di Franco Maria Romano
Nel 2016 si sono svolte più di venti Giornate dedicate alla Salute: Giornata nazionale per i diritti dei non fumatori, Giornata mondiale del cancro, Giornata mondiale del rene, Giornata nazionale salute della donna, Giornata mondiale ipertensione arteriosa, Giornata mondiale dell’epatite, Giornata mondiale del cuore Tumore al seno campagna nastro rosa Lilt, Giornata mondiale salute mentale, Giornata mondiale del diabete, La settimana della prevenzione cardio- vascolare, il fertility day, ed altre ancora.
Questo profluvio di giornate ed in alcuni casi di settimane, dedicate a malattie o ad iniziative di prevenzione rappresenta, non sempre ma spesso, un tipico strumento promozionale delle aziende farmaceutiche con il concorso delle società scientifiche, per propagandare indirettamente i loro prodotti ed i loro servizi. Tutto il calendario è occupato dalle giornate o dalle settimane della stipsi, dell’osteoporosi, della prostata, del colon irritabile, dell’udito, del respiro, del melanoma.
Queste manifestazioni sono diventate così numerose che in alcuni giorni dell’anno si ha l’imbarazzo della scelta. Non si sa a quale santo votarsi o meglio a quale malattia dedicarsi. E, come se non bastasse, giornalmente siamo tempestati da spot televisivi tendenti a preservare la nostra salute propagandando le più svariate informazioni e i più diversi consigli per gli acquisti, dallo yogurt che rinforza le ossa, a quello che abbassando i livelli di colesterolo salva la mamma dall’infarto, all’acqua della salute che fa plin plin.
È bene chiarire come le notizie di argomento medico-scientifiche, se non opportunamente controllate, possono essere fuorvianti e causare danni talvolta rilevanti. Specie su un pubblico fragile in quanto portatore di malattie poco curabili.
Accanto ad una informazione “sana” esistono meno nobili finalità, tra cui quella di promuovere interessi economici a vari livelli, dalle industrie produttrici di farmaci, ai test diagnostici, ai dispositivi medicali, alle istituzioni sanitarie stesse ed assai spesso anche a singoli professionisti o a improvvisati esperti, compresi quelli che si interessano di salute a fini esclusivamente elettoralistici.
Si sente quindi la necessità di una maggiore cautela nel fornire notizie non suffragate da opportune verifiche, soprattutto quelle ammantate da un alone di tipo miracolistico.
In questi ultimi anni le fonti di informazione hanno subito una radicale trasformazione (e rivoluzione) con l’avvento di Internet. Ma anche le notizie su carta stampata mantengono il loro fascino e la loro credibilità. Non c’è quotidiano o settimanale che non dedica ampie pagine sulla salute e sulla salvaguardia del nostro benessere. Paradossalmente gli articoli divulgativi possono avere una influenza considerevole non solo sul pubblico, ma, inaspettatamente, anche sui medici. Che non sempre riescono a farsi una opinione personale dalla lettura diretta delle fonti, le riviste scientifiche, e potrebbero diventare sensibili al fascino delle falene mercantili.
Sta di fatto che le strategie di marketing delle maggiori case farmaceutiche mondiali oggi prendono massicciamente di mira anche persone in perfetta salute.
L’allungamento della vita media presenta un “bacino di utenza” particolarmente sensibile ad una pubblicità a tappeto e ad abili campagne di sensibilizzazione. Trasformando i sani preoccupati in malati preoccupati.
Le ricette mediche per le categorie di farmaci più pubblicizzate, quali i medicinali per il cuore o gli antidepressivi, sono aumentate in maniera esorbitante. Problemi lievi vengono dipinti come patologie gravi per cui la timidezza diventa fobia sociale, la tensione premestruale viene promossa a sindrome, la menopausa come stato di malattia e possiamo andare avanti con numerosi altre situazioni a rischio quali l’osteoporosi senile, il colesterolo, etc.
Il semplice fatto di essere a rischio di una patologia diventa esso stesso una malattia.
Quattro decenni fa un pensatore geniale e profetico, Ivan Illich con “Nemesi medica” lanciò l’allarme avvertendo che “la medicina comincia a smerciare prevenzione: dopo la cura delle malattie , anche la cura della salute è diventata una merce, cioè qualcosa che si compra e non che si fa. Ci si tramuta in pazienti senza essere malati: la medicalizzazione della prevenzione diventa così un altro grande sintomo di iatrogenesi sociale”.
Come riporta ProPublica, nel 2014, esattamente 1.617 aziende farmaceutiche hanno effettuato (negli Stati Uniti, da noi la cosa non è tracciabile) qualcosa come 15,7 milioni di singoli bonifici per un valore totale di quasi 10 miliardi di dollari. Dei 15,7 milioni di singoli bonifici, quasi tutti (14,9 milioni) sono stati classificati sotto la voce “pagamenti generali”, ovvero: conferenze promozionali, pareri consultivi, cibo, bevande, viaggi e hotel. Per l’intrattenimento (cibo e bevande, viaggi e soggiorni) sono stati elargiti oltre 400 milioni di dollari.
Ma se alcune strategie promozionali rasentano l’illecito o trucchi e manovre poco chiare suscitando indignazione, esse non debbono screditare la ricerca dei molti prodotti validi che l’industria farmaceutica mette in campo. Né diffamare indiscriminatamente chi lavora all’interno di questo sistema. L’obbiettivo è svelare il modo in cui la macchina promozionale dell’industria farmaceutica trasforma una larga fetta della nostra vita in patologia medica.
Risulta quindi legittimo porsi alcune domande sulla interessata manipolazione degli studi e/o sulla inconcludenza delle terapie a fronte delle notevoli incertezze sulle cause di alcune malattie. Soprattutto quelle a carattere cronico-degenerativo (malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie, malattie metaboliche quali il diabete, malattie reumatiche ed osteoarticolari, demenze, disturbi psichici).
È possibile limitare l’incidenza di tali malattie, più che con interventi terapeutici, agendo su documentati fattori di rischio, “modificabili”? La risposta è largamente positiva. Alla base di tali malattie, in effetti, esiste una pletora di fattori di rischio comuni e modificabili. Tale gruppo di malattie sono legate anche a determinanti impliciti quali l’urbanizzazione, l’invecchiamento progressivo della popolazione, le politiche ambientali, la povertà.
Nuovi e diversi interventi di salute pubblica vanno realizzati ponendo attenzione non solo agli aspetti specificamente sanitari, ma anche a determinanti ambientali, sociali ed economiche, in particolare a quelli che maggiormente influenzano le scelte ed i comportamenti individuali (fumo, alcol, scorretta alimentazione e sedentarietà).
È chiaro che, quando vengono chiamati in causa aspetti sociali che esulano da esclusive competenze sanitarie, il problema diventa piuttosto complesso. Perché entrano in campo altre professionalità con responsabilità specifiche e settoriali quali la cura dell’ambiente, la salubrità dell’aria, dei posti di lavoro, delle abitazioni, l’esistenza di spazi verdi, la residenza in città vivibili, etc.
Una politica di questo genere comporterà una ben diversa allocazione delle risorse, da destinare non più all’acquisto di farmaci, all’esecuzione di test diagnostici più o meno sofisticati, check-up completi (spesso inutili), bensì a campagne di vera prevenzione primaria, ai servizi sociali ed al sostegno delle famiglie dal punto di vista del bene pubblico e non privato.
Bisogna, quindi, ribadire come i benefici della sanità pubblica non riguardando il singolo individuo ma la collettività. E questi benefici passano spesso inosservati in quanto non danno risultati immediati, ma futuri nel tempo. Ciò perché, nell’ottica di una vera prevenzione, si propongono di evitare il realizzarsi di certe nocività future e non a migliorare ciò che già è avvenuto. Per questo rimangono “invisibili”, pur essendo e di molto, di più grande valore.
Infatti, per la gran maggioranza delle persone, i benefici e i vantaggi immediati sono “preferibili” a quelli remoti: ad un chirurgo che oggi mi toglie un’appendice infiammata o i calcoli alla colecisti, risolvendomi un problema tangibile, io sarò particolarmente grato. E quel medico avrà un valore ben più importante del funzionario di sanità pubblica che, con la sua campagna contro il fumo, mi aiuta ad evitare il cancro del polmone di qui a trent’anni e non è detto che io non possa riuscire ad evitarlo anche senza il suo intervento. Invece è proprio la campagna di prevenzione che va sostenuta e promossa.
In conclusione è auspicabile una medicina preventiva nel senso più genuino e coraggioso. Non esaurendosi solamente nella diagnosi precoce di malattie già presenti, ma promuovendo soprattutto la difesa della salute umana da tutte le offese dell’ambiente di lavoro e di vita in un quadro di competenza interdisciplinare.