La pillola domenicale di storia: 1847, il “Viva (l’Italia)” al Teatro Carolino (oggi Bellini). E i Borboni…
di Pasquale Hamel
Era il 27 novembre del 1847 e il Teatro Carolino di Palermo (oggi Bellini) aveva registrato un tutto esaurito non certo giustificato dall’opera in programma. I più bei nomi della noblesse palermitana affollavano palchi e platea. Erano soprattutto le dame a nobilitare l’evento, fra esse la principessa di Montevago, la duchessa di Realmena, la principessa di Sant’Elia, la marchesa di Rudinì e la marchesa di San Martino.
Erano presenti anche molti diplomatici, fra i quali anche il francese monsieur Bresson, cui si deve un dettagliato resoconto di quanto era accaduto. Tutto sembrava svolgersi normalmente ma, appena conclusa l’esecuzione del primo atto, una pioggia di volantini bianco rosso e verdi, con la scritta “Viva” (Viva l’Italia), si rovesciò sugli spettatori dai palchi più alti.
A quel punto un lungo applauso accompagnato da “evviva” gridati a squarciagola, soprattutto da quelle dame educate alla compostezza, coinvolse tutto il pubblico. La cronaca di Bresson, molto puntuale, ci informa che nessuno si sottrasse all’euforia generale salvo il presidente della Corte Suprema di Giustizia, che rimase irritato in silenzio quasi a volere sfidare la folla.
Ma dai palchi più alti arrivò la risposta alla sua sfida. Sul balconcino, dal quale si affacciava il severo giudice, si rovesciò una pioggia di cuscini così fitta da costringerlo a un poco dignitoso ritiro.
Meraviglia delle meraviglie, l’occhiuta polizia borbonica, sempre pronta a mostrare il suo volto peggiore, si astenne dall’intervenire e, soprattutto, lasciò che quegli “evviva” e quelle manifestazioni di giubilo proseguissero indisturbati anche fuori dal Teatro a spettacolo finito. La manifestazione rendeva evidente, seppure ce ne fosse stato bisogno, l’incolmabile distacco fra i sudditi siciliani e la dinastia dei Borbone.