di Gabriele Bonafede
Nel contemporaneo mondo delle bufale, sembra che il vulcano Etna sia particolarmente benvenuto. A ogni accenno di eruzione, a ogni evento più o meno importante, circolano notizie clamorose o per lo meno amplificate, poi smentite dagli esperti.
E nonostante siano smentite, il cosiddetto mondo dei “media” continua a riportarle e a reiterarle.
Un paio di giorni fa si è verificata un’esplosione freatica, provocata dal contatto tra grandi quantità di lava incandescente con grandi quantità di acqua fredda, sotto forma di cumuli di neve. L’esplosione ha gettato in aria materiali lavici che hanno colpito, nella ricaduta, un gruppo di osservatori, soprattutto studiosi e operatori stranieri, che sono stati lievemente feriti.
Eppure la notizia è stata riportata come “esplosione di cratere” che è tutt’altra cosa. Segnalare quale informazione l’”esplosione di un cratere” vulcanico al posto di un’esplosione freatica è come dire che ci sia stato un incidente tra quattro tir a 100 km all’ora in autostrada, quando invece si tratta di due bambini che hanno sbattuto tra di loro con tricicli-giocattolo a un km all’ora di velocità nel proprio terrazzo.
Giocando sull’emotività, sulla facilità a credere in sedicenti scoop, sulla creduloneria e l’ignoranza di fatti scientifici, si è creato un caso mediatico.
La bufala arriva a poche settimane di un’altra, forse ancora più grave. Quando un sedicente quotidiano britannico, del quale non vale la pena nemmeno citare il nome, pubblicò una “notizia-scoop” segnalando che la polvere dell’Etna avrebbe messo in pericolo larghi territori dell’Italia e del bacino del Mediterraneo centrale. Era una bufala colossale che viaggiò, e forse viaggia ancora, sull’onda del surfing di rete senza alcuna decenza. E magari è ancora creduta come vera da chi è privo della più basilare perspicacia.
Sarebbe ora che notizie così importanti vengano prima confrontate con l’opinione degli esperti prima di essere diffuse. E sarebbe anche ora di lanciare corsi di auto-informazione per una larga parte della popolazione: quella troppo prona a credere a scie chimiche, terra piatta e altre minchiate colossali.
In copertina, l’Etna nell’eruzione (vera) del dicembre 2015. Vera foto di Boris Behncke.