Con l’arrivo di Renzi a Palermo, tornano i ricordi delle sezioni di partito. Ecco la vicenda della sezione “Libertà” e delle battaglie che furono sul verde in città
di Giovanni Rosciglione
Oggi (o più precisamente due anni fa, quando pubblicai questo articolo nel mio blog personale) ho accompagnato Arturo al Verde Terrasi. Alcuni la chiamano Villa Costa, ma io, pur avendo affetto e rispetto per il Giudice Gaetano, vi spiegherò perché preferisco l’altro originario nome. E ho scattato le foto che posto per primo.
La villa è abbandonata, sporca, dissestata. Il verde (un tempo rigoglioso) si restringe, si accartoccia in una secchezza mortale, da un lato per l’incuria dei giardinieri e dall’altro per la superfetazione del bar, pizzeria ristorante gestito da una delle più note famiglie della Palermo beneomale che se l’è aggiudicato ai tempi di Don Dieghito Cammarata de La Cuba per pochi euro, occupandone più di un terzo con pedane in legno. Si aggiunge anche un orribile parco giochi privato a pagamento.
La scena è rattristata anche dalla vista lato nord del famoso roseto inglese, che – diviso da una cancellata – rappresenta il confine di Via Campania. Una lugubre colata di cemento trasformata in discarica e pudicamente recintata su strada da qualche centinaio di metri di barriera in ondulino metallico tipo Favelas di Rio.
Questo, – per i non palermitani – accade in una zona residenziale tra le più pregiate della città.
Verde Terrasi lo chiamo, perché quello è il nome della famiglia proprietaria dell’area. Una delle famiglie del “sacco di Palermo”, esponenti di quella alta borghesia avida e affaristica che si piegò alla cultura della speculazione edilizia e si rese responsabile degli sfregi irrimarginabili inferti alla nostra identità culturale.
Verde Terrasi lo chiamo, perché, ai tempi, con la Sezione PCI/PDS/DS/PD, Togliatti prima e Libertà dopo, che aveva sede in Viale delle Magnolie, ci intestammo quella che chiamerei ancora una “battaglia politica sul territorio” : strappare quell’area ad una imminente colata di cemento resa possibile dalla edificabilità del terreno e destinarla a verde pubblico attrezzato.
Formammo dei gruppi di lavoro, coinvolgemmo il giornale L’Ora, preparammo un documento, girammo negozi, case, mercatini, installammo banchetti all’aperto e raccogliemmo circa 3.000 firme di cittadini del quartiere.
Ma, vi avverto, non puntammo tutto sulla baldanza del volontariato: a quei tempi, quella sinistra, a Palermo con percentuali di consenso tra il 5 e l’8 %, nel quartiere raggiungeva consensi tra il 14 e il 20%. Alleati con liste civiche ( ricordo per tutte Città per l’Uomo) più volte abbiamo ottenuto la Presidenza del Quartiere Libertà ( vedi foto con il logo disegnato da Umberto Signa) con Walter Bellomo e Giorgio Colajanni.
C’erano iscritti e attivisti con grandi qualità professionali che ci consentirono di stendere un Progetto Completo, che il Quartiere approvò e presentò al Sindaco per impegnarlo. I Consiglieri Comunali iscritti in Sezione si raccordavano e spesso erano presenti alle attività. Erano i tempi delle Prime Sindacature di Leoluca Orlando, e non si disdegnava certo di fare pesare il ruolo di alleati.
Insomma, il risultato fu che le licenze edilizie per mostruose montagne di cemento furono annullate e il verde Terrasi diventò pubblico.
A quei tempi, il Consiglio di Quartiere Presieduto da Walter decise di intestare lo spazio conquistato ai cittadini, intestandolo a Giovanni Bonsignore, Dirigente Regionale ucciso mafiosamente proprio per la sua implacabile correttezza. Ci fu una sobria cerimonia e scoprimmo una targa in sua memoria in presenza della vedova. Targa che, dopo l’intestazione ufficiale a Gaetano Costa, si può ancora guardare, molto impolverata, dietro un cespuglio che discretamente le fu piantato davanti.
Nulla di eroico o decisivo, per carità! Ci divertivamo pure in queste battaglie, con la civetteria intellettualoide della borghesia civile che rappresentavamo. Ma anche con la passione e il puntiglio che rendeva la vittoria particolarmente gustosa. Metterla in quel posto ai sacerdoti del culto cianci miniano, non aveva prezzo. Per tutto il resto…
Non c’era – ve lo assicuro – nessun retroterra ideologico nelle nostre scelte, ma solo (e non è poco) la voglia di difendere la nostra terra dalla bruttezza e dall’avidità barbara!
Non fu quella l’unica, né la più importante, delle imprese di quella Sezione e di quel gruppo. Oggi, seguendo con gli occhi Arturo in bicicletta, non potuto non ripensare a quell’esperienza. Senza alcuna lacrimosa nostalgia, statene certi. Ho imparato a vivere nei tempi e non “del” tempo.
Continuo ad essere un politofilo, ancora convinto che la politica sia la scienza della crescita civile e i partiti lo strumento nobile di selezione e rappresentanza dei cittadini.
Ma quello avveniva tra 30 e 20 anni fa. Ed escluderei di poter considerare utili forme di organizzazione come quella. D’altro canto gli strumenti della nuova tecnologia potrebbero, anzi: possono, essere di aiuto per nuove aggregazioni di organizzazione partitica. E sarebbero di certo preziosi strumenti di protezione del Partito dall’invasione di filibustieri della Politica e di selezione non giudiziaria o giornalistica di nuove, giovani e appassionate generazioni di amanti dell’interesse pubblico.
Insomma, il verde della Villa Costes ( vedi un po’ che razza di nome che le hanno dato!) appassisce ogni giorno, la villa è invasa da rifiuti e da pedane di legno, ma non appassisce il ricordo di quelle esperienze. E meno che mai la speranza di un nuovo, necessario cammino di crescita civile.
Insomma: in viale delle Magnolie Fabrizio Barca avrebbe avuto modo di gioire ed anche da imparare.
Penso, con il mio disdicevole sussiego, che, come allora, molti di quei compagni, amici, persone belle e per bene. Uomini e donne appassionate la penserebbero come me oggi!
E voglio ricordare alcuni nomi protagonisti di quel periodo, che, oltre quelli già citati, la mia sempre più corta memoria mi rimanda, senza nostalgia ma con affetto, scusandomi quelli (molto più numerosi) che ho involontariamente dimenticati.
Nelly Aiello, Mario Azzolini, Totò Bellomo, Walter Bellomo, Nando Calaciura, Rino Calderaro, Davide Camarrone, Paola Carriglio, Poldo Ceraolo, Lino Cibella, Giorgio Colajanni, Letizia Colajanni, Pippo Compagno, Giuseppe De Blasi, Michele De Franchis, Clelia Vinci, Nello Fais, Alessandro D’Asdia, Stefania Leone Bonafede, Giovanni Fantaci, Matilde Fazio, Davide Ficola, Maria Luisa Fradella, Maurizio Macagnone, Michele Giunta, Antonio Li Calzi, Maddalena Marino, Silvana Mastrosimone, Emilio e Mario Miceli, Gaspare ed Enzo Motta, Luca Nivarra, Giuseppe Rebulla e famiglia, Maurizio Barbato, Piero Barbera, Ciccio Crimaldi, Rita Calapso, Costantino Visconti, Piero Perconti, Armando D’Asdia, Susi Siino, Gaspare Taormina, Rita Bontà, Aldo Zanca, Le Zangari sisters, Mario Barcellona, Benedetto Colajanni, Andrea Santangelo…
Tra qualche secondo ne ricorderò qualche altro: tra iscritti e simpatizzanti attivi furono un migliaio quelli che diedero una mano contenti di farlo. Professionisti, Impiegati, docenti, dirigenti pubblici, casalinghe, studenti, ricercatori, artisti, disoccupati. Alcuni non ci sono più.
Non posso impedirvi di pensare che quella mia sia nostalgia. Ma, con sincerità, voglio assicurarvi che ho scritto ste due parole, pensando a quanto sia attuale e necessaria oggi la ripresa di un impegno politico condiviso.
E quanto potrebbe essere anche bello!