di Pasquale Hamel
Per salvare la Sicilia è necessaria una nuova classe politica, competente e responsabile. Da anni mi occupo di analizzare i processi storici. Il focus dei miei studi si è soprattutto concentrato sulla Sicilia e, in particolare, sulla cosiddetta identità siciliana e sullo strumento, lo Statuto autonomistico del 15 maggio del 1946, che ne avrebbe dovuto esaltare le specificità facendone mezzo di crescita civile ed economica dell’isola. Per lo meno nelle aspettative di quanti si impegnarono perché fosse allora concesso.
La lezione della storia, al di là dei fatti emotivi e delle passioni che li alimentano, ci dice però che quello Statuto e l‘Autonomia speciale a cui ha dato origine, purtroppo per la Sicilia, non solo non hanno contribuito ad esaltare l’identità siciliana, identità che ha anche trovato canali culturali più adeguati e utili per affermarsi, ma hanno finito per rallentare il processo di crescita economico e sociale dell’isola frenandone, perfino, la necessaria modernizzazione.
Basta avere l’onestà di leggere i numeri per capire che la Sicilia, nonostante l’ampia autonomia di cui ha goduto, non solo non ha retto il passo con il resto del Paese ma, addirittura, è andata indietro.
E questo, non perché, come qualcuno sostiene, alla Sicilia sia stato sottratto qualcosa – in ogni caso se sottrazione c’è stata la colpa è da ricollegarsi a chi non ha custodito quel che si sarebbe dovuto custodire – ma perché è stata assente quella responsabilità che, come dovrebbe essere noto, è l’altra faccia dell’Autonomia.
L’Autonomia speciale, il cui processo di “concessione” è stato abbastanza elaborato, è stata troppo spesso il luogo delle più plateali manifestazioni di irresponsabilità di questi ultimi settant’anni, irresponsabilità che, in particolare, si sono manifestata nella sconsiderata dilapidazione delle risorse, non solo economiche e territoriali ma, perfino, morali.
In poche parole, è accaduto quanto di peggio sia avvenuto nella storia di oltre un secolo e mezzo d’unità nazionale.
Oggi, è doloroso dirlo, siamo di fronte al fallimento, un fallimento di vasta dimensione che non riguarda solo fatti finanziari ma che è molto più ampio perché coinvolge direttamente le coscienze degli stessi siciliani che guardano con dolorosa disaffezione l’Autonomia, tanto screditata dai fatti quanto poco credibile sul piano di eventuali future promesse.
Ecco perché, ed è questo che bisognerebbe far capire ai siciliani alla vigilia del rinnovo dell’Assemblea regionale siciliana, pensare che cambiare l’attuale classe dirigente, in gran parte squalificata, con un’altra che non sia all’altezza dei problemi del tempo presente, piuttosto che una soluzione equivarrebbe solo ad uccidere ogni residua speranza di futuro compromettendo definitivamente l’avvenire delle nuove generazioni.
Ed è questo che bisognerebbe far capire ai siciliani alla vigilia del rinnovo dell’Assemblea regionale siciliana. Per salvare la Sicilia è necessaria una nuova classe politica, sì. Ma che sia competente e responsabile.