di Gabriele Bonafede
Fabrizio Micari è il candidato del centrosinistra per le elezioni regionali in Sicilia. Ma non è molto conosciuto dagli elettori. Chi lo conosce di nome, secondo un sondaggio di Demopolis il 25% degli elettori, probabilmente sa solo che è il rettore dell’Università di Palermo.
Micari non solo non ha mai fatto politica, ma è raramente intervenuto in politica, anche da tecnico. La sua credibilità, i suoi “asset” “politici”, se così possiamo chiamarli, riguardano quasi esclusivamente il lavoro quale docente e, soprattutto, quale rettore. Asset di tipo “tecnico”, dunque, che lo presentano all’elettorato quale è: un tecnico prestato alla politica, tanto è vero che si è appena messo in aspettativa dal ruolo di rettore.
Di politici di professione una buona parte dell’elettorato ne ha piene le tasche, cercando volti nuovi. Su questo piano ha buone carte da giocare per essere eletto, cercando di risalire nei primi sondaggi. Che lo vedono staccato di oltre 10 punti percentuali dai due candidati politici di professione, Musumeci (centrodestra) e Camcelleri (Cinque Stelle), molto più conosciuti dai siciliani (nell’immagine più in basso).
Va innanzitutto detto ciò che di buono Fabrizio Micari ha realizzato per l’università di Palermo. Una università che, nonostante si trovi in un’isola che non rappresenta l’avanguardia in molti settori, si è piazzata molto bene nella valutazione del Censis di quest’anno (immagine in basso a destra).
Così, Fabrizio Micari, ha comunicato qualche settimana fa, sui social network, il successo:
“UniPa è la prima Università del Sud Italia nella classifica Censis 2017/2018 dei mega Atenei Statali in cui si colloca al sesto posto. Con il punteggio generale di 85,6 guadagna un punto rispetto allo scorso anno. In particolare si colloca al primo posto per la comunicazione e i servizi digitali, al secondo per le strutture e segna un’importante crescita, fino al quarto posto, per gli investimenti sul sostegno allo studio.”
Se si guardano i particolari della valutazione, si può facilmente osservare che il punteggio meno alto è nell’internazionalizzazione. Eppure, è proprio questo dato che sorprende in positivo. Tutti sappiamo della difficoltà a internazionalizzare la Sicilia in generale, e soprattutto in un’università meridionale che verosimilmente stenta a far trovare sbocchi con un dialogo concreto all’esterno. Quel punteggio è praticamente un successo, visto il contesto.
Ma chi è Fabrizio Micari più da vicino? Probabilmente in molti se lo chiedono, soprattutto noi siciliani chiamati a votare. E che, al di là delle proprie convinzioni politiche, con il voto vorremmo cercare soprattutto un futuro presidente che abbia le qualità per affrontare una situazione atavicamente difficile. In quasi tutti i campi: dall’economia all’ambiente, dalla sanità alle infrastrutture, dalle condizioni sociali e del lavoro al rapporto con le ondate di immigrati, dal rilancio di cultura e turismo alla lotta alla criminalità, dalla formazione alla vivibilità. E tanto altro.
Dalle note biografiche di Fabrizio Micari pubblicate nel sito dell’Università di Palermo si evince una carriera nell’ambito strettamente tecnico. Per giunta non in settori come le scienze politiche, il diritto o l’economia, ma in settori eminentemente tecnici e gestionali. Dal 2008 al 2010 è stato Direttore del Dipartimento di Tecnologia Meccanica, Produzione ed Ingegneria Gestionale dell’Università di Palermo. Preside della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Palermo dal 2010 al 2013 e Presidente della Scuola Politecnica dal primo gennaio 2014. Dal primo novembre 2015 è Rettore dell’Università degli Studi di Palermo. La scadenza mandato da Rettore è il 31 ottobre 2021.
Scarne note, ma che dicono molto. Dunque è rettore da quasi due anni. Due anni nei quali l’università di Palermo ha fatto qualche passo avanti, come si evince dalla valutazione del Censis. Ma due anni di gestione sono anche pochi, sia pure con precedenti incarichi accademici che presuppongono una capacità di gestione delle risorse umane e materiali a scala meno grande.
Va considerato, a favore di Fabrizio Micari, che l’Università di Palermo è una delle più grandi organizzazioni presenti in Sicilia. Ospita qualcosa come 40mila studenti circa. Insieme al corpo docenti e la forza lavoro dell’amministrazione, si tratta di una macchina che gestisce un numero di persone paragonabile con quello dell’amministrazione della Regione Siciliana. Con la differenza che, essendo una università, ha a che fare con un mondo che necessariamente deve avere al suo interno risorse umane qualificate, sia nell’offerta (corpo docenti e amministrazione) che nella domanda (gli studenti).
Alla Regione Siciliana ci sono sicuramente molte risorse qualificate, ma obiettivamente siamo su un piano diverso. Va però evidenziato che, in qualche modo, una buona amministrazione dell’Università, e per giunta proprio quella di Palermo, fornisce in sé un certificato di buona amministrazione. Traslabile, per lo meno fino a un certo punto, a quello della Regione Siciliana.
Ovviamente è facile obiettare che gestire l’Università di Palermo è una cosa, gestire la Regione Siciliana e dunque la politica, è un’altra. Obiezione più che, più che accettabile, è doverosa. C’è da dire, però, che l’Università di Palermo rappresenta, che lo si voglia o no (e nel bene e nel male), una vera e propria fucina della politica locale, se non siciliana per lo meno palermitana. Che sia giusto o meno è motivo di dibattito. Ma è un fatto.
Rimane un aspetto fondamentale. Ed è quello delle qualità che deve avere un politico per farsi votare. Qui siamo con una pagina bianca. Come detto, Fabrizio Micari non avrebbe che di rado espresso posizioni pubblicamente, anche perché non aveva motivo di farlo, anzi. Questo è un vantaggio o uno svantaggio per raccogliere voti? Di solito è uno svantaggio, ma nel particolare panorama politico siciliano potrebbe essere un vantaggio. Sia pure nel mondo politico di oggi, punteggiato dai successi di urlatori da social e da tastiera.
Ma non è la sola qualità che deve avere un politico per raccogliere voti. Ancora oggi, sia pure con una forte presenza del web, un politico deve avere buone capacità oratorie. Deve infondere fiducia in un progetto. Che in Sicilia appare sempre più come un progetto di rilancio dove trascinare, quasi a forza, un elettorato ormai atavicamente passivo e prono da decenni al clientelismo più esasperato.
Se non altro sul piano delle capacità oratorie, di fatto, Crocetta vinse le elezioni del 2012. Non a caso con una formazione politica che sintetizzava la sua capacità – almeno una la doveva avere per vincere – di oratore: Il Megafono. Crocetta ha trascinato, che lo si ammetta o no, una buona parte di folle verso una supposta “rivoluzione romantica” fortemente siciliana in un momento particolare nella storia dell’Isola. I suoi risultati, probabilmente, sono stati deludenti quanto più convincente era stato l’appeal a ogni suo comizio creato – e creante – il personaggio: quasi dal nulla.
Avrà Fabrizio Micari una capacità d’attrazione popolare simile a quella di un Crocetta o di un Orlando? Alla domanda si potrà rispondere nelle prossime settimane di una campagna elettorale che si annuncia comunque feroce e urlata.
Non stupirebbe se Fabrizio Micari abbia iniziato ad allenarsi. Sicuramente è al lavoro per formare una squadra di sostegno alla sua campagna elettorale particolarmente attiva. Il tempo stringe, il ritardo nei sondaggi è enorme. Ma, proprio perché ancora poco conosciuto, colmabile.
Foto di Fabrizio Micari che stringe la mano al Presidente Sergio Mattarella tratta dal sito facebook del rettore dell’Università di Palermo.