di Giovanni Rosciglione
Siamo a un punto di svolta nella politica. Anche nella nostra Italietta come nell’intero pianeta. Credo si possa dire, senza per questo voler passare per analista globale, per medico di tutti i mali. Credo si possa dire proprio per stare più sulla terra, e non cercare di allontanare dalla realtà l’esito di quello che non riusciamo a capire.
Bisogna essere modesti e sinceri: sino a una ventina di anni fa nessuno avrebbe previsto quello che sta avvenendo nel mondo:
- Una globalizzazione che non riusciamo a vedere come un’opportunità, ma solo come un tornado che spazza senza pietà le nostre deboli certezze provinciali.
- Una tecnologia e uno sviluppo della biofisica, che anziché interpretare come i regali di uno spettacolare processo di crescita, sentiamo come mostri ostili e nemici.
- Lo spacchettamento dei punti di equilibrio mondiale che, da Ovest ed Est (America e Russia) ha visto l’ingresso di nuovi colossi: Cina, India, Canada, l’Africa tra poco. Con un’Unione Europea afasica e indebolita.
- Un’emigrazione talmente vasta, veloce e incontrollabile che – anche è qui è la paura – viene vista maggiormente come un pericolo proprio dove invece, se regolata, sarebbe una grande opportunità positiva.
- I nuovi movimenti politici che sono sorti, che non siamo riusciti a prevedere, che ci appaiono solo come manifestazioni di inferiorità culturale portatrici di grandi rischi per quelli che consideriamo i nostri valori più sacri.
Anche noi – wasp latini –, un tempo acuti interpreti del mondo, siamo spiazzati, terrorizzati, increduli di fronte al sussulto della crosta terrestre della politica e delle regole di convivenza sociale.
Non vorrei che a questo punto pensaste che io voglia mostrarvi il lato umano di Salvini ed Orban o quello intelligente di Di Maio e Maduro. Tranquilli, è impossibile. Cerco invece di capire insieme a voi come rispondere a questi interrogativi. Come tagliare le cento teste di questa Idra mostruosa che è il sovranismo populista.
Promettono la fine delle vecchie regole, in cambio dell’inizio di un’età dell’oro che pone il cittadino in diretta connessione col potere. L’ipotesi di una giustizia sommaria e tanto letale quanto imbellettata di sontuosi ermellini e di pomposa prosa giuridica. Sostegni economici a pioggia nel sud, dove già l’assistenzialismo politico ha creato un welfare velenoso, e liberismo sovranista in un Nord che da tempo ha la malriposta “consapevolezza” che economicamente possa fare a meno dell’Europa.
Un quadro ammaliante che affascina e che consola. Una storia che accalappia quello che noi (nel vecchio lessico di sinistra) ci ostiniamo ancora a chiamare popolo, classe lavoratrice, quelli che stanno indietro.
Dimenticando che già nel 1994 il partito più votato tra gli operai Fiat (allora ancora italiana) fu Forza Italia del noto “marxista” Silvio Berlusconi.
Quel tipo di popolo non è più una categoria politica. Sono uomini e donne che si possono più facilmente catalogare con metodi che abbandonano il vecchio ordine classista.
Sono gli utenti drogati dei talk show dove si sceglie il politico con una telefonata. Sono passivi spettatori di fiction: uno di questi qualche giorno fa voleva spiegarmi cosa è la mafia riferendomi il contenuto di una intervista ad un attore, che in una fiction impersonava uno delle vittime della mafia…
Sono le piccole e ciarliere folle in attesa di una prestazione ospedaliera. Sono i passeggeri di autobus sporchi e in ritardo. Sono i navigatori seriali dei Social e dei siti web più esotici. Sono quelli che hanno perso il posto di lavoro e ai quali nessuno spiega il perché. Sono i giovani che non hanno scuole e insegnanti adeguati. Sono i vecchi che non vivono più nelle famiglie allargate di una volta e non sono riusciti a rimanere al passocon i nuovi sistemi di comunicazione. Sono i solitari e disperati frequentatori di Sale Gioco, nelle quali l’ultima puntata è la vita. Sono i clienti dei Compro Oro e dei Monte Pegni (milioni di persone!) e delle Finanziarie con il manager in … cravatta.
Sono i solitari e quelli che – giusto o sbagliato – pensano di avere meno di ciò che meritano. Sono questi il popolo, sono questi la maggioranza che va a votare e che non ha voglia di riconoscere a nessun politico meriti alcuno e meno che mai sentir parlare di democrazia rappresentativa.
Questo è accaduto il 4 marzo scorso in Italia. Questo sta accadendo in qualche modo o può a breve accadere in Europa. Guardate i recenti risultati delle ultime Regionali e del voto di ieri per molti e importanti comuni.
E chi invece sostiene di essere democratico, progressista, repubblicano. Chi si rifà alla storia dell’Italia costituzionale e dei suoi valori di libertà. La sinistra (la mia sinistra) progressista e riformista, quella che per qualche tempo – da Prodi, Amato, Renzi a Gentiloni – ci ha dato la speranza di potere portare avanti un disegno europeo e democratico.
Noi, insomma, cosa diciamo? Che pensiamo di fare? Che storia raccontiamo alla nostra gente? Come pensiamo di fermare questa slavina antidemocratica?
Con il silenzio, lo stupore o peggio con i pallidi slogan politicamente corretti. E tutto proseguendo nel feroce dissanguamento di una guerra interna spesso comandata da ufficialetti mediocri e pavidi.
Ora qualcuno mi chiederà (non del tutto a torto): ma tu che proponi? Sarei ridicolmente presuntuoso a pensare che debba essere io a rispondere. Tuttavia lo farò, secondo quel che so.
So che il 3 luglio del 2006 (12 anni fa) fu letto, discusso e approvato un documento che il Forum del nascente Partito Democratico Siciliano aveva redatto, come, per quel che so, in tutte le altre Regioni. Potete vedere la copertina del documento distribuito ai presenti. Quel documento, al quale contribuii insieme a decine di politici ed intellettuali di quello che era l’Ulivo di centrosinistra, nasceva per iniziativa dell’Ex Presidente della Camera Luciano Violante e di Sergio Mattarella. (Vedi Foto).
Quel Documento aveva come introduzione una riflessione di Michele Salvati, che avevo scelto io proprio perché ero consapevole delle difficoltà di battezzare un vero e nuovo (nessuno più doveva essere ex di qualcosa) partito Riformista:
“…Una politica riformista è difficile, impegna in ragionamenti che tirano in ballo compatibilità e incompatibilità, effetti non voluti o perversi. Esige conoscenza e specializzazione (politica aggiungo io). Richiede di pensare in termini di sistema. E deve anche essere animata da una genuina indignazione per come vanno le cose in Italia e nel mondo, per le ingiustizie, le nefandezze, la stupidità che gli attuali ordinamenti politici, economici e sociali rivelano…”
Quella frase non piacque tanto. Credo perché rivelasse che dal punto di vista culturale, la nascita del PD doveva essere una coraggiosa rivoluzione, per non restare che una clandestina fotocopia del già dilaniato Ulivo.
Sono certo che i molti e autorevoli partecipanti alla presentazione e assenti della composizione del progetto erano distratti da quelle che da lì a poco dovevano essere le spartizioni di cariche nei congressi del nuovo PD.
In Sicilia il Congresso non si occupò mai di quel documento ed elesse come Primo Segretario Regionale del PD Facantonio Genovese.
Il documento, letto oggi, è certamente da aggiornare, ma almeno un’idea di cambiamento la dava. Quindi la prima indicazione al che fare altro non è che la ripresa di un progetto di cambiamento di cultura politica che non abbiamo saputo realizzare e che, con molte probabilità, avrebbe potuto evitare il cataclisma del Pentastellati.
Ma – continuerete a chiedermi – come vedi il futuro politico dalle nostre parti?
Risponderò come ha risposto Sabino Cassese a questa stessa domanda in una recente intervista: “Per una legge ineluttabile della storia è negato proprio ai contemporanei di riconoscere sin dai primi inizi i grandi movimenti che determinano l’epoca loro”.
Continua Cassese, precisando che quella è la frase con la quale comincia il capitolo di quel grande libro che è “Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo” di Stefan Zweig nel 1941, dedicato alla nascita del nazismo.
In copertina, foto di Frank V., tratta da unsplash (ritagliata, foto intera nel testo).
Grande articolo.