di Franco M. Romano (*)
Da “sempre” il settore della sanità siciliana è senza pace. Assistiamo in quest’ultimi giorni a una specie di campionato: istituzioni ospedaliere promosse, altre declassate, altre ancora che scompaiono. I posti letto vengono ridimensionati in alcuni reparti, in altri invece aumentano. Finalmente l’auspicata e attesa rete ospedaliera sembra essere arrivata a un punto di soluzione definitiva. Ma è così?
La riorganizzazione della rete ospedaliera regionale è definita sulla base di quanto disposto da normative nazionali, regionali e dalle conseguenti disposizioni regolamentari, nonché con riferimento a studi specialistici in materia di organizzazione sanitaria.
Un eccesso di complessità e una trasparenza insufficiente, rendono difficili e incerti l’applicazione e gli adempimenti richiesti. Molte tensioni hanno accompagnato e accompagnano questi cambiamenti, perché toccano profondamente i diversi operatori, dai medici al personale infermieristico, sino a quello amministrativo.
L’utente, vero destinatario finale, dal canto suo trova difficile orientarsi nel mare di questo cambiamento e apprezzare le capacità di rimuovere le disfunzioni che caratterizzano il buon funzionamento di questa importante forma di intervento pubblico.
Con tale intervento, quindi, ci si propone di ridurre tali disfunzioni, ma la sua realizzazione e i risultati da ottenere rimangono incerti e tutti da verificare.
Il diritto alla salute, giustamente considerato prioritario, è costituzionalmente garantito e fa parte dei cosiddetti diritti di cittadinanza. Ma ciò non deve indurre a ritenere che nella sanità non debba sussistere alcun vincolo di bilancio: le risorse a disposizione dell’uomo, che lo si voglia o no, hanno limiti. E, quindi, particolare attenzione deve rivolgersi al ruolo dell’economia, che così assume un importante elemento nelle scelte relative alla produzione e alla erogazione dei servizi sanitari. Non per lasciare qualcuno o qualche area indietro, ma per rendere più efficiente il sistema e così salvare vite o farle diventare più vivibili.
In seguito all’evoluzione culturale, organizzativa e operativa delle modalità assistenziali, questione rilevante è il ruolo dell’ospedale e la funzione ospedaliera di cura e di riabilitazione all’interno del sistema dei servizi sanitari.
Da un lato, grazie alla ricerca e alla tecnologia, è possibile ricevere cure avanzate, usare presidi e rimedi sofisticati. Dall’altro, è cresciuta moltissimo la popolazione anziana con problemi di salute cronici, che necessita di essere seguita nel tempo, più che ricevere un intervento urgente e immediato.
A seguito dei rilevanti cambiamenti sociali, epidemiologici, ambientali e tecnologici che stanno investendo la sanità con estrema dinamicità e velocità, l’organizzazione delle reti ospedaliere è uno dei temi centrali nell’agenda degli studiosi di management, delle direzioni strategiche aziendali e dei policy maker.
Dal punto di vista della domanda, i progressi della medicina hanno consentito di mitigare o, addirittura, debellare alcune malattie con caratteristiche acute. Questo fenomeno ha contribuito a un progressivo innalzamento dell’età media e all’insorgenza di patologie croniche che richiedono di essere trattate al di fuori delle strutture di ricovero, le quali ora dovranno dedicarsi quasi esclusivamente all’assistenza delle patologie acute.
Dal punto di vista dell’offerta, i sistemi sanitari sono sempre più caratterizzati da una scarsità di risorse economiche e finanziarie, mentre i progressi delle tecnologie e delle tecniche mediche offrono enormi possibilità di rispondere in modo sempre più efficace alle malattie nel loro stadio di acutizzazione. Perciò, è fondamentale concentrare le tecnologie più costose e la casistica più complessa in poche sedi ospedaliere e, allo stesso tempo, trasferire presso gli ospedali di prossimità alcune tecnologie e determinati tipi di interventi.
La messa in rete degli ospedali, dunque, è uno strumento utile per garantire a tutti i cittadini equità di accesso a prestazioni e servizi sanitari efficaci e appropriati, in un contesto di risorse limitate.
La creazione di una rete ospedaliera significa, quindi, riorganizzare tutte le risorse ospedaliere per attività assistenziali utili al bacino di utenza, favorendo le economie di scala e l’appropriatezza delle cure, in una logica d’interdipendenza con le strutture di riferimento di secondo livello.
Si è, quindi, reso necessario sviluppare strumenti e modelli condivisi per il corretto dimensionamento delle reti ospedaliere, allo scopo di dare supporto ai decisori regionali e costituire una base condivisa per il confronto tra le regioni.
Il modello organizzativo delle alte specialità fa riferimento alla modalità di produzione e distribuzione dell’assistenza ospedaliera, secondo il principio delle reti cliniche integrate (se proprio dobbiamo usare un termine anglosassone, modello “HUB & SPOKE”: letteralmente, “Fulcro e Raggio”).
Si vuole così intendere un sistema di rete logistica che minimizza il numero di operazioni di trasporto, pur non minimizzando i singoli percorsi. Sistema di gestione e sviluppo delle reti, nel quale le connessioni si realizzano, usando per analogia un’espressione riferita alla ruota della bicicletta: dallo spoke («raggio») verso l’hub («perno» o «fulcro») e viceversa.
“Organizzazione a rete”, dunque, che concepisce la rete ospedaliera come un insieme di nodi legati fra di loro da connessioni continue, implicando una riconfigurazione dell’offerta in termini di ridefinizione della tipologia di prestazioni, dei volumi e dei case-mix produttivi dei servizi ospedalieri coinvolti, oltre che di coordinamento tecnico-scientifico tra gli ospedali che ne fanno parte.
Tale modello si fonda sulla differenziazione degli ospedali rispetto alla complessità della casistica trattata: l’HUB è il perno del sistema, nel quale vengono concentrate tutte le maggiori tecnologie e le équipe specializzate per effettuare la casistica di alta e media complessità di tutte le specialità mediche. Negli SPOKE si effettuano, invece, trattamenti di media e bassa complessità per le principali discipline mediche e chirurgiche (generalmente in regimi assistenziali di DH, DS o ambulatoriali), mentre i casi più complessi vengono rinviati all’HUB della rete.
Bene, stabilita la necessita di realizzare quanto sopra detto, senza perdersi in troppe considerazioni filosofico-sindacali, ci si rende conto in ultimo che gli organici sovradimensionati in alcuni settori debbano essere adeguatamente ridistribuiti. Una “terapia” sarebbe licenziare chi non fa niente o spostarlo a fare finalmente qualcosa di utile, in modo tale che capisca che, visti i tagli che il Servizio sanitario nazionale deve fare, “posto di lavoro”significa prima di tutto “lavoro” e non più “posto di stipendio”.
In verità, la filosofia e i metodi con cui è stata impostata la realizzazione di questa rete ospedaliera regionale viene rivelata da una dichiarazione dell’attuale Presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, il quale, con disarmante ingenuità, ha dichiarato: «Non è vero che Gela non ha avuto niente. Ma non è che, siccome è la mia città, deve avere più delle altre. Non faccio favoritismi…».
(*) Franco M. Romano già docente di ostetricia e ginecologia e già primario di ginecologia oncologica.