di Giovanni Rosciglione
Ci fu un tempo, alla fine del XX secolo, che Ciprì e Maresco, due geniali cineasti palermitani, aprirono nel quartiere Bonagia, in via Guido Rossa, al piano terra di un mastodontico palazzone delle cooperative rosse, il Cinema Lubitsh. L’impresa nasceva come Cineclub colto con previsto dibattito, riservato a un pubblico di cinefili engagé, sulle scie di Aristarco, e semplici spettatori pronti anche a soffrire per aiutare il proletariato.
Il quartiere scelto era quello misto di operai, sindacalisti e di affluenti impiegati e commercianti. Nessuno dei fighetti de sinistra, tabagisti passivi de La Base e di altri salotti metteva famiglia da quelle parti. Raggiungere il cinema dai quartieri residenziali dei marxisti sessantottini equivaleva a 45 minuti di automobile con il rischio di non riuscire a dipanare la fitta matassa di strade di un luogo ignoto e buio.
Proiettarono in sala anche molti film interessanti. Al botteghino trovavi Franco Maresco, gentile e motivato. La gestione era amichevole e solidale. Nel senso che, come mi ricorda un compagno, quando si ritardava a raggiungere il luogo, con una telefonata si poteva chiedere e ottenere cinque minuti di rinvio della proiezione.
Io ricordo il Lubitsch (qui il link su mymovies) con nostalgia. E resto un grande ammiratore del cinema dei due artisti, anche dopo l’inaspettata separazione del duo. Ma capirete come l’esperimento ebbe vita breve e nel 2010 chiuse tra pianti tanto strazianti quanto brevi.
Nel 2003, mi sovviene oggi, andai a vedere il film di Wolfgang Becker – giovane regista dell’ex Germania Est dove è ambientata la trama – dal titolo Good Bye, Lenin! E’ ancor oggi mia abitudine informarmi sui film che vado a vedere.
Era una storia, che si svolge tra il 1988 e il 1989, di una signora che, in depressione per problemi coniugali, ne esce diventando un’attivissima sostenitrice del regime sovietico. Un giorno però vede in strada uno dei suoi figli che partecipa ad una manifestazione contro il governo picchiato a sangue dagli sgherri comunisti. Per il dolore viene colpita da un infarto e cade in coma.
Quando la donna si risveglia dopo otto mesi, il Muro è caduto e con velocità incredibile il regime si sgretola e la Germania si unifica. I figli per non turbarla e per evitare contraccolpi alla sua fragile salute le nascondono tutto e con l’aiuto di amici ricostruiscono nel loro quartiere una DDR finta, con i simboli e i costumi dell’epoca (tre mesi prima) e scatolette di cibo scadute degli spogli supermercati dell’epoca.
Dalla sua finestra non vede pubblicità occidentale e i ragazzi le forniscono cibi in scatola e detersivi dell’epoca della miseria di Honecker. Malgrado queste affettuose cautele, la donna un giorno affacciandosi alla finestra vede un elicottero che porta via, non si sa verso dove, una gigantesca statua di Lenin. Con luciferino umorismo tutti stanno al gioco e la povera e malata mamma può continuare a credersi una zelante. Alla fine tutti felici e contenti.
Una commedia deliziosa, graffiante. Una regia da manuale con attori bravi e credibili. Una storia che l’attuale cinema italiano non sarebbe in grado di raccontare, se non con appiccicose lacrime di “buon senso” e l’imbarazzante conformismo del politicamente corretto.
All’uscita Maresco regalò a tutti gli spettatori una piccola bandiera Rossa con falce e Martello, gadget ironico e icastico per salutare un’epoca da non rimpiangere: Goodbye Lenin, appunto. Geniale e crudele.
Conservo quel ricordo, che nella foto vedete tra gli addobbi della mia scrivania/trincea, come un dolce souvenir.
Mi è rimasta la sensazione di essere stato quel giorno (forse perché già conoscevo la trama) tra i pochi che decifrarono il significato di quella bandiera. Non molti si potevano rassegnare ad abbandonare la cianfrusaglia gadgettistica del leninismo/marxismo. Tanto, da noi, si sa, anche i rivoluzionari hanno sempre avuto stipendi pubblici e la mutua. La maggioranza credo si preparasse a sventolarla al primo delle decine di scioperi della scuola.
Sbaglio? Non credo: se guardate i simboli e le liste che alle prossime elezioni politiche italiane (a 30 anni dalla caduta del muro di Berlino) troverete, collocate alla sinistra del PD ben 5 liste: Liberi e Uguali, guidata da Pietro Grasso, detto Spartaco, insieme a Giuseppe Civati, Nicola Fratoianni e Roberto Speranza. Le Liste del Popolo per la Costituzione, di Antonio Ingroia, Potere al Popolo, di Viola Carofalo, Per una Sinistra Rivoluzionaria di Claudio Bellotti e il Partito Comunista guidato da Marco Rizzo.
Tutto uno smagliante gruppo di sbandieratori di Arezzo con drappi rossi illuminati dal Sol dell’Avvenir.
Questa folla di eccitati e concitati concorrenti a posto in Camera certamente non ha visto quel film, se l’ha visto non lo ha capito, se lo ha capito, fa finta di niente. E sta al gioco come la madre sostenitrice di Honecker o, al massimo di D’Alema.
Esagero? No, purtroppo. Intanto la crisi di cultura che per esempio strazia la mia Sicilia non risparmia certo la politica, disciplina che viene considerata come un mestiere da imparare con alcune furbesche tecniche per confondere il cliente (utente).
All’ultimo Festival dell’Unità di Palermo, mi ricordo, fui accolto come un traditore e salutato da pugni chiusi, sarcastici appellativi di “compagno, ancora compagno sei?”
Nel fumo acre delle salamelle/stigghiole, consunti maglioni peruviani e festose standing ovation al partigiano Max.
Oggi, la mia fedina politica è controllata dai partigiani con le sarde. Tutto seriamente, senza scoppiare a ridere.
Nel frattempo, continuo a sventolare la mia bandierina di Maresco e saluto Goodbye Lenin & C. Sperando che a vincere sia almeno il senso dell’umorismo.
In copertina, l’ultima parata militare nella Germania Est (DDR), foto tratta da Wikipedia. Di Bundesarchiv, Bild 183-1989-1007-402 / Franke, Klaus / CC-BY-SA, CC BY-SA 3.0 de, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5347481
a leggere questo articolo sembrerebbe che il problema della Sicilia sia rappresentato da 5 liste di estrema sinistra, di cui una, sinceramente, LeU, non puo’ considerarsi tale visti i contenuti del programma e i personaggi che la compongono. E sono liste che, almeno in Sicilia e conoscendo l’elettorato siciliano, se anche fossero tutte insieme non credo che supererebbero la soglia di sbarramento….dimentichiamo invece di vedere cosa c’e’ nelle rimanenti liste, che puzzano o di “vecchio regime” che in sicilia e’ stato, per quasi un secolo ininterrotto, via via fascismo poi democristianesimo poi berlusconismo….oppure il neo-modernismo (o pseudo tale) dei renziani o dei grillini che in realta’ esaltano quella ideologia assolutista del dominio del mercato e dell’impresa che tanto danno e miseria crea a livello sociale e per il quale oggi ci sarebbe tanto bisogno di rispolverare la lettura dei classici del marxismo, e non certo per un vuoto ritualismo ma per ritrovare la speranza in futuro diverso dell’umanita’.