di Vincenzo Pino
Si fa in fretta a fare propaganda in campagna elettorale e a lanciare messaggi suggestivi e di grande impatto attrattivo. E, su questo, creare un consenso di notevoli proporzioni. Ma altrettanto presto si capisce che l’azione di governo è ben altra cosa e che le suggestioni propinate, ad una verifica attenta, possono determinare il risultato opposto a quello sbandierato.
Prendiamo l’esempio della lotta ai vitalizi ed ai privilegi al punto 26 del contratto di programma Lega-Cinque Stelle posto a base del governo che con l’incarico dato al professore Conte sembra possa aver vita.
In questo paragrafo del “contratto” viene declinata come misura di giustizia il taglio delle così dette “pensioni d’oro”, quelle cioè sopra i 5mila Euro al mese e non giustificate dai contributi versati.
Si intenderebbe così indicare qulle categorie che hanno fruito di trattamenti pensionistici non adeguatamente meritati e, sicuramente, quelli dei parlamentari, come chiaramente si lascia intendere.
In ogni caso tale azione sembrerebbe a prima vista una misura di equanimità in grado di soddisfare l’ansia di rivalsa dei cittadini nei confronti della “casta”. Ma se si analizza questo dato alla luce di tutto il contratto di governo ne viene fuori una realtà ben diversa ed opposta alla declamazione dell’obiettivo.
Incrociando infatti questo elemento perequativo con quanto nel contratto previsto a proposito di flat tax avremmo una situazione paradossale. Da un lato, un “pensionato d’oro”, come definito dai Cinque Stelle, con un compenso netto di 5573 euro mensili, vedrebbe decurtato il proprio “vitalizio” di 264 Euro in relazione ai tagli previsti.
Ma, dall’atro lato, combinando questo con i benefici della flat tax il risultato sarebbe quello ai aggiungere ai titolari di questo regime privilegiato un beneficio di 1852 Euro al mese. Il che vedrebbe un saldo positivo per quelli che si dovevano penalizzare a furor di popolo di + 1588 Euro al mese.
Sarebbe il primo caso logico, e aritmetico, in cui una misura di penalizzazione vedrebbe risolversi in un beneficio pari ad aumento retributivo del 28% per i cosiddetti vitalizi. Se queste sono le misure di giustizia previste dal contratto possiamo stare freschi.
Forse il professore Conte, oltre alla indubbia competenza tecnica maturata in campo giurisprudenziale ed alla attribuzione recentemente acquisita di “eletto dal popolo”, dovrà impegnarsi a far di conto.
Perchè sembra che, in questo circuito del contratto di governo, nessuno sembra intendersene di numeri.
Simulazione a cura Tabula- Futuro e Previdenza, pubblicata su Repubblica.