di Marco Pomar
Cara Mamma,
non so se questo messaggio ti arriverà mai, lo sto scrivendo dal bagno in una scheda della circoscrizione che ho rubato poco fa, approfittando di uno svenimento del presidente di seggio.
Non fare caso a tutti questi suca, non li ho scritti io.
Non so se ce la faremo, nel caso abbraccia anche papà, le sorelle e la nonna, se è ancora in vita.
Qui il tempo è sospeso, le privazioni causano comportamenti imprevedibili, siamo tutti stanchi e incattiviti. Ventuno ore fa una collega ha sbriciolato i gessetti e se li è sniffati, un altro voleva fare fuori il bidello e arrostirlo con un falò fatto con le schede nulle, un altro ancora si è legato alla lavagna con la tenda della cabina elettorale e grida che vuole vedere il sindaco, altrimenti immischia tutte le schede e bisogna ricominciare il conteggio daccapo.
L’invidia si è scatenata contro alcuni rappresentanti di lista, che, liberi da vincoli, volevano andare via. Ne abbiamo presi due in ostaggio, nel tentativo di uscire vivi da qui.
A uno dei due volevamo tagliate un dito e mandarlo alla famiglia, ma poi temevamo di non resistere e che l’avremmo mangiato. Così gli abbiamo tagliato un pezzo di cravatta regimental, ma abbiamo finito per mangiare anche quella.
Non preoccuparti per me, cara mamma, se riesco a uscire vivo da questa avventura sarò un uomo migliore, con cento euro in più e la coscienza civica a puttane.
Adesso devo lasciarti, mi stanno chiamando e ho paura che mi scoprano e faccio la fine di un collega della sezione accanto, scoperto mentre scriveva alla polizia. Lo hanno costretto a ricontare ottocento volte le schede di La Vardera.
Metto questa lettera dentro una busta intestata al prefetto, spero ti giunga.
Ti abbraccio
Forza Italia.