di Gabriele Bonafede
La partita di ieri a Foggia ha in qualche modo sintetizzato la natura bifronte del Palermo calcio. E soprattutto del Palermo di questi ultimi tempi e in tutti o quasi gli aspetti. Palermo che sembra Giano Bifronte nel gioco, come nella gestione, nella presidenza, nel tifo, persino nella propria storia. Palermo Bifronte: gioia e dolori per una vita di passione.
Giano Bifronte era il dio arcaico dei latini, antichissimo, che proteggeva le porte delle case e delle città. Considerato creatore della Natura era considerato capace di guardare al passato e al futuro, anche per questo era sulla soglia. Ed era rappresentato da una doppia testa che guardava ai lati opposti, come una divinità bicefala.
Bifronte anche il Palermo calcio ieri a Foggia, con un primo tempo negativo e un secondo tempo in grande spolvero. È successo anche con l’Empoli, solo con i due tempi ribaltati. È successo, purtroppo tante volte.
Ci sono stati anche campionati interi dove il Palermo era bifronte in casa e in trasferta. Schiacciasassi al Barbera (o all’antica Favorita), inguardabile in trasferta, chi non ricorda l’annata di Ballardini che le vinse tutte o quasi davanti ai propri tifosi per poi perdere troppo lontano da casa? Non fu il solo campionato ad andare così.
Bifronte anche la gestione e la presidenza Zamparini, con i primi anni di gloria (dal 2002 al 2011) e la seconda parte di polvere o quasi (dal 2012 al 2017), per lo meno nel rapporto con i tifosi. Bifronte, ma senza offesa, anche l’atteggiamento della tifoseria. Che ama comunque i colori, ma non può non contestare gli ultimi anni di delusioni. Così, Barbera pienissimo nella prima parte dell’era Zamparini e oggi diserzione totale, persino organizzata. Un presidente che era delizia, ed oggi è considerato solamente una rovina.
D’altronde, il Palermo nasce Bifronte anche negli stessi colori. Come è ormai noto a tutti, il rosa e il nero furono scelti poco più di un secolo fa per rappresentare la vittoria, il rosa, e la sconfitta, il nero. Due opposte sensazioni che, messi da parte i pareggi, sono inevitabili nello sport. E soprattutto a Palermo, essa stessa città Bifronte, con grandi bellezze e tesori d’arte stupendi accanto a immondizia e difficoltà di ogni genere.
Giano Bifronte è stato spesso associato al doppio, e poco gradito, atteggiamento. Ma, attenzione, questa è una distorsione. In realtà era un dio venerato proprio perché benevolo e protettore. E forse è così anche nella grande casa rosanero, dove ci si lamenta, ci si dispera, ma si tifa tutti per il rosanero. Per lo meno finché non è diventata, come sostengono in molti, la “Zamparinese” e non più la squadra della città.
Inoltre, in qualche modo, si trattava di un dio praticamente quasi umano. Nel senso che l’umanità è comunque attraversata da gioie e dolori: come la vita. E come lo sport, se sport è.
Dunque, Palermo Bifronte nel senso sportivo (e positivo) del termine, senza offesa per nessuno. Anzi. Accettare la propria natura umana, anche se ci si riferisce a un dio, è qualcosa di nobile. Che purtroppo manca spesso nel calcio (e nel mondo) di oggi, dove ogni tifoseria vorrebbe fare la manita al Real Madrid ad ogni partita e vincere tutti i campionati possibili e immaginabili da qui all’eternità.
Forse per questo c’è un grande amore dei palermitani per i colori “bifronti” del Palermo. Per quel rosa e nero che ben rappresentano un’intera città e una umanità, nell’orgoglio dei propri errori e dei propri successi. Non a caso, anche quando giocava in serie C, il Palermo aveva grande seguito, più di quello di oggi. Palermo come Giano Bifronte capace di guardare al passato e al futuro?
Sarebbe bello, però, colorare il futuro, se non tutto, con una maggiore preponderanza di rosa. Ce la faranno i nostri eroi? Al campionato, questo e i successivi, l’ardua sentenza.
In copertina, statua di Giano Bifronte in Vaticano scandalosamente taroccata in dominante rosa e con uno scudetto del Palermo appiccicato alla base senza alcuna remora. Si raccomanda di non ripetere il gesto, sia pure virtuale.
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