di Gabriele Bonafede
Mancano poco meno di due settimane alla fatidica data del 4 marzo e l’Italia, benché in netta ripresa economica, è già allo stremo da altri punti di vista. I casi di violenza di tipo “politico”, se così si può dire, sono ormai svariate decine dall’inizio dell’anno. Il clima, per chi vuole essere ottimista, è quello degli “anni di piombo”, ovvero gli anni ’70 del secolo scorso. Per chi vuole essere pessimista, e forse più reale, il clima di oggi assomiglia a quello degli anni ’10 e ‘20, sempre del Novecento. Per lo meno a giudicare da alcuni aspetti che sembravano ormai sepolti sotto le macere e i genocidi della Seconda Guerra Mondiale: come il razzismo. Ma anche, come negli anni ’10 immediatamente precedenti alla Prima Guerra Mondiale, nel nazionalismo che non vede al di là del proprio naso.
Perché, sebbene negli anni ’70 si scontravano ideologie di estrema destra e sinistra con la violenza per strada, non c’era, nell’Italia degli anni ‘70, un rigurgito di razzismo così ampio come quello di oggi: tipico degli anni ’10, ’20 e ’30 del Novecento. Né l’appartenenza all’Europa, negli anni ’70, era messa in discussione. Anzi.
L’Italia, da alcuni punti di vista, non rischia di tornare indietro di quasi 100 anni. Il rischio presuppone un’eventualità, una possibilità. Ma da ciò che si vede in quanto a odio razzista diffuso e, purtroppo, propagandato da esponenti di partiti più o meno grandi, questo rischio è ormai un dato di fatto. Non è un rischio, è una realtà.
Che lo si ammetta o no, i discorsi di determinati politici, soprattutto nello schieramento di centrodestra, ricordano fin troppo quelli dei razzisti del Novecento negli anni ’20 e ‘30. Poco ci manca, e ci sarà la proposta di un nuovo “manifesto della razza italiana” da sottoscrivere, più o meno volontariamente. Magari con connotazioni esteriori completamente inventate: capelli biondi e occhi azzurri, a prestito da altri Paesi situati a settentrione dei confini italiani. Come negli anni bui del secolo scorso, il tutto è condito con discorsi di odio che utilizzano la religione a fini politici e discriminatori. Come negli anni ’30, ci si propone di trattare le popolazioni africane con violenza, dispregio e razzismo, magari condendo tutto ciò con un ignorante impeto “religioso”, ma che di religione cristiana ha meno di nulla.
Tutto ciò non è un pericolo vicino o lontano, ma è la realtà di oggi. Della quale, agli italiani, sembra non importi un fico secco, tranne ad uso sconsiderato in campagna elettorale. La coscienza sociale, è un dato di fatto, si ammala sempre più abituandosi man mano all’intolleranza, al razzismo e alla violenza degli estremismi. E non è un processo iniziato da poche settimane o pochi mesi. Purtroppo, si tratta di qualcosa che è iniziata almeno da 3-4 anni e ha radici molto lontane nel tempo, forse misurabili in millenni più che in secoli o decenni.
La realtà politica dell’immediato, d’altronde, è quella di una prospettiva di governo con il centrodestra al potere. Centrodestra che non è solo “diviso”. È soprattutto un centrodestra (o una destra) che non ha un partito realmente democratico e moderno che lo rappresenti.
Al di là della deprecabile rincorsa di Berlusconi su posizioni sempre più vicine al razzismo palesate dai suoi alleati (Lega e FdI), va sottolineato che Forza Italia è tenuta insieme da un leader che ha 81 anni e dimostra con sempre maggiore evidenza un declino fisico inevitabile.
Forza Italia, già oggi, non è un partito. In Sicilia ci sono segnali di una formazione che, pur vincendo le elezioni, è totalmente polverizzata. Di oggi è la notizia di ulteriori litigi in casa Forza Italia al “Parlamento” siciliano. Nonostante l’Isola sia un “caposaldo” storico, e teoricamente vincente, di Forza Italia.
La realtà è che Berlusconi ha nociuto principalmente alla destra democratica e liberale. Ha nociuto alla costruzione di un’identità nazionale con principi democratici, liberali e liberisti e, in generale, occidentali. Non solo perché la sua creatura politica era ed è imperniata sulla figura di un leader unico e senza eredi politici, ma anche perché Berlusconi è l’antitesi alle idee fondamentali della destra liberista: libero mercato, libero commercio, competizione, imprenditorialità diffusa, cultura occidentale. E tanto altro.
Berlusconi, in antitesi ai valori di una destra democratica, ha rappresentato, invece: oligarchia, monopolio o quasi-monopolio, oligopolio, arretratezza culturale, disprezzo per la diplomazia del dialogo e dell’integrazione europea, propensione all’anti-occidentalismo di matrice sovietica, oggi sfociata nel “putinismo”.
L’integrazione europea, ricordiamocelo, era un caposaldo di grandi uomini del centro e centrodestra italiano, tedesco e francese (e di tanti altri Paesi) negli anni ’50. Oggi questo caposaldo è stato totalmente abbandonato dai partiti del centrodestra italiano e della destra. I quali vagheggiano di “plutocrazie”, gomblotti finanziari, abbandono dell’Euro e dell’UE, e altre fesserie foriere di orrori e disastri fin troppo palesi e patiti dai nostri nonni.
Non a caso, questo vuoto di un reale centrodestra democratico, (ovvero un centrodestra che c’è ancora in Francia o in Germania), è stato riempito in Italia da “destra” e da “sinistra”. Dalla destra estremista e populista, sia essa dichiaratamente fascista o meno (Lega, FdI, CP, FN e la maggioranza dei 5 Stelle), e anche dalla sinistra moderata (parte del PD).
La deriva populista e violenta che si registra in Italia, viste le condizioni, non può che aumentare in mancanza di un centrodestra realmente democratico. Anche dopo le elezioni. Il nuovo governo che uscirà dalle elezioni sarà assediato dal populismo. Si può, al massimo, sperare che non sia volontario o involontario compartecipe nella violenza verbale del proprio assedio, alla quale segue inevitabilmente quella fisica e sociale, a sua volta fomentata dagli estremismi “di sinistra”, se così si possono chiamare.
Sarà un governo assediato perché in Italia, oggi, non esiste una grande forza politica di destra democratica e liberale. Rimane una “sinistra” democratica, ma anche quella con tanti difetti e imperniata sulla figura di un leader e non su una coscienza diffusa in difesa della democrazia, tantomeno da un’organizzazione di partito come erano intese la Dc e il Pci fino ad alcuni decenni fa.
Il Pd, anche nella prospettiva di una vittoria impressionante, come un immaginario 30%, sarà anch’esso assediato, sia che il 5 marzo si presenti come forza di sostegno a un governo moderato, sia che si presenti quale opposizione a un governo che includa la Lega Nord di Salvini. (Che Lega Nord era e rimane).
In realtà, in Italia, ciò che andrebbe ricostruita per riportare il Paese a un futuro democratico “normale” non è solo la sinistra democratica. Ma, soprattutto, è la destra democratica: una forza che esprima valori fondamentali purtroppo abbandonati persino in larga parte del GOP, il partito repubblicano degli Stati Uniti, sempre più appiattito su posizioni inaccettabili di un presidente semplicemente inaccettabile.
Questi valori, sono quelli della libertà individuale insieme alla libertà d’impresa, del rispetto alla diversità e all’uomo in quanto tale, del rispetto dei diritti civili e dello Stato di Diritto, dell’orgoglio nelle particolarità nazionali che si possono recuperare solamente attraverso il dialogo e l’integrazione europea. Se vogliamo vedere questi valori impersonati in un indiscusso eroe italiano, dobbiamo pensare a Paolo Borsellino.
Questi valori, nello schieramento che va dalla Lega a Forza Italia, passando per FdI, oggi non esistono. L’unica cosa che tiene insieme queste formazioni è la prospettiva di governo purchessia. Anche a costo della deriva verso estremismi razzisti.
Il M5S non rappresenta il tentativo di costruzione di una destra democratica. Uno dei valori fondamentali viene infatti disatteso da questo movimento: la competenza e la chiarezza di chi viene designato a rappresentare gli elettori. Dilettanti allo sbaraglio, i 5 Stelle rappresentano inoltre le storture dell’oligarchia, della casta di nuova forgia, del monopolio. Tutte cose ben evidenti nella Casaleggio e Associati. Persino nella gestione degli stipendi di chi viene eletto. Il movimento 5 stelle, così com’è, è anch’esso polverizzato in mille rivoli, tenuti assieme dallo stesso cemento del centrodestra: arrivare al potere purchessia. Con, in più, la palese carica di una “rivoluzione” tanto pseudo-fascista quanto pseudo-comunista, fatta ad esclusivi fini personali e d’azienda: azienda trasformata in partito, beninteso.
Il 5 marzo, comunque finisca, si aprirà una fase difficile o molto difficile per l’Italia.
Foto di Kondrad Adenauer tratta da Wikipedia. Di Bundesarchiv, B 145 Bild-F078072-0004 / Katherine Young / CC-BY-SA 3.0, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5356485
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