Esce in 400 copie il film-provocazione sulla figura del Duce
di Davide Mannelli
Uscirà domani nella sale italiane “Sono tornato”, film commedia/documentario di Luca Miniero sul “ritorno” di Benito Mussolini nell’Italia del 2018.
La trama, nella sua stravaganza, è molto semplice. Il Duce torna in vita, piombando letteralmente dal passato ai giorni nostri. Si guarda attorno e constata che nulla è cambiato: “Vi ho lasciato 80 anni fa ed eravate un popolo di analfabeti – dice il Mussolini interpretato da Massimo Popolizio” – e vi ritrovo tali e quali, un popolo di analfabeti”.
Questo curioso Mussolini è accompagnato, nel suo girovagare per le città, dal comico Youtuber Frank Matano che ricopre le vesti di un regista in gravi difficoltà finanziarie. Tutto il “percorso” del dittatore viene quindi filmato a mo’ di candid-camera, registrando le reazioni della gente che si vede sfilare davanti questo curioso Mussolini in carne e ossa.
La reazione non è sempre rabbiosa, come ci si potrebbe attendere. Forse ormai è passato troppo tempo e le nuove generazioni non recepiscono in toto la figura inquietante del personaggio storico, rispondendo con gesti di ammirazione, risate, saluti romani e svariati “selfie” imperdibili da fare assieme a questo “stravagante personaggio”.
L’esperimento di Miniero è in buona fede, ne siamo sicuri. Lo spiega lui stesso: ” Non volevamo giudicarlo perché è già stato giudicato dalla storia, la nostra intenzione era di non metterci su un territorio ideologico, non era quello che ci interessava. Il film aggancia il pubblico, lo tira dentro con un personaggio umano, ma certo non è apologia di fascismo. Gli italiani – prosegue il regista- diversamente dai tedeschi non hanno mai fatto del tutto i conti con il loro dittatore, ma io sono convinto che se oggi tornasse Mussolini vincerebbe le elezioni, salvo poi dopo due anni vedere cadere il proprio governo. Non è necessario un fascismo armato perché il populismo ha già profondamente condizionato tutta la società grazie ad un sistema dei media complice e questo fa molta paura”.
Al commento del regista bisogna aggiungere, per spiegare la natura dell’idea, che in Germania è stata fatta un’operazione analoga con Hitler. Anche il Fuhrer è stato fatto tornare in vita (filmato dal regista David Wnendt) e sballottato fra le vie e le piazze della sua terra, ricevendo insulti ma anche risate e ironia.
Il rischio di certi film “sperimentali” è proprio questo: banalizzare il male, anche non volendo. Gettare in pasto ai selfie Mussolini e Hitler significa correre un rischio assai grande, dal punto di vista sociale e antropologico, poiché equivale a far diventare queste due figure, emblemi del male assoluto, due specie di nuovi “idoli pop”.
Che i “giovani della rete” conoscono superficialmente o dei quali ignorano più o meno parzialmente, se non totalmente, fatti e misfatti che si sono ripercossi sul tessuto delle rispettive nazioni nei decenni a venire.
Lungi da noi proporre la censura, ci mancherebbe altro. Ma bisognerebbe affacciarsi a queste operazioni con maggior cautela, magari con un differente approccio analitico e corredato da strumenti storiografici. Altrimenti è un attimo, e subito il male del nazismo, nipote del fascismo, può diventare “virale”: una cosa da niente, un oggetto “social” che rischia di impazzire fra un selfie e l’altro, svuotandolo di ogni senso.