di Gabriele Bonafede
Roma caput mundi si diceva una volta, ma adesso sembra proprio una Roma caput munnitiae. Le notizie sulla spaventosa situazione-munnizza nella capitale italiana hanno fatto il giro del mondo. E se Palermo è diventata capitale italiana della cultura, Roma appare sempre più come la capitale mondiale della munnizza.
Con i rifiuti a montagne per le strade, i gabbiani potrebbero superare la popolazione di topi e così stabilire un record globale nel rapporto tra residenti animali e residenti umani. Amministrazione capitolina e Regione si rimbalzano le accuse, ma ciò che nel frattempo rimbalza per la città è il fetore. E la lite non aiuta: Roma: lis propter munnitiam, si potrebbe dire. Oppure, Munnitiae non iuvant.
E non è finita con le battute gratis a latino incerto: tutte le munnizze portano a Roma, Quo munnitiandis, Roma la munnizza eterna, le Sette Munnizze di Roma, Romolo e Munnizzolo, Tarquinio il Munnizzo. O qualcosa di più elaborato come “Roma caput munnitiae regit morborum frena rotundae”. Del quale non propongo la traduzione da uno sgrammaticato latino.
Insomma chi più ne ha, più ne metta. E la trasformazione goliardica del latino si presta eccome. Come De gustibus munnitiae non disputandum est: se vuoi vivere con la munnizza è solo una questione di gusti residenziali o turistici. Ancora più sofisticato: Rari nantes in munnitia vasta. Ovvero, con un poco di traduzione popolare: Rari nuotatori nella vasta munnizza, anziché, è d’uopo, il Rari nantes in gurgite vasto (Rari nuotatori nel vasto gorgo) di Virgilio, quando descrive la flotta di Enea distrutta dalla dea Giunone. Che potrebbe essere utilizzato persino in forma originale, se quale gorgo del mare d’acqua ci si immagina il gorgo nel mare di munnizza.
Aprendo questa porta, insomma, la munnizza e le battute facili escono a valanga. Ed è una pietà, ma non michelangiolesca.
Se è Roma caput munnitiae sembra anche Bagheria secundi. La ridente cittadina cinematografica alle porte di Palermo si meriterebbe il secondo posto quale capitale mondiale della munnizza, per lo meno tra le città italiane. Vero è che, a Bagheria, nella raccolta differenziata ci sarebbe stato un temporaneo incremento con l’amministrazione grillina, ma ultimamente pare ci siano di nuovo grossi problemi, mentre contrade e strade di campagna sono tuttavia coperte da rifiuti di tutti i tipi e fogge.
Su Bagheria, si deve ricorrere a detti siciliani, come “Un punciri u scieccu nn’a munnizza” (Non pungere l’asino nei rifiuti) anziché il noto, per lo meno ai siciliani, “Un punciri u scieccu ‘nna scinnuta” (Non pungere l’asino nella discesa). Oppure “a munnizza taliata non vugghi mai” (la munnizza guardata non bolle mai) anziché “a pignata taliata non vugghi mai” (la pentola guardata non bolle mai). O ancora, il cattivissimo “Cu avi munnizza arriva a Roma” anziché “Cu avi lingua arriva a Roma” (Chi ha lingua arriva a Roma). Cosa tinta, perché è riferibile ad eventuali scalate politiche dal livello locale a quello nazionale.
A sto punto, ci mettiamo pure il “Cu mancia fa munnizza”, per rimpiazzare il più noto Cu mancia fa muddichi (Chi mangia fa briciole). E anche qui è meglio astenersi dallo spiegare o commentare: è solo un gioco goliardico e spero sia preso come tale. E allora è meglio andare all’adulazione, anziché all’urbigna: Fimmina munnizzusa bona vinturusa (Donna “munnizzosa” è fortunata), al posto di Fimmina pilusa bona vinturusa (Donna pelosa è fortunata). Che non si sa mai. D’altronde, la munnizza è come il pelo, non sempre può essere spaccato in quattro…
Buona fortuna a Roma e Bagheria, che Triulu ‘nsigna a chianciri (La sofferenza insegna a piangere). Anche perché, munnitiatis munnitiandi, nemmeno a Palermo siamo messi tanto bene su questo versante. E così, ridiamo per non piangere.