di Giovanni Rosciglione
Ho cercato più volte di spiegare che, soprattutto in Sicilia, in fatto di politica si deve registrare un fenomeno neuropolitico di sostanziale importanza: la memoria caduta in una rete a corrente alternata.
È ciò che definisco anche “la memoria ondulante”, ovvero quel disturbo sociocomportamentale per il quale le nostre cronache politiche parlano per giorni e giorni, in pubblico, sui giornali, nelle TV e online, di un fatto spiegandone il significato, ma non tenendo conto di una parte consistente della loro memoria. Che inspiegabilmente ha cancellato uno spazio importante, uso computer quando smette di funzionare.
Esempio? I discorsi che molti ed illustri politici, almeno nel biglietto da visita, fanno sulla contaminazione politico e morale di un qualche contatto con Salvatore (detto Totò) Cuffaro.
Ora, io ritengo il personaggio assolutamente estraneo al mio concetto di “politico di vaglia”. Non ne condivido le idee e ho condannato il suo disinvolto comportamento che lo ha portato in galera per cinque anni. Che ha scontati con un certo decoro. Questo io penso, anche ora che è un semplice cittadino pregiudicato, al quale è vietato ricoprire cariche pubbliche.
Questo io.
Ma quando vado indietro nella memoria della nostra politica siciliana non posso dimenticare – e tenere in conto – che il citato Cuffaro dal 1998 al 2000, quando ancora il Presidente della regione era scelto dai deputati dell’Assemblea, era Assessore Regionale All’agricoltura e Foreste.
Presidente era il Democratico di Sinistra Angelo Capodicasa e Assessore al Bilancio e alle Finanze Francesco Piro della Rete di Leoluca Orlando. Mi ricordo che Massimo D’Alema si recò a palazzo d’Orleans per complimentarsi con il nuovo Presidente.
Vorrei aggiungere, a titolo personale, che Capodicasa, nelle condizioni date, svolse il suo incarico in modo dignitoso e che Franco Piro si fece apprezzare per competenza.
Allora Totò Cuffaro era già nel pieno della sua forza politica e pochi furono i siciliani che non ricevettero i suoi proverbiali baci.
Oggi invece Totò è diventato un untore di manzoniana memoria e solo esprimendo un parere favorevole su una persona, fa di questa un “Caron dimonio dagli occhi di bragia”.
È ovvio che mi riferisco al fondatore della Rete e del populismo colto, nostro Sindaco e Protettore da 33 anni, che, insieme alla sua corte e con il coro di numerosi giornalisti, lancia una Fatwa implacabile contro il suo vecchio amico di partito e suo alleato in quegli anni.
Ma anche alle varie scorte civiche che, come folletti impertinenti, non si sono mai accorti della Trave della Saguto, ma imprecano per la pagliuzza di Cuffaro.