Una sfida storica della destra, che è già cominciata con grandi ambizioni e giganteschi problemi
di Gabriele Bonafede
È arrivato il primo giorno di sfida per Musumeci: la nomina ufficiale a Presidente di una Regione che forse era scesa al punto più basso, finora, nella propria storia autonomista, dal 1947 a oggi. Va via Crocetta. E Musumeci si insedia confermando il discorso fatto all’indomani del risultato elettorale acquisito: recuperare i siciliani nell’orgoglio, nella partecipazione alla vita politica, nel rilanciare la Sicilia con rinnovato ottimismo, così come il voler decidere lui, lontano dalle segreterie di partito… Sarà così?
La sfida del nuovo presidente è molteplice. Difficile e forse anche per questo attraente. Molti sono gli aspetti negativi che potrebbero avere un impatto deleterio per il suo governo e che sicuramente non sarà facile superare.
Problemi storici, giganteschi. Dall’atavica abitudine a tirare a campare nel mezzo di un mondo siciliano sempre più gattopardesco e bloccato alla disoccupazione che resta imperante e infinita. Dalla partenza delle migliori risorse umane alla provincialità più efferata. Dalla diffusa antipatia per le eccellenze, partite o ancora presenti, alla ricerca troppo comune del “posto di stipendio”.
E questo è niente. Ecco le antiche arretratezze: culturali, sociali, infrastrutturali, universitarie, economiche, finanziarie. E chi più ne ha più ne metta. La lista è quasi senza fine, aggravata dalla più grave di tutte, ossia la predisposizione di molti siciliani ad accettare una presenza apparentemente inamovibile: la mafia. Prima e dopo Riina.
E non basta. Già prima d’insediarsi, Musumeci ha dovuto assistere alla triste scoperta dell’“acqua calda”. Acqua calda, rappresentata da candidati eletti ma già indiziati di metodi e attività discutibili. E poi l’altra “acqua calda”: si “scoprono” impresentabili anche tra le fila di coloro i quali tacciavano gli altri d’essere impresentabili.
Però Musumeci ha dalla sua parte un rinnovato rispetto verso il carisma che possiede, persino tra gli avversari, persino con quella storia di mussoliniana memoria. Da tutti è definito galantuomo, all’antica, “fascista” sì ma con aperte vedute, capace di aggregare, convincente. Tanti sono i tratti che potrebbero segnare in positivo un governo di cinque anni pieni con un controllo illuminato e democratico della situazione. Il che non è poco, visto tutto ciò che gira intorno, in Sicilia, in Europa, nel mondo.
Si può supporre, dunque, che Musumeci godrà di una lunga luna di miele. Ciò che negli Stati Uniti viene definita la luna di miele dei “100 giorni”, per presidenti di ben altre responsabilità. E che, nella Sicilia dove dieci giorni di lavoro a Palermo o a Catania corrispondono a quanto si produce in un solo giorno a New York o Los Angeles, possono trasformarsi da 100 in almeno 1000 giorni, cioè circa tre anni.
Musumeci ha teoricamente tre anni di luna di miele per fare qualcosa che rimetta per lo meno in sesto la speranza concreta per una Sicilia che cambi rispetto al passato. Passato obsoleto, lontano, dimenticato, nel quale naviga la Sicilia irredimibile?
Forse. Tanto più che questa è la prima volta che un presidente dichiaratamente e “nettamente” di “destra”, soprattutto nella propria storia politica personale, è presidente della Regione Siciliana, se si eccettua il breve periodo di presidenza del monarchico (passato alla Dc) Benedetto Majorana della Nicchiara, nel lontano 1960-61. Quel governo non fu certo storico, né durò a lungo.
E qui Musumeci, catanese anche lui come il suo antico predecessore, intuisce il momento storico. Proclamando un’altra, storica, sfida: vuole sfatare la nomea della “Sicilia irredimibile”. Niente di più e niente di meno di una sfida plurisecolare, se non millenaria.
È vero che la destra in Italia è vincente con Musumeci in Sicilia, e con la possibilità di riprendere questa alleanza a scala nazionale. Ma è anche vero che è un banco di prova di portata storica e probabilmente senza appello. Quasi un’opportunità unica, che dovrà necessariamente confrontarsi con la storia e quindi con un’ambizione programmatica semplicemente gigantesca a queste latitudini.
Sfatare il mito e i miti, quelli più negativi, della “mitica” Sicilia. Questa è la sfida più importante di Musumeci in Sicilia. La più rischiosa. La più difficile. Il tempo stringe, tre anni passano in fretta e logorano molto. Cinque anni anche di più.
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