di Giovanni Rosciglione
Questa foto di ieri pomeriggio mostra una quinta architettonica sulla via principale di Palermo: è la facciata su via Libertà del complesso storico dell’Istituto delle Croci della Parrocchia di S. Maria di Monserrato.
Il complesso risale alla fine al 1575 e le sue pertinenze furono destinate dal Senato palermitano alla “purificazione” della roba infetta durante la peste che colpì la città.
La chiesa alle sua spalle è stata restaurata (a mio giudizio in modo non eccellente) nel 2008. Ma meglio di niente.
La facciata nella foto fu invece realizzata nel 1853 da Giovan Battista Filippo Basile, successivamente alla realizzazione del Giardino Inglese (1851). La facciata è in conci di tufo arenario con bifore archiacute, secondo il gusto romantico del rudere medievale, recuperando uno stile locale che si pone fra la fine del Normanno e gli inizi del Chiaramontano, per dare una adeguata definizione al corpo di fabbrica mutilato dal taglio del complesso resosi necessario nel 1848 per la costruzione della via Libertà.
Per un secolo e mezzo la facciata è rimasta più o meno come la vedete, senza alcun intervento di manutenzione.
Negli anni 2000 – come si può vedere dall’impalcatura Dalmine che la circonda ancora – è stata usata come gigantesco spazio pubblicitario.
Mi è difficile dimenticare la gigantesca immagine in formato 10 X 80 metri (800 mq!) di Gianfranco Micciché che, per almeno un mese, invitò (minacciò?) i palermitani a votarlo come deputato regionale, con la promessa che, insieme a Raffaele Lombardo, avrebbe reso la Sicilia come la regione più ricca d’Italia.
Soffriva ancora della sbornia del famoso 61 a zero alle nazionali del 2001, il cui merito fu assegnato al prode Micciché più che al “cupio dissolvi” frequentemente praticato dal centrosinistra isolano (tipo quello di ora).
Poi divenne lo spazio pubblicitario preferito per auto di lusso e marche di moda internazionale.
Da qualche anno la costruzione è stata ricoperta da grandi teloni che ne riproducevano lo stesso disegno. Ora rivedo la facciata nuda e incarcerata. E bella. Io non so che progetti ci sono al riguardo.
E’ positivo comunque averla sottratta, spero, a una volgare utilizzazione mercantile, ma, con i genietti che volteggiano nella mia Palermo (tipo “quelli che rivogliamo villa Deliella”), qualche preoccupazione ce la ho.
Mi permetto allora di esprimere il mio modesto parere di cittadino palermitano (non onorario): l’eventuale intervento deve riguardare esclusivamente un efficace e rigoroso restauro conservativo.
Lasciando il monumento come una bellissima ed evocativa quinta di un teatro della vita civile della nostra città.
Capirete che il mio solo parere non basta e, quindi, se siete d’accordo condividete.
1 thought on “Una quinta di lusso per un teatro del ricordo”