di Gabriele Bonafede
Il pregio di Fantozzi? “È indistruttibile” rispose Paolo Villaggio a questa domanda in una delle tante interviste. Oggi va di moda dire “resilienza”, ovvero la capacità di rimanere in piedi sempre, in vita, sempre, anche subendo il peggio.
Fantozzi è forse il mondo della resilienza, il mondo dell’autoironia più feroce e per questo migliore. Anche se c’è chi dice che “è resistente e non resiliente”. Ad alcuni ha messo e mette angoscia, ma il Charlie Brown del cinema italiano, che lo si ami o no, ha segnato e segnerà sempre un’epoca. Probabilmente per molto tempo e, per lo meno per il piccolo mondo dell’umanità, sarà immortale.
La mia generazione è cresciuta a pane e Fantozzi: ha accompagnato riflessioni anche complesse, per tutti. Sia per chi ha amato il personaggio, sia per chi lo ha odiato o, meglio, considerato “insopportabile”. Il fatto è che Fantozzi ci ha insegnato tante cose facendoci ridere.
Più di una volta, facendoci rotolare per terra dalle risate nel pavimento davanti alla poltrona del cinema. E prima ancora Fracchia, il papà di Fantozzi. Che Paolo Villaggio, più che il papà ne è stato la Mamma. Lo ha partorito, lo ha nutrito nelle proprie viscere prima ancora di nascere. E la gestazione ha segnato il corpo e la mente della madre. Lo ha cresciuto come una mamma, lo ha reso quello che è stato, e come una mamma ha segnato glorie e dolori del proprio figlio.
Paolo Villaggio è stato la madre di tutti i Fantozzi.
Fantozzi ha il pregio di essere indistruttibile, di risorgere sempre. Non basterebbe, non basta un’enciclopedia, e nemmeno decine di tomi per raccogliere anche una piccola parte delle sensazioni, dei commenti, del ridere, del pensare di milioni di italiani su una manciata di scene-madre di un solo film di Fantozzi.
Per la mia generazione è stato fonte di crescita e di confronto, coscienza sociale e personale. Perché tutti siamo stati e siamo Fantozzi in almeno un’occasione della vita. Alcuni di noi hanno fatto crescere anche la generazione successiva a pane e Fantozzi, in qualche modo.
Personalmente, quando cucinavo una frittata per i miei figli non era un’omelette o una semplice frittata buttata in padella per mancanza di tempo e idee. Era “la frittata di cipolle per la quale andava matto”. E i ragazzini mangiavano di gusto, di cuore con quel condimento ideale, anche quando non c’erano nemmeno le cipolle.
Se si vedeva una partita in TV era “familiare di Peroni gelata e rutto libero”, e quando andavo al lavoro i miei ragazzini dicevano “torni papà?”, con la voce nasale dell’orribile Mariangela (Plinio Fernando) a mo’ di autoironia.
Un successo era, e sempre sarà, “Novantadue minuti d’applausi” e un film sbagliato “una cagata pazzesca”. Una “rigida” dieta sarà sempre fatta a base di “un polpetto e un bicchiere di vino, un bicchiere di vino e un polpetto”, con accento categoricamente tedesco.
Quando si va in bicicletta, i più stanchi hanno e avranno sempre “lingue felpate” e si partirà sempre “in sella alla bersagliera”. Così come una seduta dal parrucchiere andata male è “questa pettinatura si chiama schiaffo”. Perché chiunque può essere una merdaccia e chiunque può essere umano, lei.
Non credo ci sia un solo club di tennis dove non si sia detto almeno una volta “batti, batti lei”, oppure una partita di calcio tra amici dove non ci siano allucinazioni mistiche con “San Pietro sulla traversa” verso la fine dell’incontro.
Non c’è weekend in vacanza dove non si tema la nuvoletta di Fantozzi. E forse non c’è partita di biliardo, o qualsiasi altro gioco o sport tra amici, dove non si sia detto “il suo è culo la mia è classe, caro il mio coglionazzo“.
Nelle profonde sale di biliardo partiranno le stecche migliori con colpi da maestro accompagnati da “e adesso, rinterzo ad effetto con birillo centrale”, “calcio a cinque sponde e 11 punti!”, e “triplo filotto reale ritornato con pallino”, seguito dall’obbligatorio “prendo la vecchia!”.
Nell’Italia massacrata dal gioco d’azzardo il popolo dei Conte Semenzara ha probabilmente chiesto a qualcuno di farsi toccare il culo mentre sta seduto in una sedia immaginaria. E da qualche parte c’è sempre qualcuno che è rimasto “in stato di morte apparente per più di quattro ore”.
Chiunque faccia carriera sarà sempre fregiato di ficus gigante e poltrona in pelle umana, così come del titolo di Gran Frabbutt. Pezz. Di Merd. sussurrato dai colleghi, invidiosi o meno che siano.
Paolo Villaggio se ne è andato e noi in Italia saremo crocifissi in sala mensa. E forse non sapremo mai “chi ha fatto palo”, nemmeno in una rapina.
Paolo, non se la prenda se ancora oggi diciamo “com’è umano lei”. Il mondo è quello che è. Anche se sarà più povero e ricco al tempo stesso: da quando il cielo sopra Fantozzi contiene la sua anima. Trasformando le lacrime in risate e viceversa.