di Vincenzo Pino
Non è un cattivo risultato quello del centro sinistra in Abruzzo. Il 31% rappresenta un approdo soddisfacente, dopo i risultati del 4 marzo che lo avevano visto precipitare al 17%.
Al contrario il Movimento cinque stelle che meno di un anno fa si era involato al 40% in quella regione, precipita fino ad un modesto 19%.
All’interno di questo quadro generale, per il centrosinistra c’è però un dato specifico che riguarda il Pd: continua a scendere, stavolta dal 14 all’11%.
Infatti, il 31% per il candidato è dovuto per la gran parte a liste alleate, civiche, di sinistra, radicali, cattoliche. E con lo stesso Di Pietro di Italia dei Valori quale protagonista in un territorio vicino al suo Molise.
Si è invertito rispetto al 4 marzo il peso interno alla coalizione di centrosinistra. Tutto ciò ha portato ad una scomposizione dell’area politica di riferimento in cui il Pd non è più maggioranza.
E questo è probabilmente il frutto della discussione che si è avviata dopo il voto del 4 marzo. Una breve analisi che aveva imposto nel Pd le immediate dimissioni di Matteo Renzi.
Quando parte del gruppo dirigente aveva predicato che bisognava chiedere scusa all’elettorato, che bisognava cambiare tutto perché largamente sbagliato… Quando, cioè, si è lanciato un messaggio strategicamente sbagliato ed insieme devastante e depressivo per i propri seguaci.
Gran parte degli ex-ministri del Pd stanno ora sulle posizioni di chi ha teorizzato che l’azione dei loro governi è stata del tutto inefficace. Così la confusione si è diffusa tra le proprie fila. E questa rappresentazione plastica di un personale politico trasformista, immobile, autodistruttivo ha avuto effetti deleteri che hanno portano molti ad allontanarsi dal Pd stesso e a ricercare nuove collocazioni nell’ambito dell’offerta politica progressista. Ovvero a rifluire nell’astensionismo.
In questo modo si è lavorato in questi mesi per indebolire il Pd, da parte di chi ne professava il rilancio.
Infatti un atteggiamento di questo tipo ha portato ad allontanare chi maggiormente aveva difeso le realizzazioni degli ultimi governi a guida Pd. E che ora ne determina l’impasse per un significativo recupero.
Basta saper leggere insieme sondaggi, dinamiche elettorali e andamento delle primarie che hanno visto una consistente affermazione della componente di Ascani e Giachetti. La mozione del duo che emerge chiaramente nel percorso congressuale ha dato una lettura completamente diversa del voto del 4 marzo. Evidenziando che sono stati invece il fuoco amico e la scissione a determinarne il ridimensionamento e rivendicando i successi dei governi a guida Pd.
L’entusiasmo che ha determinato il lancio di questa mozione (non sostenuta dall’establishment del partito democratico) ed il risultato ottenuto nelle elezioni dei circoli dimostrano che la loro lettura degli avvenimenti è largamente condivisa in una parte consistente del popolo Pd. Una iniziativa che ha ribaltato quelle rappresentazioni di auto-flagellanti c che ha invece ridato orgoglio ai suoi militanti.
Senza mezzi istituzionali a sostegno, quali la deputazione o gli amministratori regionali, questa mozione oggi ha un grande successo sui social. Ha un grabde seguito negli streaming: in media superiore di 5 volte quello di Zingaretti mentre Martina ha rinunciato a questo importante mezzo di comunicazione. Ha coinvolto la gran parte dei gruppi social Pd, diverse testate giornalistiche online, centinaia di blogger.
E con questi mezzi ha raccolto agli eventi migliaia di militanti che, attraverso una certosina condivisione dei messaggi del duo, ne amplifica la visibilità e la possibilità comunicativa.
I dati recenti parlano di 60mila visualizzazioni per la più recente iniziativa di Ascani-Giachetti al teatro Parenti di Milano (nela foto di copertina).
Insomma c’è un nuovo protagonismo del popolo Pd, quello che ha vinto le Europee nel 2014, ha raggiunto il 41% al Sì, ha conquistato coi denti il 18,7% e che era stato mortificato ed abbandonato da quelli che volevano cambiare strada senza rifletterci minimamente. Gli epigoni del “contrordine compagni”.
Quel popolo invece è accorso in massa quando Renzi ha annunciato il No ai grillini in TV a Che tempo che fa: 4 milioni e mezzo di spettatori.
E che ora in buona parte simpatizza per Giachetti ed Ascani ridando slancio ad un Congresso che sembrava smorto, burocratico, senza nessuna effervescenza.
L’unica mozione che ha il simbolo del Pd nel frontespizio, e non può essere un caso e che abbia riportato sulla scena politica chi sarebbe rifluito nell’astensione o in una scelta diversa dal Pd.
Ne tengano conto quelli che a parole dicono che vogliono rilanciare il Pd perché sarebbe in macerie. E poi fare ponti d’oro quelli che lo hanno bombardato per consegnarglielo.
Il voto in Abruzzo e la popolarità della mozione Ascani-Giachetti sui social dimostrano invece che la strada da seguire è quella del duo dell’orgoglio e del rilancio di idee concrete e responsabili, con l’intento di cambiare le cose ma costruendo su quanto di buono è stato fatto finora.