A proposito del giuramento su Vangelo e Costituzione ieri a Milano
di Gabriele Bonafede
Davanti a una folla di persone tra le quali s’intravedono bandiere naziste, Matteo Salvini si è lasciato andare, ieri, a un rito medievale: quello di giurare su due libri ritenuti sacri da molti italiani.
Questa “cerimonia” dal sapore satanista, molto simile a una pubblica messa nera, andrebbe definita per quello che è: una bestemmia. Sia nel significato religioso che di quello del linguaggio corrente: bestemmia quale bestialità, fesseria, parola vana. Ma, definendola bestemmia, si cadrebbe nel gioco al massacro che vorrebbe lo stesso Salvini: il ritorno al medioevo cancellando secoli di civiltà e di distinzione tra Religione e Stato.
È quindi più corretto definirlo insulto. Salvini, ieri a Milano, ha insultato tutti gli italiani, credenti o meno. E ha insultato soprattutto coloro i quali erano davanti a lui nella stessa piazza. Ha infatti urlato e poi lanciato per due volte: “lo giurate voi?”. Invitando, quindi, la piazza a insultare essa stessa l’Italia, la Costituzione e il Vangelo.
Il rimando ai discorsi nazisti, segnatamente quelli di Goebbles (“burro o cannoni”) è apparso in tutta la sua crudezza. Salvini segue ormai un percorso che può far presa solo in quella parte del Paese che è privo di strumenti per imparare dalla storia.
L’insulto di Salvini all’Italia sta innanzitutto nel giurare sulla Costituzione. E non solo per i precedenti dell’individuo sul palco, uno che in passato ha fatto di tutto per dividere gli italiani del Settentrione da quelli del Mezzogiorno. Ma nell’essenza stessa della Costituzione italiana a del dopoguerra che, tra le altre cose, è stato un grande lavoro nella distinzione tra Religione e Stato, cercando di definirne i rapporti. Qui Salvini ha insultato tutti gli italiani e in particolare gli italiani non credenti.
Ma non è finita. Salvini, in maniera lampante, ha offeso e insultato anche gli italiani credenti e, per la seconda volta, gli italiani non credenti. Non c’è bisogno di essere credenti, infatti, per capire la distinzione che fa il Vangelo tra religione e Stato. E non c’è nemmeno bisogno di leggere il Vangelo, dal momento in cui anche chi non l’ha letto da cima a fondo conosce la frase di Gesù Cristo “date a Cesare quel che è di Cesare”. È qualcosa che esiste ormai nella coscienza civile occidentale da secoli. Semmai, la difficoltà di separare Religione e Stato la si trova in altre religioni che, evidentemente, Salvini sembra aver sottoscritto.
Satanista? Mussulmano estremsta? Ateista, nel senso di ateo che ne fa una religione come fece il dittatore albanese Hoxa? Oppure semplicemente qualcuno che usa la religione per biechi e sanguinari motivi di potere? In ogni caso, il gesto di Salvini è un insulto bello e buono a tutti gli italiani. Ai credenti e, a prima vista paradossalmente, ai non credenti in particolare.
Riguardo ai credenti, ma anche ai non credenti perché il Vangelo è comunque un testo di storia o per lo meno di una ben precisa filosofia di vita, Salvini opera un ulteriore insulto: quello di giurare su un testo del quale o non conosce il contenuto o, peggio, lo conosce e lo tradisce in maniera lampante attraverso le sue proposte “politiche”. Basta ricordare una sola delle innumerevoli frasi del Vangelo che Salvini tradisce, non meno di Giuda, nel suo operato politico: “Andate via da me, maledetti (…) Perché ebbi fame e non mi deste da mangiare, ebbi sete e non mi deste da bere. Fui straniero e non m’accoglieste” Mt 25,41-44
Siamo nell’ambito del lapalissiano, che solo la cecità più completa non può vedere. Salvini, inoltre, insulta lo stesso Vangelo, e i credenti di tutto il mondo, dal momento in cui giura su di esso, a maggior ragione nel presentare un programma politico.
E si tratta di un insulto grave. Molto grave. Rinnovato e potenziato dal suo stesso slogan “Prima gli italiani”. Laddove, proprio il Vangelo, non fa alcuna distinzione tra razza e nazionalità.
Di frasi del Vangelo su questi punti, e sulla mancata comprensione degli stessi, ce ne sono innumerevoli. Rimane il grave, gravissimo, insulto del capo della Lega Nord, una volta adepto di riti pagani sul Po e oggi impegnato nel profanare quanto più possibile di tutto e di più, e in particolare modo la cultura occidentale.