di Benita Licata
Anche in Sicilia sta per suonare la campanella del primo giorno di scuola. Ma per chi?
Non la sente il bambino i cui particolari genitori sono contrari alle vaccinazioni. Le vaccinazioni sono ora obbligatorie per Legge ed è giusto non mettere a repentaglio la salute di qualcuno, soprattutto se giovane e con poche risorse immunitarie, specialmente in un luogo affollato e promiscuo come la scuola.
Non la sente il bambino che dovrebbe frequentare l’asilo nido i cui genitori hanno cercato tutta l’estate un’iscrizione in una scuola pubblica, non l’anno trovata e non sono in condizioni di pagarsi un asilo nido privato.
La competenza sugli asili nido è dei Comuni. E il gap tra nord e sud è notevole. La legge-delega inserita nella Legge 107 (la Buona Scuola) cercherà di dare delle risposte concrete a questo problema ma è troppo presto per vederne i risultati.
La campanella non la sente il bambino/ragazzo diversamente abile che non riesce ad andare in una scuola vicina dove le barriere architettoniche, la mancanza di ascensore e, spesso, la mancanza di trasporti, rendono la sua frequenza scolastica improbabile. E dove spesso dovrà attendere che per la sua classe arrivi un insegnante specializzato. Così la “sua scuola” inizierà inevitabilmente in ritardo.
Le Legge 104/92 riconosce e tutela la partecipazione alla vita sociale delle persone con disabilità, in particolare nei luoghi per essa fondamentali e prima di tutto la scuola.
Si è fatto tanto ma siamo ancora lontani da una reale integrazione e presa in carico del problema, soprattutto man mano che il bambino diventa adulto. Gli insegnanti specializzati non sono sufficienti e la burocrazia e le lentezze di inizio anno scolastico rendono la loro vita di allievi diversamente abili veramente difficile.
Non la sente il ragazzo cresciuto in fretta che, nella migliore delle ipotesi, va con suo padre a vendere roba varia al mercatino, quando non ha imparato ad andare al mercatino per rubare.
Non la sente la ragazza nata in una famiglia povera, in un quartiere degradato, dove non sempre arriva la cultura dell’uso degli anticoncezionali e che, in età scolare, si trova a badare ad un buon numero di fratelli piccoli.
Secondo i dati Istat, oggi, più di 1,1 milioni di minori, di cui 450.000 al Sud, vivono in povertà assoluta. Una condizione che tra il 2005 e il 2015 ha visto triplicare la sua incidenza sulle famiglie con almeno un minore, passando dal 2,8% al 9,3%.
Le condizioni di povertà più assoluta si riscontrano nel Meridione (più di una famiglia su dieci). Sempre al Sud, un bambino su cinque non dispone di spazi adeguati per fare i compiti a casa e non può permettersi di praticare sport o corsi vari a pagamento.
In Sicilia e in Sardegna si rilevano i dati più alti di dispersione scolastica (24,3 % e 22,9%)
La Sicilia è l’unica regione di Italia che non ha una Legge sul diritto allo studio. Legge che dovrebbe razionalizzare tutto il sistema con particolare attenzione alle fasce più deboli.
Non sanno dove suonerà la loro campanella gli stranieri e gli adulti iscritti al CPIA (Centro Per l’Istruzione degli Adulti) di Palermo perché dalla sua istituzione, tre anni fa, questo centro, composto da tanti punti di erogazione del servizio scolastico, non ha una sede, nel silenzio del Comune che dovrebbe farsene carico.
La sentiranno i docenti immessi in ruolo con la legge 107 /2015. Ma molti di loro, provenienti dal Sud Italia, la sentiranno lontano da casa, nelle scuole del Nord.
Eppure, in Sicilia avrebbero tutti trovato il posto. Sarebbe bastato lavorare ad una seria programmazione, potenziando il tempo-scuola, attivando laboratori, incentivando le richieste di tempo pieno e tempo prolungato. Proprio quel modo di fare scuola che aiuta la lotta alla dispersione così alta al Sud.
La domanda di tempo pieno in Sicilia è molto bassa. Alcuni dicono che la causa è la mentalità dei genitori che dovrebbe cambiare. Potrebbe darsi, come è dimostrato da certi esempi eccellenti, che la domanda arriverebbe se la offerta fosse allettante, mirata e, soprattutto, socializzata a dovere?
La campanella, la sentiranno i tanti operatori scolastici che continuano ad andare a scuola con passione dedizione e competenza, cercando di affrontare ogni giorno un lavoro importante per il futuro delle nuove generazioni. E che meriterebbero un riconoscimento economico migliore. Magari non sarebbe la panacea per tutti i mali elencati ma renderebbe per lo meno più allegro, giusto ed efficiente il suono della campanella.