di Gabriele Bonafede
Nel vedere La scuola a teatro non so quante persone abbiano ricordato le proprie avventure e disavventure da studenti, o persino insegnanti. Un paio di sere fa al Teatro Biondo di Palermo, a occhio e croce credo siano state il 100%.
Ovviamente, ognuno con la propria storia e la propria sensibilità. Per cui: un applauso, più applausi scroscianti, per una rappresentazione che fa ridere amaro e fa ridere colmo, denunciando al tempo stesso il problema più grande, in atto, nella società italiana e oltre. Non è poco. Anzi.
Rappresentazione particolarmente riuscita e successo più che pieno in un Teatro Biondo altrettanto pieno e caloroso. È uno spettacolo che va in scena da tempo e che è stato visto anche quale film, e ampiamente recensito. Gli attori, poi, a partire da Silvio Orlando, sono di tale livello e coinvolgimento che sembra quanto mai superfluo risaltarne ulteriormente i pregi.
Mi sembra giusto, invece, riportare solo impressioni personalissime, quale spettatore. Partendo dai ricordi scolastici vividamente restituiti in superficie dallo spettacolo.
Quando andavo a scuola, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni’80, quasi tutti non avevano il benché minimo interesse per studiare. E l’ignoranza era particolarmente benvenuta.
Purtroppo, non era raro che dovessi produrre io stesso un intervento, se non una lezione, o per lo meno un dialogo con i professori. I quali, disperati, erano contenti di lasciare a me il ruolo di perdere tempo appresso a obiettivi impossibili come diffondere un minimo di conoscenza in varie materie.
Le lezioni di storia, ad esempio, erano a volte affidate di fatto al sottoscritto. Ma solo la professoressa e forse un paio di compagnetti ne avevano vero interesse. Gli altri erano troppo impegnati a giocare a poker o con una cerbottana. Cosa che non disdegnavo di fare nemmeno io, essendo un ragazzino che riusciva a prendere buoni voti con il minimo sforzo. Ma le attività di divertimento non mi tolsero mai la tara, particolarmente pesante a Palermo, di uno che aveva buoni voti a scuola anziché la capacità di volare tra un intrallazzo e l’altro.
Questo, e altri ameni fatti e misfatti, mi fecero capire che evitare d’insegnare a scuola era uno degli obiettivi principali della mia vita futura. Solo dopo molto tempo capii che anche il non insegnare all’università era qualcosa di salutare.
Magari, il sottoscritto, si è identificato troppo nell’unico allievo che andava bene nella scuola rappresentata in palcoscenico. E ovviamente tacciato di “secchione”, sol perché aveva il coraggio di rispondere dignitosamente alle interrogazioni. Triste destino, in un mondo che premia l’ignoranza. Per fortuna siamo sicuramente in pochi e il mondo sarà molto migliore così.
Per lo meno a prima vista.
Scendendo in profondità, invece, c’è qualcosa di più. Molto di più.
Innanzi tutto, c’è la disarmante constatazione che la completa incapacità del “nuovo che avanza” nella classe dirigente italiana è il frutto purrito della scuola rappresentata da Orlando e Compagnia: quella dei decenni passati. Non conosco la scuola di oggi, ma immagino che le cose siano migliorate solo in apparenza. Da qui, una rappresentazione teatrale che rimane sempre attuale.
In realtà, a giudicare dall’incapacità e la completa ignoranza della stragrande maggioranza di giovani, i risultati sembrano ancora più spaventosi di prima. I casi sono due, o sono inguaribilmente pessimista, oppure, per particolare sfortuna, ho potuto farmi un’idea dialogando con un campione di giovani statisticamente non rappresentativo.
Speriamo sia il secondo caso, ma ne dubito. In ogni caso, dubito che ci siano molte persone che capiscano l’espressione “statisticamente non rappresentativo”. Potenza del pessimismo.
In un Paese, come il nostro, dove le decisioni in economia, politica, salute, comunicazione, e tanto altro, sono pesantemente influenzate da comici, arrivisti, equilibristi, cuochi, saltimbanchi e ballerini, lo spettacolo di Silvio Orlando non è stato solo profetico. Ma persino divertente ed epico al tempo stesso.
Da vedere e rivedere, perché le tragedie, i drammi epocali, la deriva italiana, il medioevo che avanza, non necessariamente devono essere “studiati”, rappresentati e riconosciuti piangendo. Forse è molto più utile conoscerli e riconoscerli ridendo.
Nella speranza di seppellire il peggio e far emergere, in un ipotetico futuro, il meglio. Anche se volasse come una mosca difficile da acchiappare e capire.
Cardellino S.r.l. presenta Silvio Orlando in La scuola di Domenico Starnone regia Daniele Luchetti con (in ordine alfabetico) Vittoria Belvedere prof.ssa Baccalauro (ragioneria) Vittorio Ciorcalo Il prete, prof. Mattozzi (religione) Roberto Citran Il preside, Roberto Nobile prof. Mortillaro (francese), Silvio Orlando prof. Cozzolino (lettere), Antonio Petrocelli prof. Cirrotta (impiantistica), Maria Laura Rondanini prof.ssa Alinovi (storia dell’arte). Scene Giancarlo Basili, disegnatore luci Pasquale Mari, costumi Maria Rita Barbera, assistente alla regia Riccardo Sinibaldi
Al Teatro Biondo di Palermo fino domenica 23 aprile 2017, ore 17.30