Un libro da riscoprire: “L’illegalità protetta”
di Davide Mannelli
Della figura di Rocco Chinnici ancora oggi non si conosce molto. Se di Falcone e Borsellino sappiamo quasi tutto, quello del magistrato di Misilmeri è un profilo rimasto nell’ombra.
Ultimamente la Rai ha prodotto una buona fiction, “E’ così lieve il tuo bacio sulla fronte” (tratto dal libro della figlia Caterina), che ha riportato un po’ di luce sulla personalità del giudice, ucciso dalla mafia il 29 luglio 1983 in via Pipitone Federico a Palermo.
Ma ancora meglio sarebbe leggere un libro, del quale consigliamo la lettura. Si tratta della nuova edizione de “L’illegalità protetta” (Glifo edizioni), ovvero l’unica raccolta di scritti di Chinnici.
Il libro contiene infatti un prezioso corpus di impressioni dello stesso magistrato, rilasciate attraverso le interviste e durante i dibattiti nelle scuole e nelle università, dove il giudice era solito recarsi volentieri per parlare ai giovani.
I giovani, appunto. Quasi una fissazione, per Rocco Chinnici. Perché sapeva che a loro era più urgente rivolgersi, perchè erano le nuove generazioni che dovevano prendere coscienza civile e morale del problema della lotta alla mafia, e di tutto ciò che esso comportava. Ma anche perché erano i giovani, troppi di loro, a morire in quegli anni a causa della droga, il canale-principale con il quale lucrava Cosa Nostra.
Chinnici racconta, nelle pagine del libro, della prima volta in cui si trovò davanti ad un tossico-dipendente, e di essersi persino impressionato (lui così rude, così solido) per il delirio di quel ragazzo, in evidente crisi di astinenza da sostanze stupefacenti.
Il volume contiene inoltre un tenero ricordo della persona attraverso le testimonianze dei figli, Caterina e Giovanni, e una importante prefazione di Paolo Borsellino, del quale vale la pena trascriverne un passaggio:
“Le dimensione gigantesche dell’organizzazione, la sua estrema pericolosità, gli ingentissimi capitali gestiti, i collegamenti con i capi oltreoceano e con quelli di altre regioni d’Italia, la peculiarità del rapporto mafia-politica, la droga e i suoi effetti devastanti, l’inadeguatezza della legislazione: c’è già tutto in questi scritti di Chinnici, risalenti ad un periodo in cui scarse erano le generali conoscenze e ancora profonda e radicata la disattenzione, o più pericolosa, la tentazione alla connivenza. Eppure tutto questo non scoraggiò mai quest’uomo, che aveva, come una volta mi disse, <<la religione del lavoro>>”.
Suggestivi sono anche i contributi speciali del libro, come il ritratto che ne fa Attilio Bolzoni, firma storica de “L’Ora” e “Repubblica” e autore di numerosi saggi sulla mafia, che racconta l’inferno che si trovò davanti quella mattina del 29 luglio 1983, in quella via Pipitone Federico sventrata e con quei corpi mutilati. Oltre al giudice perirono il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta e il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi.
E’ doveroso ricordare le sue parole, quelle dell’uomo che ideò il pool antimafia e che gettò le basi per combattere frontalmente il fenomeno mafioso.
“Io credo nei giovani. Credo nella loro forza, nella loro limpidezza, nella loro coscienza. Credo nei giovani perchè forse sono migliori degli uomini maturi, perché cominciano a sentire stimoli morali più alti e drammaticamente veri. E in ogni caso sono i giovani che domani dovranno prendere in pugno le sorti della società, ed è quindi giusto che abbiano le idee chiare”.