli. Nei frequenti primi piani dell’ottima fotografia di Daniele Ciprì, con la sua alternanza fra momenti di esaltazione e di spaesamento, restituisce perfettamente allo spettatore tutta la sua drammatica condizione di vita. Una condizione che è, agli occhi del personaggio, senza nessuna altra possibile alternativa alla violenza.
È uno sguardo partecipe e triste, quello del regista. Che accompagna la narrazione delle vicende di Nicola e dei suoi amici. Uno sguardo pieno di compassione, nel pieno significato della parola: dal latino cum patior – soffro con – e dal greco συμπἀθεια , sym patheia – “simpatia”, provare emozioni con, partecipare alle sofferenze altrui.
E questa compassione arriva tutta allo spettatore che non riesce a definire colpevoli Nicola e i suoi amici, pur vedendoli pronti a sparare e con le pistole in mano. Con le pistole in mano e destinati ad una fine precoce e senza via di scampo.
Una nota di merito va anche ai giovani attori non professionisti, tutti molto bravi ed efficaci nel loro ruolo. Nel cast abbiamo pure il grande Renato Carpentieri e l’ottimo Aniello Arena, già protagonista del bel “Reality” di Matteo Garrone.
Inoltre, nei titoli di coda del film, troviamo un ringraziamento da parte del regista agli operatori della onlus “Maestri di strada”, attiva nei quartieri di Napoli dove si sono svolte le riprese.
Lo scrittore Roberto Saviano ha curato anche la sceneggiatura insieme con Maurizio Braucci e lo stesso Claudio Giovannesi.
Da sempre l’attenzione del regista è rivolta a coloro i quali vivono realtà difficili: si pensi, fra gli altri suoi lavori, al suo “Fiore”, premio speciale Nastro d’argento 2016 e “Alì ha gli occhi azzurri”, premio speciale della giuria e miglior opera prima e seconda al festival di Roma 2012 .
Concludendo, “La paranza dei bambini” è un ottimo film che dà luce alla filmografia italiana troppo spesso impaludata in opere di scarso respiro. Al film, presente al festival di Berlino 2019, unico lungometraggio italiano in competizione per l’Orso d’oro, vanno i nostri migliori auguri.
Il trailer ufficiale della Vision Distribution: