Si fa strada l’ipotesi di una formazione politica italiana simile a quella di Macron
di Vincenzo Pino
Vengono al pettine i nodi della politica italiana. Le ambiguità ed i nodi irrisolti si vanno dipanando offrendo finalmente una panoramica percepibile in qualche modo alla pubblica opinione del paese. Era passata sotto traccia la collocazione internazionale del nostro Paese.
Da una parte il capo politico Di Maio aveva modificato il programma di governo penta stellato affermando la piena appartenenza dell’Italia alla Ue,ed alla Nato in campagna elettorale.
Dall’altra Salvini aveva stemperato i toni ed aveva dissimulato il suo disegno di sconquasso dell’area Euro, chiaramente evocati negli anni precedenti con chiarezza e le immagini felpate, e tutto questo, con lo spostamento e l’accentuazione dei toni forcaioli verso i migranti, l’avvio alle armi, la flat tax.
Occorre ringraziare il contratto di governo Lega cinque stelle post voto se è venuta fuori un pezzo di verità. La sommatoria delle promesse delle due forze erano chiaramente irrealizzabili alla luce dei dati di bilancio dell’Italia per cui in quelle giornate convulse al Pirellone avevano trovato la quadra mediante la non restituzione di 250 miliardi di prestiti alla Bce.
La diffusione dell’accordo gettò immediatamente nel panico mercati risparmiatori ed investitori e fece schizzare lo spread ai livelli del 2013 quasi vanificando l’azione di Draghi attraverso il quantitative easing.
Scoperta la frittata i dilettanti operarono una rapidissima marcia indietro ma la manovra tentata fece però aprire gli occhi a chi aveva sorvolato sulla pericolosità del governo penta leghista su questo versante.
Il cui effetto è stato quello di bloccare la nomina a ministro dell’economia di Paolo Savona la testa di ponte per uscire dall’Euro magari con un golpe monetario in qualche sonnacchioso week end estivo.
Altro che imposizioni della Merkel, altro che poteri forti, Savona rappresentava il salto nel buio per far precipitare il paese nel default finanziario e questo assieme alla introduzione di dazi per una paese, che ha un attivo di 50 miliardi dal commercio estero: sarebbe stato il disastro completo.
Salvini deve avere una grande nostalgia dei tempi eroici della spedizione in Abissinia e delle sanzioni del tempo in cui “Lola aveva di latte la camicia” per la difficoltà di importare cotone e questo spiega la capacità attrattiva dello stesso verso Casa Pound ed a cicli alterni verso la Meloni.
Era riuscito con questa mossa il Salvini a condurre in un vicolo cieco anche i grillini, che come confessa Di Maio oggi non avevano capito ed avevano sbagliato.
Avevano indirizzato i loro strali infuocati verso il Presidente della Repubblica ma sono poi bastate 24 ore per capire in quale vicolo si fossero cacciati e sono , come tante volte in queste settimane, tornati indietro sulle loro decisioni accogliendo sostanzialmente le riserve di Mattarella sul nome di Savona e ripassando il cerino ai soci.
Il movimento pentastellato, ricordiamolo, in queste settimane si è dovuto misurare con le regole ed il confronto, cosa mai fatta prima. E’ stato finora facile immergersi in una dimensione autoreferenziale che non faceva i conti con la realtà ed altri soggetti politico istituzionale, blaterando sulla loro esclusiva rappresentanza dei cittadini alla luce di una terza repubblica inesistente.
Ed ora? Cosa sarà il movimento dopo questo doloroso tirocinio che ne ha orbato la stella polare? Andrà verso un ridimensionamento sostanziale?
Intanto dopo la campagna elettorale anche nel Pd cominciano i ripensamenti su natura e strategia dello stesso.
La proposta di avviarsi verso una formazione che assuma la difesa e la valorizzazione della Repubblica, delle sue forme istituzionali come definite dall’impianto Costituzionale, dalla collocazione internazionale maturata in questo dopoguerra senza conflitti nell’area Europea costituisce l’inveramento di quello che era stato definito il Partito della nazione.
Una formazione che a partire dalla sua collocazione di centro sinistra guardi non solo alla sinistra ma anche ai moderati che vedono la loro rappresentanza prosciugarsi sempre più dalle incursioni lepeniste in salsa italiana. Cercando di ritrovare il bandolo della matassa per bissare il successo del 2014.
Sapendo che attrarre il voto moderato e razionale è una grande necessità per governare il Paese, specie alla luce di quanto sta accadendo in queste settimane. Un grande polo da costruire per arginare la espansione di una destra a trazione leghista e di condizionare la consistenza penta stellata immersa nella confusione più totale. Insomma, un’operazione simile a quella realizzata da Macron in Francia.
Meglio tardi che mai, si potrebbe concludere. Con buona pace di Fassina.
In copertina: Macron tra i suoi sostenitori. Foto lanciata dal profilo Twitter del Presidente francese. Nel testo: Macron nella foto ufficiale del suo profilo twitter.