di Gabriele Bonafede
Una città, un quartiere, una storia. Tante storie, a partire dalla Kalsa, quel quartiere di Palermo, nel luminoso centro storico, dove nacquero e crebbero Falcone e Borsellino da ragazzini. Da qualche mese, sulla “Cala”, il vecchio porto di Palermo, la famosissima foto di Tony Gentile appare gigantesca: quale murales ben riuscito sopra il severo edificio “neo-realista” dell’Istituto Nautico. Costruito nel 1948 sulle macerie della guerra, e oggi restaurato e adornato dai due eroi di Palermo.
Ma non è tutto rose e fiori, si sa. La Kalsa, e tutto il “Mandamento Tribunali” del quale la Kalsa ne è solo una parte, contiene luci e ombre. Contiene luci e le bellezze di palazzi stupendi, contiene la Via Alloro di gattopardesca memoria, lo Steri, Piazza Marina, Porta Felice, i palazzi Abatellis, Bonagia, Butera, e tanti altri.
Ma contiene anche storie di disperazione e di munnizza, di disoccupazione e di mafia. Restaurato a tratti, a macchia di leopardo, il Mandamento Tribunali e in particolare la Kalsa offrono al visitatore quello strano odore di pesce e di stigghiole assieme, di mare e di rifiuti, di arte e di scomposto degrado allo stesso medesimo tempo e nello stesso medesimo luogo: Palermo antico.
Al maschile, perché troppo spesso di Marte e non di Venere ne sembra l’illegittimo figlio.
Civiltà e inciviltà mischiate in un dedalo di spazi orgogliosi quanto spaventati di se stessi: la piazza Kalsa, la piazza Rivoluzione, le stradine che si dipartono, contese tra pattumi e gioielli d’architettura, dalla via Alloro come da Piazza Sant’Anna, da Piazza Magione come da Piazza Marina o via Roma.
Fino a poche settimane fa, questo pezzo di mare dolce e amaro nel centro storico di Palermo, conteneva almeno quattro teatri: il Ditirammu, esattamente nel cuore della Kalsa, il Teatro Garibaldi poche decine di metri più “a monte”, vicino alla Magione, il Teatro Libero, su Piazza Marina, e il Teatro Atlante, accanto piazza Rivoluzione e la sua statua del “Genio di Palermo”.
A questi, va aggiunto lo spazio del “Nautoscopio”, proprio in riva al mare, a conclusione del teatro naturale che è la stessa Cala. Il Nautoscopio, da qualche anno a questa parte, propone eventi artistici oltre al suo particolarissimo disegno sculturale in movimento (opera di Giuseppe Amato) su uno dei lungomari urbani più belli d’Italia dai tempi di Goethe in poi.
Il Libero festeggia il suo 50mo anniversario con altri successi e un cartellone di grande respiro artistico, fresco di clamore grazie a una stupenda tournée in Argentina. Il Teatro Atlante ha appena lanciato, nel suo piccolo-grande ardore creativo, una nuova e promettente stagione fortemente sperimentale.
Ma da alcune settimane il Teatro Ditirammu ha chiuso. E il Garibaldi, nonostante una bella stagione tra mille difficoltà nel 2016-2017, è adesso adibito a “bar” di “Manfesta 12”. Ovvero la manifestazione culturale internazionale voluta dall’amministrazione Orlando in concomitanza con le celebrazioni per “Palermo capitale italiana della cultura”.
Opzione teoricamente interessante, quella di destinare il Teatro Garibaldi a Manifesta 12. Ma che toglie a Palermo uno dei pochi teatri-nati-teatri, per adibirlo a funzioni non esattamente da teatro. O forse sì, questo lo sapremo quanto prima…
Il Ditirammu, dopo la dolorosa e prematura scomparsa del suo fondatore, Vito Parrinello, ha chiuso i battenti dai primi di ottobre 2017. E finora, a meno di sorprese, non c’è ancora notizia concreta della sua riapertura.
Eppure è stato, e può essere ancora, un vero e proprio miracolo di folklore, pop, sperimentazione, musica, teatro dialettale e impegnato assieme.
Per molti anni, esattamente venti, ha rappresentato un punto d’incontro, una fucina che ha lanciato più di un attore e attrice di grandi qualità, più di una pièce dal grande senso artistico.
Chiuso, adesso. Lasciando un vuoto che non è stato colmato, anzi. Non a caso, Vito Parrinello e il suo Teatro Ditirammu hanno ricevuto, postumo, il X Premio Buttitta. Un riconoscimento celebrato pochi giorni fa, ma purtroppo con il Teatro ancora chiuso, anche se presto dovrebbe riaprire per Natale. E la speranza è che sia riaperto stabilmente alla Kalsa e non altrove.
È proprio la mancanza del Teatro Ditirammu insieme a quella del Teatro Garibaldi che fa scivolare la Kalsa in un segmento di città orfano di fondamentali attività culturali, per lo meno temporaneamente. Un quartiere che al momento propone quasi esclusivamente la solita “movida” notturna fine a se stessa.
Quella movida palermitana che sembra rassegnarsi al vivere di turismo di passaggio, di alcool e incontri tra rappresentanti involontari di una generazione rassegnata al non-vivere, alla non-cultura, al passeggio notturno tra immondizie lastricate di mischi marmi dimenticati.
Falcone e Borsellino sorridono da lassù, felici eppure marmorei, osservando il mare della Cala. Magari sotto un sole che rimane unico al mondo, ma che naviga a vista tuttavia, spesso colto da ombre che non sorridono per nulla.
Immersi. In un quartiere di Palermo che, proprio quando sembrava pronto a un rifiorire accogliendo nuovo presente e nuovo futuro, rischia di trascinarsi all’indietro: verso la via claudicante nel preparar l’avvenire.
In copertina, il murales con Falcone e Borsellino prospicente la Cala a Palermo. Foto di Giusi Andolina