di Giovanni Rosciglione
L’inserto palermitano de La Repubblica di un paio di giorni fa aveva un paginone che, con riferimento all’amministrazione comunale, aveva questo titolo: “Dai rifiuti all’asilo nido le 10 emergenze dimenticate dalla nuova giunta”.
Il lungo report di Claudia Brunetto e Francesco Patanè illustrava, con esaurienti riassunti, le dieci emergenze: 1) Città sporca; 2) L’odissea del parco Cassarà; 3) Asili nido; 4) Cantieri a rischio; 5) Telecamere nella ztl; 6) Isole pedonali; 7) Emergenza casa; 8) Servizi ai disabili; 9) Spazi culturali 10) Evasione dei tributi.
L’iniziativa del giornale è in sé lodevole e l’articolo ben fatto. Ma, a mio parere, involontariamente provoca uno spaesamento del cittadino e, in particolare, di chi segue la storia dell’amministrazione della nostra città.
Bene La Repubblica di Palermo, ripeto. Se non altro perché nel silenzio tombale dell’intera Giunta e, con trascurabili eccezioni, di tutto il Consiglio Comunale appena eletto, il giornale La Repubblica (che, per bocca del suo fondatore si qualifica come un partito) perlomeno lancia una voce di “opposizione” e di pungolo programmatico.
Ma lo spaesamento provocato dall’iniziativa sta nel fatto storico che il Regno di Orlando, nei suoi più di trent’anni – interrotti solo da un decennio di una strana figura di un usurpatore scelto dall’usurpato (per questo vedi l’articolo del giornalista de La Repubblica Sebastiano Messina nel 2001) – di programmi non realizzati e di iniziative non prese, ha fatto il pieno.
Tolte le prime giunte prima della legge elettorale maggioritaria e 3/4 della prima Giunta con l’elezione diretta, il nostro Sindaco ha usato la sua popolarità favorevole e gli strumenti della carica per aspirare a incarichi più prestigiosi e con una platea più vasta (Presidente Regione, Deputato Nazionale, Presidente di Commissione Camerale e via ricordando).
La macchina amministrativa di Palermo è andata decadendo via via sino all’attuale paralisi, che non copre i soli 70 giorni di cui all’articolo, ma anni e anni di incuria e di illegalità.
Sì, di illegalità. I dati finanziari e storici dell’evasione o elusione di tutti i tributi comunali è cronica, come è cronica l’ideologia populista della passiva tolleranza (praticata dalla storica presenza di esponenti della sinistra estrema nelle sue Giunte) nei confronti della parte medio borghese e popolare dei palermitani che, raggiungendo più del 50% dei residenti, porta a tre conseguenze sciagurate: a) un buco vertiginoso nelle finanze comunali che ammonta a centinaia di milioni di euro; b) a un’ingiustizia palese, perché chi paga le tasse, subisce la beffa di pagare le tariffe più alte in cambio dei servizi peggiori d’Italia; c) sei decimi del territorio della città – quartieri, circoscrizioni, borgate – che vivono nella tollerata illegalità: assenza di controllo pubblico sull’occupazione degli spazi e sulle merci, sulla liceità dell’economia commerciale, sul silenzio relativo al fiorire di attività illecite, su regole del traffico inesistenti, parcheggi, scivoli e così via.
Non è solo lo Zen, comoda metafora per esuberanti politici che praticano il rito della pietà riparatrice. Ma – ripeto – almeno sei decimi di tutta l’area Metropolitana di Palermo. Aggiungo sommessamente che tutti sanno che l’illegalità è il più fertile brodo di cultura della Mafia.
Questo, l’articolo di Repubblica lo salta a piè pari.
E, nei settanta giorni dopo l’elezione di Orlando neo viceré di Maqueda, ottenuta con il consenso del 26% degli elettori palermitani, cosa fa il Sindaco? Presenza a favore di microfoni e telecamere in tutte le iniziative pubbliche (Festino, Premiazioni, anniversari di martiri della Mafia e di Santi potenti) e poi ha deciso di fondare un partito regionale (Partito dei Territori) e, autoproclamatosi leader, è occupato h/24 nella scelta prima e nella compagna elettorale poi del candidato di Sinistra alla elezioni regionali. E tutto nel mansueto assenso di tutta la politica siciliana (PD compreso).
Il nostro Sindaco è forse l’unico al mondo che ha realizzato, oltre a un suo regno, una sorta di Entelechia della realtà nel suo essere politico – un principio organico individuale avente in sé l’idea della realtà perfetta – che è riuscito a imporre nella percezione sociale della sua funzione.
Il cittadino vive di tram, feste, e gastronomia: non saranno le tre effe, ma ci siamo vicini. E tutto nella sporcizia e nei disservizi di una delle città più abbandonate d’Italia, che oggi fa a gara con Roma.
Basta così. Ora vi saluto e torno al mio campo da zappare.
In copertina, una statua della fontana di Piazza Pretoria accanto alla sede del Comune di Palermo. Foto di Gabriele Bonafede