di Gabriele Bonafede
“Il termine terrorismo, com’è consuetudine nel diritto penale internazionale, indica azioni criminali violente premeditate a suscitare paura nella popolazione come attentati, omicidi, stragi, sequestri, sabotaggi, dirottamenti a danno di collettività o enti quali istituzioni statali e/o pubbliche, governi, esponenti politici o pubblici, gruppi politici, etnici o religiosi”. È la definizione che dà di terrorismo Wikipedia, riprendendola da A. Cassese , International Criminal Low, 2003 , Oxford University Press , p. 148.
L’enciclopedia Treccani fornisce una definizione di terrorismo ancora più ampia, organizzandola per categorie.
Il caso di Traini a Macerata è dunque chiaro terrorismo. Qui non si tratta di un delinquente comune, ma di uno che ha fatto un grave atto di terrorismo, di tipo politico e razzista. Oltre alla premeditazione dell’esecutore materiale, ci sarebbe anche la responsabilità morale, o “oggettiva” (come si dice nel mondo del calcio), della Lega di Salvini, visto che Traini è stato ospitato in una delle liste, e accettato in incontri pubblici di partito.
Oltre ad essere una tentata strage aggravata da razzismo, si tratta anche di terrorismo di tipo razzista, perché Traini ha sparato esclusivamente a persone che potevano essere immigrati, giudicandole dal colore della pelle, scorazzando con automobile e pistola per le vie di Macerata. È terrorismo di tipo politico, perché Traini ha sparato contro la sede di un partito politico e ha salutato le forze dell’ordine con un chiaro segnale politico. Inoltre, l’intenzione era quella di creare terrore, come è successo. L’intenzione era quella di intimidire, di fare violenza a scopo intimidatorio, come è successo.
Eppure oggi non c’è nessun giornale italiano, tra quelli a grande diffusione, che ha individuato i fatti di Macerata come un atto di terrorismo. Repubblica titola “Raid razzista”, Il Corriere titola “Pamela la causa scatenante”. La Stampa “Raid xenofobo”. Raid… Pochi dicono quale è la dura e cruda realtà: Traini ha compiuto un atto di terrorismo di tipo razzista e politico.
Pietro Grasso ha parlato di attacco terrorista. Ha detto la verità, lo si deve ammettere. Ancora più responsabile è stato Gentiloni, che ha messo l’accento sul rilancio di una cultura di tolleranza comune, che non ci divida. Fatti salvi i doveri istituzionali, raccolti giustamente da Gentiloni per cercare di limitare e, si spera, evitare una spirale di violenza, è però doveroso rimarcare dal punto di vista esclusivamente d’informazione e linguistico che si tratta di terrorismo razzista.
Il razzismo potrebbe anche essere definito quale “patologia”. Di tipo sociale, e testimoniata dall’antisemitismo e dal razzismo anti-africano diffuso nella prima parte del Novecento con effetti devastanti per tutta l’umanità, e non solo per l’Italia. Malattia sociale o fenomeno sociale, purtroppo non limitati a un singolo “delinquente”. Anzi.
Nel caso di Macerata lo testimoniano due cose: (1) il plauso che questo terrorista ha ricevuto in ben conosciuti e straripanti ambienti-social, già avvezzi a una violenza verbale e figurativa semplicemente mostruosa e (2) le mancate scuse del leader politico di riferimento al terrorista, Matteo Salvini nelle cui liste politiche Traini ha trovato spazio. Il capo della Lega ha persino rilanciato, pubblicando frasi del tipo: “L’immigrazione fuori controllo porta spaccio di droga, stupri, furti e violenze.” Frase che colloca aprioristicamente qualsiasi immigrato nell’ambito di odiosi crimini: sulla base della condizione d’immigrato, proveniente cioè da un altro Paese. Sulla cemplice condizione di “straniero”, di “non italiano”: un concetto chiaramente razzista.
Ed è una frase furba, che tenta di capitalizzare politicamente su una tragedia personale e collettiva. Non è la prima volta. Si tratta di un ritornello da disco rotto di una propaganda che portò i partiti d’estrema destra al potere in quasi tutta Europa dal 1922 al 1938. Basta sostituire le parole “immigrati” con quelle utilizzate allora, e non solo allora: ebrei, zingari, africani, stranieri, omosessuali, immigrati, etc.
Queste cose le sappiamo tutti. Eppure…
A conti fatti, anche il giorno dopo la tentata strage terrorista di Traini a Macerata, a mente fredda, i media italiani sembrano sbagliare diagnosi. La malattia non è, purtroppo, individuale. Non si tratta di un criminale singolo e isolato, tutt’altro.
Si tratta di una malattia collettiva e a uno stato molto avanzato, già vista e largamente patita nel Novecento. E non solo nella parte della società e dei gruppi di cittadini che fomentano e propagandano l’odio nei riguardi di un’etnia, razza o religione (per non parlare del genere), magari senza saperlo e capirlo. Ma potrebbe essere anche in chi ha l’importante compito di diffondere l’informazione, analizzare i fatti, dare informazioni con un minimo di osservazione dei fatti e delle definizioni in lingua italiana di determinati fatti.
Questo è il clima con il quale si va a elezioni che somigliano molto a quelle tedesche del 1933, ceteris paribus. Ah, ma il latino è più “difficile” dell’italiano. Potrebbe essere incomprensibile a futuri governanti.