di Gabriele Bonafede
A Palermo nasce Amunì, una nuova compagnia teatrale composta da migranti che si sono stabiliti in quel crocevia di culture che è la Conca d’Oro. Autore del progetto, insieme all’Associazione Babel Crew, è il regista Giuseppe Provinzano, che con la sua idea di chiamare a raccolta attori, performer o aspiranti tali che condividessero, in modi diversi, l’esperienza di migrante, ha vinto il bando MigrArti 2017 promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.
Decisamente multietnica, la compagnia si avvale dieci giovani attrici e attori, provenienti dal Mali, dalla Nigeria, dal Marocco, dalla Tunisia, dall’Iraq e dall’Italia, professionisti e non: Marta Bevilacqua, Meniar Bouatia, Molka Bouatia, Bandiougou Diawara, Rossella Guarneri, Fabio Irrera, Yousif Latif Jaralla, Hajar Lahmam, Bright Onyeuse, Andrea Sapienza.
Creata e diretta da Giuseppe Provinzano, Amunì è già stata in scena, al Nuovo Teatro Montevergini di Palermo, per tre serate, il 26, 27 e 28 Luglio 2017, con un adattamento della famosa pièce di Jean-Paul Sartre, La putain respectueuse.
Con questa prima esperienza sul palcoscenico, Amunì ha già “fondato” un approccio chiaro e intellegibile: la trasposizione e rilettura di momenti fondamentali nella storia e nel teatro del XX secolo, ma non solo, in un luogo e uno spazio che possano descrivere la follia del razzismo del XXI secolo.
Per essere più precisi, con il primo spettacolo di Amunì, si percepisce l’abisso della società dittatoriale e razzista nel quale sta precipitando il mondo di oggi, nonostante gli avvertimenti del passato.
Il luogo è Palermo, ma lo spazio è tutta l’Europa. Al comando di una città dove arrivano i migranti c’è infatti una “sindachessa” che si chiama Marine. Se Sartre aveva scritto La Putain respectueuse nel 1946 collocandola nel mezzogiorno degli Stati Uniti in pieno odio razzista, la versione di Amunì è collocata nel nuovo “mezzogiorno politico” d’Europa che può essere la Francia lepenista come l’est ex-comunista e profondamente intollerante. Un “mezzogiorno dell’arretratezza” e del razzismo a 360 gradi, dunque, e ubiquo.
E che anzi, nel Mezzogiorno “classico”, quello del Sud e Isole d’Italia, trova un momento di riflessione che forse non è ancora approdato, non è ancora “migrato” nel mezzogiorno della “civile” Europa a latitudini più settentrionali. L’accoglienza, appunto, la cooperazione nella diversità, pur in un contesto di difficoltà sociale ed economica più marcato.
Su questo piano, la pièce di Sartre diventa profetica. Molti non sanno che nel 1945-1946, quando Sartre scrisse questa pièce, il mondo era al picco di dislocazioni di intere popolazioni: migranti delle guerre, deportati, fuggitivi in tutta l’Europa, soprattutto da e nel cuore dell’Europa continentale. Fu il risultato di una tragedia planetaria quale fu la seconda guerra mondiale, scatenata per “difendere la razza ariana” e terminata tra genocidi, lutti e macerie, come tra bibliche migrazioni forzate di decine milioni di persone. Una nemesi del rimescolamento di popolazioni scaturita dalla follia di chi voleva violentemente separare e “purificare” le cosiddette “razze”.
Furono migrazioni bibliche e forzate che, adesso, si ripetono. Con i rifugiati dalle guerre scatenate dai dittatori nazifascisti di oggi al governo in Paesi africani e del medio oriente, le migrazioni del XXI secolo coinvolgono soprattutto l’area del Mediterraneo, per lo meno quale prima sponda d’approdo. E questo approdo riesce a proporre una visione che ammonisce e porta speranza al tempo stesso.
Non a caso, la cifra di Amunì è «siamo tutti migranti». Da questa considerazione, legata alle esperienze personali, un gruppo di ragazzi provenienti da tutto il mondo, era nato a Palermo il progetto “Amunì”, espressione siciliana che esorta ad andare, a muoversi. In italiano si direbbe «Su, andiamo!», in inglese «Let’s go!», in arabo «Yalla!», in spagnolo «Vamos!».
A questo proposito, Amunì è tanto un incoraggiamento a fare qualcosa quanto un avvertimento per imparare da ciò che è già nella tragica storia dell’umanità. E che rischia di riproporsi in un ricorso storico tanto evidente quanto impressionante.
Non abbiamo ancora imparato? “Non esistono le razze, il cervello degli uomini è lo stesso. Esistono i razzisti. Bisogna vincerli con le armi della sapienza” disse Rita Levi Montalcini. È ben rappresentato questo concetto dallo spettacolo di Amunì La putaine respectueuse, con annessi e connessi.
Con il personaggio di Marine (Rossella Guarneri), c’è un chiaro richiamo alla donna dell’estrema destra europea quale antieroina: dalle nostrane italiche leader estremiste, alle Le Pen in Francia, ad altre che emergono tra le nuove tenebre del nuovo razzismo…
Spicca la novità drammaturgica del coro, che in Sartre non c’è. E, inoltre, Provinzano inserisce un “danzatore narrante”, che danzatore non è, ma un giovane talento: Bright Onyeuse che con il suo puro istinto, corroborato da un fisico adatto, interpreta Momo. Ovvero, il cuore in movimento della narrazione.
“L’obiettivo principale che ci eravamo posti iniziando il Progetto Amunì – conferma Giuseppe Provinzano –era, ed è, quello di avere la consapevolezza sul potenziale e sulle prospettive che si possono immaginare per continuare a lavorare insieme con questi ragazzi. Beh il potenziale è enorme. I ragazzi hanno una voglia incredibile e lo hanno dimostrato prendendosi in scena responsabilità artistiche importanti per dei ragazzi che fino a 2 mesi fa non sapevano nulla del teatro. Con la loro abnegazione, voglia e talento hanno dimostrato che loro ci sono e ci vogliono a essere. Porteremo avanti il Progetto della Compagnia Multietnica Amunì, porteremo in giro lo spettacolo (a fine agosto siamo ospiti della Fondazione Orcynus Orca di Messina) e continueremo con questi ed altri ragazzi che vorranno intercettare questo percorso. Certo, vanno trovate le risorse e i dovuti sostegni. Ma non mancano né idee, né voglia né talento.”
Al progetto che ha portato allo spettacolo al Teatro Montevergini, hanno partecipato, a vario titolo, diverse realtà palermitane impegnate nel mondo del volontariato, come Moltivolti, il Centro Astalli, Cooperazione Senza Frontiere, Per esempio, nell’associazionismo giovanile, come The Factory e Palermo Youth Center, e il Teatro Biondo di Palermo.