di Giovanni Burgio
Che cosa rende un popolo coeso? Su cosa si fondano le società? Perché una civiltà si espande e diventa egemone?
Il maggior pregio del film di Matteo Rovere “Il primo re” è di porre questi quesiti e suscitare alcune riflessioni. L’origine di Roma diventa così il paradigma della nascita di un aggregato umano.
Romolo incarna la forza dell’uomo che s’impone con le armi, il coraggio, il comando. È dalla sua ribellione al potere di Alba, infatti, che nascerà uno dei più grandi imperi mondiali. Romolo rappresenta così la pura materialità su cui si basa il potere terreno.
Remo, invece, crede nel fuoco sacro, negli dei e nelle predizioni di Sacerdoti e Vestali. Sottostà al volere divino ed esegue i suoi ordini.
Nel film, il tema centrale è proprio lo scontro fra queste due antitetiche visioni della vita. Bisogna andare avanti nella foresta temendo le ombre nascoste, le oscure presenze e i divieti divini? O invece occorre procedere innanzi verso la salvezza e in direzione della luce, sfidando superstizioni e paure, uniti e convinti che combattendo si vincerà? Oggi potremmo dire: deve prevalere l’ispirazione religiosa o il pensiero laico?
Il film, senza dubbio, eccede nell’azione e nell’atmosfera cupa delle immagini. Lotte e combattimenti sono predominanti e il buio è la scelta fatta dal regista più che un effetto della fotografia di Daniele Ciprì. E Hollywood, ahimè, viene tanto imitata negli effetti speciali, nella spettacolarità, nel sonoro.
Caratteristica specifica del film è, invece, il linguaggio utilizzato. Dall’inizio alla fine ci sono i sottotitoli, perché tutta la recitazione è in protolatino, una lingua originale ancora più antica di quella arcaica, in cui sono inseriti elementi linguistici indo-europei. Una ricostruzione meticolosa in cui ci si è valsi della collaborazione di alcuni ricercatori dell’Università “La Sapienza”.
Belle, affascinanti e accurate sono le prime scene dove vengono celebrati i riti religiosi e magici in cui credono le popolazioni autoctone del Lazio, regione dove è stato girato tutto il film. E a questo proposito è bene notare che la produzione è quasi interamente italiana.
Particolarissima è l’interpretazione di Tania Garribba, la magra e scarna vestale che con il volto inciso dai sacri segni rappresenta l’immagine vivente del mondo dell’aldilà. La sua figura riassume e sintetizza la totale narrazione del film: può la società umana affidarsi ciecamente al messaggio divino? Dobbiamo credere a ciò che ci dicono predicatori, sacerdoti, veggenti, intermediari fra noi umani e gli spiriti immateriali?
Oggi, infine, nell’era dei Trump, dei chiusi e rigidi nazionalismi, delle sacro-arcaiche destre europee, della Lega Italiana che si richiama alle antiche origini cristiane, si sta forse facendo un passo indietro verso una concezione spiritualista e integralista del potere?
Nulla hanno prodotto, quindi, ribellioni e rivoluzioni popolari che hanno deposto monarchi e tiranni? Le tante riforme laiche e libertarie ottenute con fatica e passione, stanno per essere cancellate da un ritorno al passato pericoloso e oscurantista?
Il trailer ufficiale: