Istruzioni per ricordare Giovanni Falcone e la strage di Capaci in maniera non retorica: l’installazione di Realto
di Gabriele Bonafede
Nel bel mezzo di un complesso trasloco, Nunzio Scibilia, in arte Realto, volge lo sguardo verso un cassonetto di una via di Milano. Accanto, ci sono alcuni cartoni da imballaggio: la vista cade dove duole l’occhio. Qui, scorge una, due, tre, tante “cartelle”. Particolari. Si incuriosisce. Ferma la macchina, scende a vedere da vicino questi cartoncini, d’antico colore: bianco ingiallito, rosa, beige.
Sono “cartelle” ormai scadute, gettate via, che riportano conti delle pensioni per medaglie al valore o per caduti in guerra. Non sono le pensioni per i caduti di mafia. Ma sono le pensioni e le decorazioni di un tempo passato. Sono di decenni fa: degli anni tra le due guerre mondiali, e poi fino agli anni ’40 e ’50 del secolo scorso.
Testimoniano di uomini, testimoniano vite, storie, dolore. Uomini, tutti, uomini, ovviamente. Militari, soldati volontari o meno, della cui assenza in famiglia è rimasta l’algebra della pensione, o della decorazione.
Vite spezzate, in giovinezza, senza più il calore della coperta umana. E che testimoniano l’Algebra dell’assenza.
Decide di raccoglierle. L’ispirazione è immediata, furtiva, folgorante, come tutte le ispirazioni. In ogni cartoncino, in ogni scheda tra i conti vede il volto dell’uomo che c’è dietro. Lo disegna, prendendolo a prestito da chi è oggi. Lo traspone, così, in disegno in ogni cartella. Riportandolo al presente.
Ne fa dunque delle opere, ma non basta. Realto è soprattutto musicista, trasforma le assenze in presenze attraverso installazioni: la sua musica, criptica, diagnostica, catartica ed evocativa, accompagnerà i disegni in vari luoghi, in Italia e anche in Svizzera. Percorre quindi la Penisola al contrario e torna nella sua Palermo, in occasione della Settimana delle Culture 2018. E trova un posto, il posto, adatto all’istallazione: la cripta di Santa Maria del Piliere, nel bel mezzo di quella parte di Palermo che fu dilaniata dalle bombe del 1943, a due passi da palazzo Branciforte e palazzo Lampedusa.
Qui, in una cripta che ha una spiritualità sciamanica e cristiana allo stesso tempo, realizza l’installazione con le opere, la musica e la luce. L’effetto è sconvolgente, tanto criptico quanto eloquente. Le schede emanano una vita, una presenza, una storia, le storie: la storia italiana, la storia europea.
Il presente e il passato si fondono, resistono, si rigenerano: esistono. I numeri, i calcoli, l’algebra, il conto dei conti, in qualche modo presenta il conto. Captando la realtà dell’assenza e trasformandola in presenza.
La Settimana delle Culture termina, ma la mostra, l’istallazione, rimane, presente, un’altra settimana. Consiglio di vederla o, più precisamente, di viverla prima che svanisca dalla nostra Palermo Capitale. E oggi, anniversario della strage di Capaci, è probabilmente il giorno più adatto per ricordare Falcone in una cripta, con un’istallazione che permette, facilita, provoca la rievocazione della storia. E i suoi insegnamenti.
Perché “Algebra dell’Assenza” è una di quelle istallazioni che segnano un prima e un dopo, in un continuo temporale e artistico, che non si dimentica. Perché recupera una dimensione terrena e spirituale al tempo stesso, fondata sulla carne e sul dolore, sulla realtà e l’identità. La tragedia, da numero, da numeri, diventa personale, vicina. Certa.
E, per fare realmente passi avanti nella storia, è quanto mai necessario. Oggi.
1 thought on “Algebra dell’assenza: presenze a Palermo”