di Benni Galifi
L’oratorio dei SS. Elena e Costantino, sito a Palermo in Piazza della Vittoria 22, ospiterà fino al primo di maggio Pasos e Misteri, una bellissima mostra fotografica che vede come protagoniste le espressioni religiose che prendono vita nei giorni della Settimana Santa in due regioni solo in apparenza distanti tra loro: Sicilia e Andalusia.
Su questa lontananza geografica, infatti, ha la meglio una vicinanza culturale dettata non solo dalle vicende storiche che per un lungo lasso di tempo hanno visto la Sicilia dominata dagli spagnoli ma probabilmente anche da quella connaturata solarità che accomuna le due regioni del sud e dall’azzurro Mar Mediterraneo che le bagna.
Se diamo uno sguardo complessivo alle 75 fotografie di cui la mostra si compone ( opera di fotografi siciliani – Attilio Russo e Giuseppe Muccio – e spagnoli) e non ne consultiamo la didascalia posta ai piedi di ciascuna immagine ci rendiamo immediatamente conto di come risulti impossibile “indovinare” da dove provenga lo scatto, se da un lontano comune della regione andalusa o da un vicino e sperduto paesino della nostra Sicilia.
I colori, le maschere, le livree delle confraternite, gli incappucciati, le statue sacre, i fercoli, gli addobbi floreali, etc etc, rivelano incredibili similitudini tra i riti di una Settimana Santa che, pur raggiungendo alti livelli di espressione collettiva della pietà popolare nelle due regioni mediterranee, vanta celebrazioni in tutto il mondo cristiano in quanto Festa per eccellenza, poiché racchiude in sé l’ancestrale rinnovamento della natura e il ricostituirsi del “cosmos” apportati dall’arrivo della primavera.
A tal riguardo, Ignazio Buttitta, docente di Storia delle tradizioni popolari presso l’Università degli studi di Palermo, nonché organizzatore e curatore di quella parte della mostra Pasos e Misteri che ripercorre la Pasqua in Sicilia, spiega: « La festa di Pasqua è la festa delle feste, la festa che rifonda il cosmos naturale e sociale e riempie di senso i cicli della vita individuale e collettiva. Attraverso la salvifica vicenda di morte e risurrezione del Cristo si celebra, infatti, anche il mistero della rinascita del tempo e della vita.».
E per quanto concerne le molteplici espressioni religiose nella nostra Isola aggiunge: « Nei rituali della Settimana Santa, culminanti nella Domenica di Pasqua, tutto ritorna come deve o dovrebbe essere.
Essi si ripropongono, dunque, come modello, tanto che, assunte nel loro insieme, le cerimonie pasquali contengono in sé tutti o quasi tutti i tratti costitutivi e peculiari della cerimonialità isolana.
Giganti di cartapesta e simulacri danzanti, maschere demoniache che disturbano il corretto svolgersi delle cerimonie ( vedi il “Giudeo” di San Fratello), alberi recati processionalmente o innalzati come prova virile, fuochi e torce che illuminano gli itinerari rituali, pani e dolci multiformi ritualmente consumati e diversi altri simboli e modi di agire eterodossi e, talora, di manifesta origine precristiana, convivono con momenti e comportamenti – quali pratiche penitenziali, offerte votive, processioni di confraternite e maestranze, sacre rappresentazioni – più facilmente riconducibili a una pratica della religione in linea con i dettami della Chiesa.
La ragione di questa variegata complessità rituale va essenzialmente ricondotta al particolare periodo dell’anno in cui la Pasqua viene a cadere. Se da un lato per il cristiano la Pasqua celebra la morte e la resurrezione del Cristo e per mezzo di essa la salvazione dell’uomo e la rinascita dell’umanità, dall’altro l’avvento della primavera ha da sempre costituito nelle civiltà a prevalente economia agropastorale il momento di grandi celebrazioni tendenti a garantire la rifondazione del tempo e della società caratterizzate dall’esaltazione di simbolismi alimentari, vitalistici e fecondativi.
Il passaggio stagionale vede irrompere le forze demoniache e insieme la loro sconfitta e la Resurrezione del Cristo si carica, dunque, in ambito folklorico, di una valenza segnica che trascende il significato liturgico, venendo a rappresentare con la sua vicenda di morte e rinascita individuale, lo scontro vittorioso delle forze del cosmos contro quelle del caos, l’affermazione del Bene sul Male.»
La Semana Santa andalusa, allo stesso modo di quella siciliana, celebra la rinascita della natura e dell’uomo a nuova vita e il ritorno ad un nuovo ordine cosmico benefico che trionfa sulla morte, potenza disgregatrice: è per tale ragione che qui, a differenza delle altre regioni della Spagna in cui la messa in scena è decisamente più sobria, si assiste ad una vera e propria esplosione di gioia e vitalità che fa del “cammino della Passione” il palcoscenico en plein air di un teatro allegro e festoso. La tradizione della Settimana Santa andalusa – che affonda le radici nel secolo XVI, pur avendo assistito ad un vero e consolidamento e sviluppo tra il 1600 e il 1700 – nata sotto la spinta delle calamità pubbliche, ed incoraggiata dal Concilio di Trento che invitava al culto delle immagini sacre, ha attraversato i secoli resistendo alle opposizioni dei governi e di vescovi illustri che ne avrebbero vietato le usanze, e vivendo alti e bassi fino al secolo XX, agitato dai continui stravolgimenti politici.
Vincolata alle cofradìas, le confraternite, dedite al culto delle immagini e alla penitenza dei nazarenos, sul modello del Cristo stesso, la Semana Santa andalusa è oggi tra le feste religiose più conosciute e rinomate in tutto il mondo, e richiama, nei giorni della sua ricorrenza, migliaia di turisti che assistono meravigliati allo sfarzo dei cortei processionali che sfilano lungo le strette ed arabe strade dei vari centri del sud spagnolo – la più celebre è la Settimana Santa di Siviglia.
Di grande venerazione godono, tra i tantissimi pasos ( fercoli ) recati in processione dalle confraternite, il Nazareno ( ovvero il Cristo con la croce sulle spalle), il Cristo (Gesù crocifisso), il Santo Entierro (o, semplicemente, “el Cristo muerto”, il Cristo morto) ma, in particolar modo, la Madonna, la Virgen de la Soledad ( L’Addolorata), i cui fercoli sono sormontati da sfarzosi e barocchi baldacchini ricamati d’oro e d’argento.
La mostra “Pasos e Misteri” – nata dalla collaborazione tra le università di Palermo e Siviglia e promossa dall’Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari, dalla Fondazione Federico II, da Caminos de Pasiòn, dall’Instituto Cervantes di Palermo e dalla Fondazione Ignazio Buttitta – non è che “un primo tassello”, per usare le parole di Francesco Forgione, presidente della Fondazione Federico II.
Infatti «vogliamo proporre un “Itinerario della Passione”» prosegue Forgione « che colleghi Sicilia e Spagna: un progetto culturale e turistico che tiene in conto il fatto che il 30 per cento dei turisti che visita Palermo proviene dalla Spagna.» Ad accompagnare le 75 immagini di Pasos e Misteri – che saranno esposte a Siviglia l’anno venturo nei giorni di Pasqua – è accompagnata da proiezioni di video di feste e processioni raccolti da Rosario Perricone e Francesco La Bruna e da un catalogo con i testi di Ignazio Buttitta, Salvador Rodriguez Becerra, Manuel Avila Guiterrez e Salvador Hernandez Gonzales.
La mostra è visitabile dal lunedì al sabato dalle 8.30 alle 17.00 e la domenica e i festivi dalle 8.30 alle 12.30.
Qui una piccola anteprima delle foto di Attilio Russo e Giuseppe Muccio (per la parte siciliana), gentilmente concessa dagli organizzatori della mostra.