di Gabriele Bonafede
Nel libro dell’Esondazione si racconta delle catastrofi inflitte a Roma all’epoca dell’impero di Raggi, a causa delle piaghe scatenate senza speranza alcuna. Uno degli episodi più importanti di questo mitico libro del quale solo oggi si riscopre traccia, è proprio l’invio delle dieci piaghe. Ovvero, le punizioni grilline, contro il popolo di Roma.
Ecco le piaghe:
Uno, Tramutazione delle bufale in verità. Due, Invasione di topi dalle fogne. Tre, Invasione di grilli e immondizia. Quattro, Invasione degli assessori. Cinque, Moria delle speranze. Sei, Ulcere di razzismo e odio su esseri umani. Sette, Pioggia e alluvione. Otto, Invasione delle cavallette. Nove, Tenebre. Dieci, Seconda caduta di Roma.
Gli scopi delle dieci piaghe sono due: convincere i romani a lasciar perdere il voto ai cinque stelle e dimostrare che la presenza della Raggi in Campidoglio è nefasta.
Siamo arrivati alla piaga numero sette, e ancora i romani non hanno cacciato la Raggi. La prossima piaga dovrebbe essere dunque l’invasione delle cavallette, seguita dalle tenebre e infine dalla seconda caduta di Roma, essendo la prima già avvenuta nel 476 d. C.
L’unica possibilità per evitare le ultime tre piaghe sembrerebbe quella di costringere la Raggi a dimettersi.
Ma è la stessa imperatrice a voler mischiare le carte con discorsi sibillini. “Colpa del riscaldamento globale”, si sarebbe difesa, leggendo le virtuali pergamene firmate in rete. Come riscaldamento globale intende le piaghe? Qualcosa che è ineluttabile e proviene dall’altro da sé?
E dunque non vuole andar via, mantenendo il suo Trono di Raggi. Il riscaldamento del pianeta provocherebbe le piaghe, non certo la gestione dell’immondizia o la mancata pulizia di rifiuti e tombini. Gli errori sarebbero stati fatti nelle ere precedenti, da imperatori passati.
Le piaghe sarebbero mandate da un essere superiore, o da madre-natura, in un tempo secolare ridotto a pochi mesi, senza responsabilità alcuna da parte dell’entità superiore grillitica.
Nemmeno Alarico (410 d. C.) e Genserico (455 d. C.) avevano osato tanto. Ma tant’è. E la seconda caduta di Roma si avvicina inesorabile, fatidica, definitiva. Mentre le antiche profezie si avverano puntuali, seguendo il latino oracolo della logica.
Intanto le sirene sarebbero state viste nuotare nelle acque romane esondate in città. Provengono dai rigurgiti di mitiche cloache a immemore storia? Forse. Già il Nilo invade le strade bagnando le piramidi.
Ma nulla scuote i romani, o per lo meno non tutti. Ci manca solo Attila, e siamo al completo. Oppure Nerone, per contrastare l’acqua col fuoco.
Ah, se Cleopatra avesse avuto orecchie più corte! Forse Roma sarebbe cambiata.
In copertina, una nota immagine twittata e ri-twittata a giammai nel Libro dell’Esondazione: a Roma c’avemo tutto, pure er Nilo.