di Gabriele Bonafede
Ed ecco oggi la notizia che tutti ci aspettavamo: Andrea Camilleri propone la candidatura di Agrigento a Capitale della Cultura Italiana per il 2020. Giusto. Autorevole candidatura con un autorevolissimo sponsor.
“Per lo scrittore agrigentino Andrea Camilleri, Agrigento merita di fregiarsi del titolo di “Capitale italiana della cultura” nel 2020, non solo per la Valle dei Templi e il suo immenso patrimonio, ma anche e soprattutto perché è la città dell’accoglienza.” Si legge oggi nell’edizione online di Repubblica.
“A questo proposito il creatore del commissario Montalbano cita il munifico Gellia, che nell’antica Akragas era solito accogliere e ospitare a sue spese ogni forestiero.” Conclude il quotidiano più letto d’Italia.
Parole sante.
Purtroppo, in Italia qualsiasi città o cittadina ha le carte in regola per essere candidata. E anche alcune migliaia di paesini e forse tutti i circa 8000 comuni italiani hanno qualcosa da dire o da proporre in quanto candidatura. L’Italia contiene una larga percentuale del patrimonio storico-culturale del mondo, ancorché questa percentuale non sia stata veramente calcolata.
Su una cosa siamo tutti d’accordo. Non c’è grande o piccola città, e persino minuscolo centro, che non sia semplicemente meraviglioso. Nonostante gli sfregi ambientali, gli ecomostri i taglieggiamenti mafiosi, i disastri civici e meno civici ai quali assistiamo ogni giorno.
Agrigento è certamente la città che lo merita più di ogni altra. Così come lo sono Venezia, Matera, Bari, Brindisi, Ariccia, Portofino, Arzachena, Favignana, Trapani, Firenze, Pistoia, Palermo, Comacchio, Donnafugata, Recanati, Asti, Alessandria, Despina, Lodi, Ersilia, Aosta, Roma, Urbino, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma, Aglaura, Verona, Jesolo, Cividale del Friuli, Siena, Pienza, Livorno, Pisa, Latina, Frosinone, Assisi, Terni, L’Aquila, Campobasso, Foggia, Macerata, San Benedetto del Tronto, Rimini, Milano, Torino, Napoli, Pompei, Capua, Caserta, Castellammare di Stabia, Cosenza, Salerno, Catanzaro, Pizzo Calabro, Caulonia, Fano, Lipari, Ustica, Ponza, L’Elba, Pantelleria, Lampedusa, Santa Margherita Belice, San Fratello, Castelbuono, San Vito Lo Capo, Taormina, Cefalù, Novara, Novara di Sicilia, Troina, Perugia, Orvieto, Teramo, Viterbo, Carpi, Cremona, Mantova, Como, Vicenza, Catania, Siracusa, Savona, Sanremo, La Spezia, Forlì, Ferrara, Volterra, Bergamo, Brescia, San Marco d’Alunzio, Scasazza, Caianiello, Misilmeri, Vigàta, Castelfranco Veneto, Rho, Monza, Rieti, Isernia, Taranto, Lecce, Caltagirone, Martina Franca, Erice, Sassari, Oristano, Cagliari, Pomezia, Valguarnera Caropepe, Canicattì, Enna, Caltanissetta, Gorizia, Trieste, Udine, Trento e Bolzano. Più un altro migliaio di centri reali o immaginari, tanto per citare le prime della lista, e tutte irrinunciabili.
Allora, perché non candidare Roccacannuccia? Attenzione, Roccacannuccia intesa nel parlare comune, non la frazione del Comune di Nardò, in provincia di Lecce, che esiste veramente (qui su Wikipedia) e potrebbe rappresentare un’opzione reale.
E nemmeno le altre Roccacannuccia eventualmente sparse per l’Italia, oppure per gli Stati Uniti d’America dove ci sono almeno un paio di Palermo, Roma, Napoli e Siracusa.
Roccacannuccia, quella finta o “figurata”, ha tutte le carte per essere la prossima Capitale della Cultura Italiana, se non altro perché non si fa torto a nessuno. Essendo immaginaria, non escluderebbe che alcune decine di candidate esclusivamente (o quasi esclusivamente) “letterarie”, alcune delle quali già citate nella parzialissima lista qui sopra.
Inoltre, Roccacannuccia (in provincia di “Boh”) ha un progetto importante: quello dell’extraterritorialità, dell’accoglienza, della partnership più pervasiva ed edificante. Non ci sono né ecomostri, né pale eoliche, e nemmeno munnizza.
Né altre vergogne da celare e tantomeno amministrazioni alle quali imputare alcunché. Non ci sono nemmeno i cittadini, che pure quelli ogni tanto non fanno esclusivamente del bene.
Roccacannuccia for Capital!
Foto in copertina, di Corina Ardeleanu, tratta da Unsplash.