Alla Gam di Palermo 140 scatti del grande maestro capaci di far sognare attraverso il confronto con la realtà. Allestimento di Denis Curti e Andrea Holzherr per la Magnum
di Gilda Sciortino
Emozioni allo stato puro, congelate e restituite all’occhio di chi anela a perdersi in mondi carichi di umanità. Come quelli che ci racconta da sempre Henri Cartier-Bresson, uno dei più grandi protagonisti della fotografia di ogni tempo, a Palermo da sabato 21 ottobre alla Galleria d’Arte Moderna di Palermo.
In tutto 140 gli scatti proposti da “Henri Cartier-Bresson Fotografo”, mostra promossa dall’assessorato alla Cultura del Comune di Palermo e organizzata da Civita in collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson e Magnum Photos Parigi. Un altro grande appuntamento, precisamente il secondo, con i grandi maestri della fotografia, dopo quello dedicato a Steve McCurry, chiusosi lo scorso febbraio dopo avere fatto incetta di plausi e consensi.
Una selezione curata in origine dall’amico ed editore Robert Delpire e realizzata in collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson, istituzione creata nel 2003 assieme alla moglie Martine Franck e alla figlia Mélanie, il cui scopo è raccogliere le sue opere e dare vita a uno spazio espositivo aperto ad altri artisti. L’allestimento attuale è, invece, curato da Denis Curti e Andrea Holzherr per conto di Magnum.
«Per parlare di Henri Cartier-Bresson – afferma Denis Curti– è bene tenere in vista la sua biografia. La sua esperienza in campo fotografico si fonde totalmente con la sua vita privata. Due episodi la dicono lunga sul personaggio: nel 1946 viene a sapere che il MOMA di New York intende dedicargli una mostra “postuma”, credendolo morto in guerra e, quando si mette in contatto con i curatori, per chiarire la situazione, con immensa ironia dedica oltre un anno alla preparazione dell’esposizione, inaugurata nel 1947. Sempre nello stesso anno fonda – insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour, e William Vandivert – la famosa agenzia Magnum Photos. Insomma, Cartier-Bresson è un fotografo destinato a restare immortale, capace di riscrivere il vocabolario della fotografia moderna e di influenzare intere generazioni di fotografi a venire».
Una mostra, quella che si potrà ammirare sino al 25 febbraio 2018 alla Gam, che darà modo all’attento visitatore – di ritrovare ogni volta qualcosa di diverso, qualcosa di proprio, qualcosa di altro, grazie alla capacità che aveva di cogliere e immortalare ciò che lo stimolava, suscitando sorpresa anche davanti allo scatto più “normale”.
Un’occasione non da poco per immergersi nel mondo di questo grande Maestro, alla scoperta dell’enorme carico di ricchezza insito in ogni sua immagine, testimonianza di un uomo consapevole, dal lucido pensiero, capace di raccontare realtà storiche e sociologiche uniche.
«Per me, la macchina fotografica è come un block notes – affermava lo stesso Cartier-Bresson – , uno strumento a supporto dell’intuito e della spontaneità; il padrone del momento che, in termini visivi, domanda e decide nello stesso tempo. Per “dare un senso” al mondo, bisogna sentirsi coinvolti in ciò che si inquadra nel mirino. Tale atteggiamento richiede concentrazione, disciplina mentale, sensibilità e un senso della geometria. Solo tramite un utilizzo minimale dei mezzi, si può arrivare alla semplicità di espressione».
Differente da tanti altri l’approccio che questo grande artista ha sempre avuto con l’immagine, a cui arriva dopo avere sperimentato molte strade: la pittura e il cinema, solo per fare qualche esempio.
«Sono solo un tipo nervoso e amo la pittura… Per quanto riguarda la fotografia, non ci capisco nulla» precisava, rimanendo fermo nella suo non volere rivedere le proprie inquadrature, perché lo scatto doveva essere giudicato secondo quanto fatto nel qui e ora, nella risposta immediata del soggetto. Molte sono, infatti, le immagini in cui si vedono i dentini del negativo, a dimostrazione del volere riportare quel suo vivere la foto dal suo concepimento alla sua realizzazione. La tecnica rappresentava solo un mezzo che non doveva prevaricare e sconvolgere l’esperienza iniziale, reale momento in cui si decide il significato e la qualità di un’opera.
«Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge. In quell’istante, la cattura dell’immagine si rivela un grande piacere fisico e intellettuale. È riconoscere un fatto nello stesso attimo e in una frazione di secondo, organizzando con rigore le forme percepite visivamente che esprimono questo fatto e lo significano. Fotografare è mettere sulla stessa linea di mira mente, sguardo e cuore».
I suoi scatti colgono la contemporaneità delle cose e della vita. Le sue fotografie testimoniano la nitidezza e la precisione della sua percezione e l’ordine delle forme.
Per Carter-Bresson la composizione deriva da una percezione subitanea e afferrata al volo, priva di qualsiasi analisi; è il riflesso che gli consente di cogliere appieno quel che viene offerto dalle cose esistenti, che non sempre e non da tutti vengono accolte, se non da un occhio disponibile come il suo.
Un’esperienza, dunque, da non lasciarsi sfuggire, da vivere pienamente con tutti i sensi, abbandonandosi al fascino propostoci da un Maestro che ha saputo trasmettere la forza dell’immagine e la sua capacità di potere anche cambiare la percezione del mondo.
La mostra si può visitare dal martedì alla domenica, dalle 9.30 alle 18.30, ma il venerdì chiude alle 22.30.
In copertina, la mostra Cartier-Bresson Fotografo alla GAM di Palermo. Foto di Fabio Artusi.