di Gabriele Bonafede
Entrato a far parte del consiglio comunale di Palermo 37 anni fa, e dopo averla governata quale sindaco per un totale di 17 anni, Leoluca Orlando è rieletto per la quinta volta Sindaco di Palermo.
Ma stavolta non ha nemmeno bisogno della metà dei voti più uno, ne basta il 40% più uno. E ottiene un decisivo 46%, stabilendo una distanza del 15% circa dal concorrente più vicino, Fabrizio Ferrandelli, sconfitto per la seconda volta consecutiva da Orlando “Rais di Palermo”.
Sul piano numerico Ferrandelli stavolta ne esce dignitosamente. E forse avrebbe vinto se non avesse accettato il sostegno del centro-destra, difficilmente digeribile dal suo elettorato originario: di quando vinse le primarie del centro-sinistra nel 2012.
In realtà, tolti coloro i quali non sono andati a votare (il 47%), Orlando sarebbe stato eletto dal solo 24% dei palermitani aventi diritto al voto. Una minoranza, ancora più minoranza se si contano schede bianche o nulle.
Ma Orlando rimane il rais di Palermo, dispensatore di fortune e sfortune in città, capo indiscusso di una metropoli che vive essenzialmente di amministrazione, di impieghi pubblici e para-pubblici, di precariato ed espedienti, di commercio ambulante e turismo mal gestito. E che vive, ormai, anche di emigrazione: per coloro i quali vogliano esprimere le proprie potenzialità e realizzare i propri sogni.
Palermo rimane una città del terzo mondo. E anche se Orlando è stato ancora una volta abile a dar la colpa dei problemi di Palermo ai 9 anni di sindacatura Cammarata, la realtà è che, negli ultimi 70 anni, Palermo è stata amministrata dal partito e la classe dirigente nei quali è nato proprio Orlando. Nato non solo politicamente ma persino anagraficamente 70 anni fa. Orlando proviene dalla Dc, da una balena bianca, oggi più variopinta, ma sempre balena. Dallo stomaco che tutto ingurgita e tutto digerisce, generata, non creata, dal superficiale trasformismo insito in un sistema socio-economico bloccato. Sempiterno cambiare tutto per non cambiare nulla, dunque.
In particolare, dal 1985 a oggi, per ben 17 anni su 32, Palermo è stata amministrata direttamente da Orlando quale sindaco, che si appresta ad amministrarla fino al 2022: in tutto 22 anni su 37. Solo un comunicatore come Orlando rais è stato capace di far credere che i mali di Palermo non siano roba sua. Quando, invece, Orlando rais di Palermo è Palermo stessa: nel bene e nel male. Nei fatti.
Chi è nato quando Orlando fu eletto per la prima volta al Consiglio Comunale di Palermo, nel lontano e funesto 1980 che si aprì con il barbaro omicidio di Piersanti Mattarella, avrà 42 anni quando il Rais di Palermo, forse, lascerà Palazzo delle Aquile.
Per quanto non paragonabile in termini quantitativi e qualitativi, Orlando è dunque al potere di Palermo più a lungo di tanti altri “rais”, o “re”. Paragonato al Re Sole, in un articolo a firma Angelo Scuderi, sul nuovo giornale online Il Gazzettino di Sicilia: “Questa, più che di un progetto politico, è la vittoria dell’uomo Orlando e di una formula che suggerisce ai partiti di mimetizzarsi. E praticamente li fa scomparire.”
“Scatteranno le liste di proscrizione? Chissà – conclude Scuderi – Certo che il rifiuto di parlare ai microfoni di Mentana, reo di aver ricordato in apertura di diretta la sua “parentela” con il Pd, è un segnale allarmante, si spera dovuto alla trance agonistica. Intanto, come promesso, che scatti la standing ovation: Orlando se la merita tutta.”
Orlando si merita anche una copertina “Drag Queen” che è stata censurata da un leader di un Paese martoriato dalla dittatura: la Russia di Putin. Ma che a Palermo ha un sapore particolare: difensore della multiculturalità, delle “contaminazioni”, dei diritti gay e dell’accoglienza nella pace, Orlando dovrà gestire la parte finale della sua storia politica con contraddizioni ancora più evidenti del passato. La sua è una storia dalle molte facce in un percorso pluridecennale, mai veramente incisivo a scala nazionale, ma quasi sempre in sella in una Palermo di frontiera, in una vera e propria baronia sine die, contraddittoria e arretrata, accogliente e medievale, in festa e disperata allo stesso tempo.
Buona fortuna al “nuovo” sindaco e all’anziano Rais, nella speranza che ci siano cinque anni di crescita. Per lo meno a traino di un’Europa che, dalle parti della Francia, sembra ritrovare se stessa.
Collage e foto di copertina di Gabriele Bonafede
ma non capisco cosa rosica al sig. Bonafede. Orlando ha avuto la maggioranza dei cittadini palermitani che hanno interesse all’ amministrazione della città. Gli altri ( coloro che non votano ) vivono nella loro beata ignavia e quindi non contano. In quanto alle liste collegate il voltagabbana, oltre ad avere usufruito anch’ esso di liste collegate ha preteso di richiederei voti a coloro che , nella precedente tornata elettorale aveva attaccato duramente. Forse Orlando è il ras di Palermo ma il nostro è un girello