Un viaggio nell’universo visivo di un’artista che ha ridefinito il linguaggio dell’immagine, affermando il piacere di replicarla all’infinito grazie alla trasformazione dei soli suoi contenuti. Sino al 7 gennaio nella sede della Fondazione Sant’Elia a Palermo
di Gilda Sciortino
“La pop art è un modo si amare le cose“. In questa affermazione, Andy Warhol esprimeva tutta la sua voglia di documentare in che modo si muove l’universo visivo che noi definiamo la “società dell’immagine” odierna.
Considerato uno dei più grandi geni artistici del suo secolo, per Warhol l’arte va consumata…come ogni opera commerciale. E va replicata all’infinito, mutando i contorni ma non i temi, accendendo e spegnendo i colori. Per uno dei più importanti esponenti della Pop Art come lui, poi, ogni icona va masticata, ingoiata, copiata e rigettata, in maniera tale da svuotarla da ogni significato.
Concetti che passano attraverso le opere, il meglio di quell’arte che prende spunto dal cinema, dai fumetti, dalla pubblicità, in mostra dal 19 ottobre al 7 gennaio a Palazzo Sant’Elia, sede dell’omonima Fondazione, in via Maqueda 81, a Palermo. Ecco, quindi, The Flowers, Mao, Marilyn Monroe, Mick Jagger, Liza Minnelli: soggetti. E basta. Con un impatto talmente forte e autentico, da divenire esempi di comunicazione.
“Andy Warhol. L’Arte di essere famosi” è il titolo di questa speciale mostra, nella quale sono presenti 166 differenti soggetti, tra opere uniche, multipli ed oggetti d’arte, della Rosini Gutman Collection, che abbracciano gran parte dell’intero percorso artistico e iconografico dell’artista, dal 1957 al 1987, anno della sua improvvisa morte. Una raccolta antologica delle “icone” più conosciute: dal Gold Book, realizzato da Warhol in occasione di una delle sue prime personali di successo alla Bodley Gallery di New York, nei primi anni Cinquanta alle “ricette” di Suzie Farkfurt, Wild Raspberries, libro realizzato “a mano” con l’aiuto della madre Giulia Warhola, scimmiottando i libri di cucina francese tanto di moda in quel periodo; dal mito di Marilyn Monroe al fascino di Liz Taylor; dalle storiche bottiglie di Coca Cola alle leggendarie lattine di zuppa Campbell’s; e ancora, Flowers, Mao, Mick Jagger, Liza Minnelli, Joseph Beuys e Ladies and Gentlemen.
Dalla Rosini Gutman Andy Warhol Collection ci giungono anche alcune opere inedite, come gli Space Fruits, di cui Warhol stesso descrive la realizzazione nei suoi diari, a dieci anni dall’attentato subito – il 3 giugno 1968, la femminista e frequentatrice della “Factory”, Valerie Solanas, sparò a Warhol e al suo compagno di allora, Mario Amaya, che sopravvissero, nonostante le gravi ferite riportate. Da quel momento l’artista apparve sempre meno in pubblico – e una serie di Dollars Bills di varie misure; Fish, Candy Box, Drag Queen, Kiku, Dress e Campbell Box, oltre a cover discografiche, numeri di Interview (la rivista fondata da Warhol a New York), e altri oggetti divenuti opere d’arte dopo essere passati dalle sue mani.
La serialità, la precisione della tecnica serigrafica, il concetto stesso di copia e riutilizzo, sono componenti fondamentali per comprendere il percorso di un artista diverso, innovativo, all’avanguardia per anni in cui era ancora in nuce la Pop Art, che di lì a poco si diffonderà anche in Europa.
Da non lasciarsi sfuggire, all’interno della stessa mostra, pure le immagini di alcuni documenti personali di Andy Warhol: dal passaporto a una delle sue prime pagelle, il foglio di ricovero ospedaliero dopo l’attentato, alcuni strumenti di lavoro e diversi preziosi libri, come l’“Index Book”, firmati dallo stesso Warhol.
In una sala che fa parte del percorso espositivo, poi, verranno proiettati film documentari e video d’arte sull’artista e sulla Factory. Allestito pure un bookshop, che diventa, a sua volta, spazio d’arte. Aperto alle scuole, infine, un laboratorio di grafica per i più piccoli.
La mostra, nel corso degli ultimi dieci anni, ha toccato Montecarlo, Lugano, Andorra, Barcellona, Spoleto, Trieste, Cordoba, Palma de Maiorca, Pescara, Taipei e Kaohsiung nella Repubblica di Taiwan, San Marino, Ascoli Piceno, Aosta, Bologna, Dusseldorf. Proprio per questa sua contaminazione con numerose realtà e culture, l’allestimento si è andato perfezionando a ogni nuova tappa.
Ha dato pure modo alla Rosini Gutman Foundation di far conoscere Andy Warhol da una prospettiva diversa rispetto ad altre grandi collezioni, focalizzando l’attenzione su opere che rappresentano la parte più intima (per affinità), e più vicina (per estetica), alle sue radici europee, sia dal punto di vista intellettuale sia da quello artistico. Un passo in avanti verso l’inquadramento storico e concettuale della Pop Art in Europa e in Italia, dove si salda con forza su spinte già anticipate dal Futurismo.
A collaborare alla realizzazione di questo imponente lavoro sono stati alcuni allievi del Liceo Artistico “Eustachio Catalano”, guidati dai tutor Maria Luisa Scozzola, Lucia Corsaro, Giacomo Badami e Guido La Porta. Quattro le classi coinvolte nelle visite guidate: tra queste, due dei corsi di design sono state impegnate alo stesso modo nell’allestimento.
La mostra si può visitare dal martedì al venerdì , ore 9.30 – 18,30, il sabato e la domenica dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19 (dalle 10 alle 19 negli ultimi due weekend di ottobre de “Le Vie dei Tesori”). Chiusa il lunedì.