di Benita Licata
È “spuntata” su molti giornali la notizia che un dirigente scolastico ha diramato una circolare nella quale faceva presente che la normativa vigente non permette pratiche religiose all’interno della struttura scolastica e, contemporaneamente, con coerenza, ha tolto alcune statuette a carattere religioso, posizionate in vari posti, dentro la scuola.
Per altro sono rimasti in alcune aule i crocifissi che normalmente vengono forniti con gli arredi.
Vedrò di fare chiarezza sulle norme che disciplinano l’insegnamento della religione cattolica, risalendo al 1985, quando fu siglato il concordato tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano, seguito poi da alcune intese tra le diverse confessioni religiose (luterani, ebrei, battisti, avventizi, pentecostali, metodisti e valdesi) e, separatamente, con buddisti e testimoni di Geova.
La cosa chiara è che la scuola deve garantire a tutti coloro che la frequentano gli stessi diritti e che non devono esserci discriminazioni fra chi si avvale dell’insegnamento della religione cattolica e chi sceglie di non seguirlo.
Per questo, all’atto della iscrizione a scuola, devono essere consegnati ai genitori dei moduli dove deve essere chiaramente chiesto se si vuole: 1) usufruire delle attività didattiche a cura dell’insegnante di religione; 2) partecipare ad attività di studio e/o di ricerca individuale con assistenza di personale docente 3) nel caso degli studenti delle scuole superiori, partecipare a libere attività di studio e ricerca individuali; 4) compatibilmente con l’orario, se si vuole optare per la non presenza a scuola nell’ora di insegnamento della religione cattolica.
Spetterà al dirigente scolastico convocare il collegio dei docenti per organizzare le attività tutte, comprese quelle alternative alla religione cattolica. Tutto buono e binirittu, ma soprattutto molto chiaro.
Questo per quanto riguarda la didattica. Chiarissime anche le norme che riguardano gli atti di culto e le cerimonie durante l’orario scolastico, sia le intese che il di 297/94 (testo unico) stabiliscono che:
“1. La repubblica italiana, nel garantire la libertà di coscienza di tutti, riconosce agli alunni delle scuole pubbliche non universitarie, il diritto di avvalersi o di non avvalersi di insegnamenti religiosi. 2. Per dare reale efficacia all’attuazione del diritto di avvalersi o di non avvalersi di insegnamenti religiosi, si provvede a che l’insegnamento religioso ed ogni eventuale pratica religiosa, nelle classi in cui sono presenti alunni che hanno dichiarato di non avvalersene, non abbiano luogo in occasione dell’insegnamento di altre materie, né secondo orari che abbiano per i detti alunni effetti comunque discriminanti.”
Inoltre diverse sentenze stabiliscono che, dato che le pratiche religiose non sono paragonabili alle attività extra scolastiche, non possono essere deliberate dagli organi collegiali.
Questa la norma.
È difficile attenersi alla norma, rispettarla e rispettare tutte le diversità? Io non solo ritengo di no, cioè che non è difficile, tutt’altro. Ma ho anche ricordi ed esperienze coinvolgenti in una scuola multietnica e accogliente.
Una scuola dove si studiavano il cibo, la storia, la geografia e la religione del Paese del compagno “diverso”, per capire e condividere, dove si festeggiavano carnevale, pasqua, natale, fine del ramadan, la festa del Kippur, e tanto altro.
Era bellissimo vedere le ragazzine e i ragazzini con i vestiti della loro festa tradizionale usati anche per tutte le altre feste, organizzate da un collegio dei docenti unito, pur nella diversità di pensiero. Si trattava, è una gioia dirlo, di un grande arricchimento culturale personale oltre che didattico. Che difficilmente si può trovare in scuole esclusivamente e, direi, “isolatamente” laiche come è, ad esempio, in Francia.
Nessun problema per la normativa: nella scuola di cui vi parlo l’orario scolastico l’orario “canonico”, senza togliere niente alla didattica, veniva cambiato. I sorrisi di quelle bambine e di quei bambini, la partecipazione soddisfatta dei genitori, di tutto il personale scolastico compensavano la fatica dell’organizzazione straordinaria degli eventi.
Sarebbe auspicabile che in tutte le scuole, non solo in alcune, tutti (dirigenti, docenti, genitori, personale) imparino a collaborare. Perché, oltre le discipline, si trasmettano i valori della pace e della convivenza tra i popoli.
Mia cara Benita, la cosa singolare è che mentre tutti in questa strana terra sventolano la bandiera della legalità, si metta sotto accusa un dirigente scolastico per aver chiesto di rispettare le leggi dello Stato.