Il patto della crostata, i cannoli di Cuffaro, l’alleanza degli arancini, o meglio, delle arancine, il Governo delle Panelle, la giunta dei cazzilli. In Sicilia avremo il cuoco Cracco Premier?
di Gabriele Bonafede
Il patto della crostata, i cannoli di Cuffaro, l’alleanza degli arancini, o meglio, delle arancine, il Governo delle Panelle, la giunta dei cazzilli. In Sicilia avremo il cuoco Cracco Premier? Con Ninu u Ballerino e Tanu u Vastiddaru quali ideologhi, ahimè non sempre presenti?
Secondo gli ultimi sondaggi proponibili, purtroppo vecchi di due settimane perché troppo spesso utilizzati come arma da campagna elettorale, la Sicilia si avvia a non avere nessuna maggioranza.
Tranne se uno dei contendenti riesca a racimolare almeno il 40% dei voti. Il che, comunque, non assicurerebbe una maggioranza stabile perché all’interno delle coalizioni, soprattutto quella data per vincente, ci si litiga prima ancora di andare a votare. Costringendo qualdirsivoglia vincitore a “lavorare” in una friggitoria di gastronomici esperimenti politici senza fine né scopo.
Abbiamo già detto, qui, il perché e il percome questa sciagurata legge elettorale siciliana non permetta facilmente la formazione di maggioranze stabili. Ma nel gastronomico panorama politico siciliano il punto non è solo questo.
La Sicilia, turrunara e panellara per vocazione, può persino essere terra di facile conquista, ma non è terra di facile gestione. Tantomeno è terra che accetti progresso e risorse umane qualificate. Tutt’altro. Chi vale, chi sa, chi è ben istruito, chi vuol far qualcosa che non siano cannoli e panelle, è cortesemente invitato, con le buone o con le cattive, ad andarsene fuori della Sicilia.
Si ride, amaro, a sentire Berlusconi che dice di voler ridurre a zero le tasse per gli emigrati siciliani che vogliano tornare in Sicilia. E chi vorrebbe tornare in Sicilia solo per questo? Ammesso e non concesso che un ipotetico governo siciliano riesca a superare tutte le insormontabili difficoltà per redigere, approvare e attuare una Legge del genere, ma perché un emigrato siciliano nel meglio della propria produzione lavorativa o professionale, o aziendale, dovrebbe tornare?
La Sicilia è abbandonata dalle sue migliori risorse umane solo per le tasse? Ciò vorrebbe dire che i siciliani che vanno, e riescono, in Paesi europei dove le tasse sono ben maggiori lo farebbero solo perché in Sicilia ci sarebbe un problema di tasse.
Riso, allora. Amaro, benché gastronomico anche questo. In realtà chi parte dalla Sicilia sa che cosa lascia e sa anche che cosa cerca. E non sono minori tasse, almeno non principalmente. È ben altro. Ciò che cerca è un minimo di rispetto per un valore assolutamente sconosciuto dalla classe dirigente siciliana e da gran parte della società siciliana: il valore del lavoro, della competenza, della fatica, sia essa fisica o intellettuale.
E ciò che lascia è la sempiterna presenza di governi delle panelle. E non solo di governi, ma, cosa ben più grave, anche di tutta una classe dirigente e politica, di tutta una società delle panelle. Compresi gli “stellari” nuovi politici d’adozione.
Ciò che i siciliani in partenza lasciano è un mondo dove se sai e fai sei considerato male nella migliore delle ipotesi. Molto malconsiderato sei, se va bene. E sei malevolmente invidiato e combattuto, sempre che ti vada bene. A conti fatti, sei cacciato. Respinto. Obliterato. Dimenticato. Massacrato. A volte ucciso, soprattutto se ti ostini a restare e magari a voler cambiare realmente le cose.
E il solo motivo per il quale la società e la politica siciliana accetterebbe il ritorno di, mettiamo, uno scienziato pluripremiato oppure un manager che ha fatto la fortuna delle sue aziende, è per umiliarlo a produrre panelle. Possibilmente fritte nell’olio più fituso a disposizione in tutta l’Isola.
Ammesso, e non concesso, che un buon numero di siciliani emigrati, di successo, capaci, tornasse e fosse persino accettato dalla classe dirigente e dalla società siciliana, cosa troverebbe? Un ambiente economico, politico, sociale adatto a fare impresa e sviluppo? Infrastrutture e risorse umane adeguate alle sfide dell’oggi e del domani? Patate. Anzi, panelle.
Panelle. Come da miglior specialità siciliana: insieme a granite, cannoli, arancine, arancini, cazzilli o crocché, cassate, caponate, paste con le sarde, sfincioni, fave a cunigghiu, buccellati, sasizza e cavolicello.
PS Ringrazio, per le parole d’ispirazione iniziale, il Politofilo di Maredolce, Giovanni Rosciglione.
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