di Gabriele Bonafede
Magia nera e smascheramento hanno tramutato il Teatro Biondo ieri sera, la sera prima, qualche giorno fa, domani e dopodomani. Non capita in tutte le stagioni di vedere sul palco grossi cavalli che parlano e un’angoscia gioiosa in carne ed ossa.
Tram, autobus e piste ciclabili sono ormai comuni nella vita di ogni giorno, insieme agli infernali telefonini. Non sappiamo se tutto ciò abbia realmente cambiato la città e i cittadini. Quindi, milioni di bufale potrebbero piovere dal cielo. Saranno raccolte per il piacere di un pubblico corrotto da rete e televisione? O gli spettatori non si faranno corrompere?
Lo spettacolo comincia. Uccidendo la spensieratezza fin dall’inizio, s’intende.
Non serve spiegazione. Anche perché non può non esserci. Basta essere adepti dell’iperpsicologia e cultori dell’omologotecnica. O almeno conoscitori della magia nera. Cosa interessa sapere? Se i cittadini sono cambiati interamente. Questa è la domanda più importante. Fin dall’inizio, d’altronde. Da quando esisteva la polizia, ma non ancora l’uomo. Tranne quello primitivo o “meridionale”.
Si parte. Dopo la scorribanda di Mario in pericolo, le carte volano di mano in bocca: dal cavallo gigante al fagotto di Rita, con o senza cappello. E, naturalmente, con il cappello dell’uno sulla testa dell’altro. I critici rimangono attoniti nella polvere del palco fin dalle prime, magiche, mosse.
Il mazzo di carte e il mazzo di fake, in realtà, si trovano nella giacca dello spettatore in una certa fila. Che si unisce contento allo show. Tutti vogliono giocare con quel mazzo di carte, ma soprattutto con quello di fake. Servono a sfamarsi e comprare. Con o senza TV.
I fratelli Karamazov sono lì ad aspettare: uno, due, tre: colpo di pistola in alto. Il pubblico à accontentato: le bufale cartacee piovono dal tetto del teatro. Fogli di fake, scritti e riscritti, scendono giù come neve. Parapiglia generale. Urla, grida, musica e risate. La folla è impazzita. Rezza e il suo seguito se la ridono, ma non è che l’inizio.
In un soffio scompare la pioggia di fake. Qualcuno si affanna a spiegare: “Abbiamo appena visto un intervento d’ipnosi collettiva. Un esperimento che dimostra che non esistono miracoli nella magia. Queste bufale scompariranno come sono apparse.” Ma chi lo dice? Un personaggio insulso.
Sarebbe il caso di tagliare la testa a chi fornisce queste spiegazioni. Tutti sappiamo che le bufale sono vere. Non parliamo dei fake. La cosa è subito fatta, tra un personaggio e l’altro. Magari mostrando qualcosa di diverso dalla testa. In ogni caso, la corposa magia dell’osceno è voluta dal pubblico, che lo ammetta o meno.
Ma poi se ne pente. È d’uopo, perché, come si diceva, nemmeno i telefonini hanno internamente cambiato alcunché. E, naturalmente, con la voce dell’uno nel corpo dell’altro.
Non è bene raccontare il tutto, perché è sempre meglio viverlo. Per lo meno tra una risata e l’altra. Lo smascheramento del critico avviene, è d’uopo in uno spettacolo di magia nera. Che non è cabaret.
Però una donna era nuda nella platea. L’abbiamo vista tutti, ipnosi, magia o teatro che sia. E uno stronzo era pronto a fare minchiate. Una volta usciti l’ipnosi era finita e si erano rivestiti. Ma la magia è rimasta soltanto a teatro?
Basta chiederlo a Woland. Pardon, Rezza. E al pubblico. Naturalmente.
PS Pare che dopo lo spettacolo qualcuno abbia pagato il taxi con biglietti fake. Si cercano conferme.
Fratto_X di Antonio Rezza e Antonio Rezza, con Antonio Rezza e con Ivan Bellavista, (mai) scritto da Antonio Rezza, habitat di Flavia Mastrella, assistente alla creazione Massimo Camilli, disegno luci Mattia Vigo – luci Daria Grispino, organizzazione Stefania Saltarelli, macchinista Andrea Zanarini, produzione RezzaMastrella – Fondazione TPE – TSI La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello.
Foto di scena, in copertina e nel testo, di Stefania Saltarelli.