di Gabriele Bonafede
Candidata di riferimento per il settore cultura nella lista Coraggiosi a sostegno di Ferrandelli, Manuela Plaja ha proposto un dibattito sulla politica culturale con un incontro tra gli addetti ai lavori, ieri pomeriggio al Teatrino delle Beffe, insieme a Bartolo Corallo.
Simbolico già il luogo: il Teatrino delle Beffe è uno delle decine di piccoli-grandi teatri di Palermo nati dall’iniziativa di operatori culturali. Sono strutture spesso in difficoltà, ma con proposte di qualità che di fatto creano quell’humus dal quale nascono e si sviluppano tante realtà nell’ambito teatrale e artistico.
Fin dalle prime battute si capisce che c’è un approccio fondamentalmente diverso da quello esistente a Palermo nel proporre un’amministrazione del settore culturale a Palermo. C’è, infatti, una visione strategica o meglio una reale politica culturale.
“Le manifestazioni culturali a Palermo, persino quelle facilmente programmabili perché a date fissate, come il Capodanno o il Festino di Santa Rosalia, sono oggi affrontate sempre all’ultimo momento, senza programmazione, e soprattutto senza l’intento di far rimanere qualcosa a Palermo”. Esordisce.
Simbolico l’evento più seguito in città, il Festino. Ogni anno, infatti, si produce un nuovo carro che poi viene buttato via. Che bisogno c’è? Ci saranno soluzioni alternative o almeno un riutilizzo di questi carri?
“Non solo non c’è bisogno di fare un carro diverso ogni anno – approfondisce Manuela Plaja – ma ciò che andrebbe fatto è di dare in gestione le date fisse, come Capodanno e Festino, su una base ad esempio triennale, e con l’intenzione di fare del Festino una manifestazione di portata internazionale, una vetrina fondamentale per la crescita culturale dei palermitani e per l’attrattiva turistica ed economica. Adesso, ogni anno, a poche settimane dal 14 luglio, l’amministrazione di colpo si sveglia e produce un bando di gara in fretta e organizzato molto male.”
“Ma il punto non è solo questo, non solo il Festino e il Capodanno – ribadisce la candidata al consiglio comunale – il fatto è che non c’è una vera politica culturale che pure dovrebbe essere il fiore all’occhiello di questa amministrazione, come invece è propagandato dal sindaco uscente. L’amministrazione di fatto lavora come se fosse una direzione artistica. Il che è sbagliato. Perché così facendo, e nei tempi e modi in cui ciò è realizzato, ci sono ricadute solo e sempre temporanee, o ‘precarie’. Andrebbe invece portata avanti una politica culturale che faccia rimanere qualcosa in città che consenta ricadute efficaci e durature, che faccia crescere gli operatori locali, che sia al livello della quinta città d’Italia non come eventi singoli senza futuro, ma quale sistema. Ad esempio, quando c’è un festival di qualsiasi tipo, è invariabilmente proposto da privati e raramente arriva oltre la quinta o sesta edizione. Poi viene fatta tabula rasa e si ricomincia daccapo. Perché?”
Allora, quali linee di programma, quali strategie, in poche parole, per una politica culturale a Palermo degna di questo nome? Come fare? È la domanda che sorge spontanea. È bene andare per ambiti culturali. Partiamo dal teatro, visto che siamo in un teatro.
“Intanto – afferma Manuela Plaja – i teatri in città sono in crisi ben oltre il livello di crisi di altre città italiane. Il Bellini e il Garibaldi, che erano stati recuperati al pubblico con stagioni molto interessanti, sono adesso abbandonati. Per recuperarli, dopo l’abbandono di questi mesi, ci vorranno molte più risorse finanziarie e umane. Il Teatro Biondo non ha ottenuto lo status di Teatro Nazionale, ed è sotto gli occhi di tutti la situazione di difficoltà nella quale è stato messo il direttore con contributi sempre più limitati e limitanti. Ma non è solo questo. Vanno realizzate produzioni che possano portare gli operatori locali in maniera sistematica in tutta la città e oltre. Se poi guardiamo ai nostri teatri destinati a musica sono evidenti i problemi strutturali. E proprio nei nostri templi della musica ci sono enormi e mai affrontati problemi di acustica. Non esiste un auditorium, nessuno spazio è dato alla produzione musicale contemporanea d’arte.”
“E c’è anche un fatto fondamentale anche nell’ambito cittadino – continua – e cioè che teatri, luoghi della cultura, manifestazioni culturali, sono quasi esclusivamente concentrati nel centro storico o nel centro economico di Palermo. Nulla o quasi esiste nelle periferie, negli altri quartieri e comunque sempre per iniziative di operatori culturali, ma non con una visione d’insieme e un vero sostegno da parte dell’amministrazione. Io penso invece ad attuare un decentramento con una funzione anche di crescita civile, etica, morale, educativa: la cultura ha questa funzione. Poche, pochissime e in grandi difficoltà sono le realtà nelle periferie o in quartieri non centrali. Non parliamo poi della gestione dei Cantieri Culturali che è semplicemente imbarazzate.”
Apriamo un’altra porta: il cinema. Quale ruolo dell’amministrazione comunale, e cosa fare nell’industria del cinema?
“Qui entriamo in un ambito veramente difficile. L’amministrazione è praticamente assente. Ci sono festival che cominciano ad essere conosciuti anche fuori dall’Italia. Ma non c’è nulla da parte del Comune. Non c’è un cinema comunale e anche il De Seta, che ricade nei Cantieri Culturali, è gestito in maniera ancora più imbarazzante. E siamo in una città che ha grandi artisti nel cinema. Non ne cito nessuno perché li conosciamo tutti. Molti di fama internazionale e molti che magari non hanno fama internazionale perché non sono sostenuti. Ecco, tutto ciò andrebbe valorizzato con una presenza dell’amministrazione non quale surrogato di una direzione artistica, ma quale attore che facilita la crescita.”
Palermo sarà capitale italiana della cultura nel 2018. L’eventuale nuova maggioranza con sindaco Fabrizio Ferrandelli, dovrà gestire questo “status” nell’ambito culturale. Che prevede un finanziamento magari importante per una piccola città come Recanati, ma praticamente simbolico per una grande città come Palermo.
“Sì, capitale italiana, e non europea, della cultura – precisa Manuela Plaja – Ma il vero nodo è Manfesta 12, una manifestazione culturale d’ambito europeo che sarà anche nel 2018 a Palermo con spese considerevoli. Va dunque gestita con la massima attenzione per le produzioni di operatori palermitani e per le ricadute locali nel tempo.”
In conclusione?
“Per concludere penso che sia necessario un progetto che si avvalga di tutti gli operatori, i talenti, il patrimonio creativo e professionale di tutti i settori, dall’editoria alla musica, dal teatro alle arti visive. Che promuova la diffusione della cultura, in tutto il territorio della nostra città e rivolgendosi a tutti i cittadini, coordinando e mettendo in rete gli spazi esistenti e creandone dove oggi sono assenti. E soprattutto sostenendo e promuovendo la cultura non solo per la fruizione ma anche per la formazione di pubblico e operatori.”
Si evince un quadro che non è del tutto rose e fiori nell’amministrazione attuale, anche nell’ambito di quello che dovrebbe essere il “fiore all’occhiello” della sindacatura uscente. Laddove, nelle brevi note esposte da Manuela Plaja, c’è invece un approccio strategico chiaro e che va verso una definizione più reale e proficua di politica culturale. Sarebbe una rivoluzione nel modo di amministrare la cultura a Palermo.
Foto in copertina di Gabriele Bonafede. Tutti i diritti riservati.