di Gabriele Bonafede
A sentire quanti assessori ha cambiato la Raggi a Roma in poco più di un anno, viene in mente il Festino di Santa Rosalia a Palermo. Quando noi palermitani, tra una fetta di mulune (anguria) e l’altra, ingurgitiamo una quantità X, di solito calcolabile in decine o centinaia di unità, di babbaluci.
I babbaluci, sono le piccole lumache cucinate con aglio soffritto, prezzemolo sale e pepe, e mangiate praticando un foro nella conchiglietta per succhiarle, o “sucarle”, come si dice a Palermo. Ormai gli assessori della giunta-Raggi stanno diventando più numerosi della quantità media sucata dal palermitano doc nella serata finale del Festino, guardando fuochi d’artificio a go-go e altre amenità.
D’altronde, in Sicilia si dice “ziti a vasari e babbaluci a sucari nun ponnu mai saziari”, ovvero “baci e babbaluci non saziano mai”.
È dunque per particolare solidarietà con i romani che a Palermo si paragona già la Raggi a Zamparini. Ha cambiato più assessori la Raggi o più allenatori Zamparini? Il quesito sembrava irrisolvibile, un poco come quello su chi sia nato prima, l’uovo o la gallina.
Ma è ormai risolto. È la Raggi che la vince e di gran lunga su Zamparini, perché a forza di cambiare assessori come si sucano i babbaluci per il Festino, si è perso il conto. Anche perché, pare abbiano le corna sì, ma come quelle dei babbaluci: mollicchie, non dure. Per far capire a chi non è palermitano, le “corna dure” sono un apprezzamento: corna-dure è una persona tosta, difficile da contrastare, e quindi difficile da spostare dal suo posto.
Alcuni assessori non sanno nemmeno che, mentre erano al posto di comando, erano cucinati con tanto di condimento e profumino irresistibile.
La “mangiata” dei babbaluci, è d’uopo, presuppone lo scruscio (il rumore) ritmico della sucata nella serata afosa del Festino. Anche a Roma lo scruscio c’è, eccome. A ogni cambio di assessore tutti i giornali ne parlano, anche perché senza scruscio non c’è piacere a mangiare babbaluci.
“Viri chi danno ca fannu i babbaluci ca cu li corna ammuttanu i balati, si unn’era lestu a dàrici na vuci? Viri chi dannu ca fannu i babbaluci” (Vedi che danno fanno le lumache, che con le corna spingono le rocce, non era il caso di rimproverarle?). È il ritornello di una canzone popolare siciliana, e anche un proverbio simile all’italiano “l’acqua cheta rompe i ponti”.
Nell’afosa quiete romana di questa estate 2017, l’acqua diminuisce sempre più. Sembra calma, ma nel frattempo pare faccia crollare la città nella rovina e nell’incuria.
Intanto, gli assessori a Roma sono come i babbaluci che si mangiano per il Festino: a quintalate, a camionate, a tempesta. Favoloso.