
Note sui moti del 1820 in Sicilia per la nostra rubrica “Pillole di Storia”
di Pasquale Hamel
Il 1820, in Sicilia, fu un anno particolarmente caldo dal punto di vista politico. Il 15 giugno a Palermo scoppia la rivoluzione, o meglio i moti, e il 18 giugno viene costituito un governo provvisorio a capo del quale si pone l’aristocratico principe Francesco Paternò Castello.

I rivoluzionari, che inviano per questo stesso motivo una delegazione a Napoli, non chiedono la decadenza della dinastia borbonica, la cui legittimità riconoscono, ma solo il ripristino del Regno di Sicilia e, soprattutto, dei privilegi che la fondazione del Regno delle Due Sicilie aveva sottratto alla città di Palermo.
I moti rivoluzionari, che incontrano il fervido entusiasmo dei palermitani cui si uniscono i comuni che, più o meno, costituiscono il territorio dell’attuale provincia, si scontra quasi subito con la freddezza e, perfino, l’ostilità delle altre città siciliane.
Solo Girgenti (l’odierna Agrigento) e in parte Catania ne sono ispirate, mentre Trapani e Caltanissetta, quest’ultima da poco elevata al rango di provincia con il decreto dell’11 ottobre 1817 e per questo motivo grata a Ferdinando I, mostrarono aperta ostilità nei confronti del nuovo governo siciliano. Ostili furono pure Messina e Siracusa, la prima per i vecchi rancori che la dividevano da Palermo sulla primazia in Sicilia.
L’ostilità di queste città era, inoltre, accresciuta dalla constatazione che i rivoluzionari palermitani si muovevano nelle vecchie logiche protettive dei ceti dominanti poco sensibili alle novità che, invece, nell’area continentale del Regno delle due Sicilie erano già parte del programma rivoluzionario.
Per consolidarsi la rivoluzione, che aveva ripristinato la Costituzione del 1812, aveva tuttavia bisogno che l’isola intera fosse coinvolta e, per questo motivo, vennero organizzate delle colonne armate che si diressero verso le città ostili per ridurle a ragione.
In particolare, la colonna diretta a Trapani, dopo che i trapanesi avevano respinto la delegazione palermitana che perorava la causa rivoluzionaria, fu fermata alle porte della città dalla resistenza e dal fuoco di sbarramento delle forze a difesa. Per due mesi circa, nonostante la superiorità militare, i trapanesi resistettero, mettendo in seria difficoltà il governo rivoluzionario palermitano che, alla fine, decise di rinunciare.
Più fortunata ma, nello stesso tempo, più drammatica, fu la spedizione contro la città di Caltanissetta. La colonna, comandata dal principe Galletti di San Cataldo, dopo strenui, combattimenti riuscì a conquistare la città, scacciandone i filo-Borbone, ma si abbandonò a vergognosi saccheggi e ad efferate vendette – che peraltro ebbero il pieno assenso del governo provvisorio – contro i legittimisti nisseni. Per la cronaca il principe Galletti, esaltato come eroe della rivoluzione, dopo la sconfitta della rivoluzione, trovò rifugio a Malta dove sarebbe morto nel 1821.
In copertina, immagine tratta da Wikipedia. Di Edoardo Matania (1847 – 1929) – L’illustrazione Italiana, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=11970164 L’immagine è stata ritagliata perché, nella parte eliminata, contenente aspetti che potrebbero essere sgraditi a persone sensibili. Si consiglia dunque di aprire il link solo a chi ne ammette la visione e comunque, benché pubblicata su Wikipedia, non a un pubblico di minori.
Nel testo, Ferdinando I di Brobone, Re delle Due SIcilie. Immagine tratta da Wikipedia. Di Opera propria (own photograph). Photo: Andreas Praefcke, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=7975377